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  • Milan e Brocchi, ascoltate Jannacci!

    Milan e Brocchi, ascoltate Jannacci!

    • Marco Bernardini
    E’ tutto suo padre. Dentro e fuori. Geniale e clownesco. In una parola, Grande. E il babbo gli manca, eccome. Da tre anni e una manciata di giorni quando giocò l’ultimo scherzo a chi gli voleva bene. E tutti non potevano che amare Enzo Jannacci, folle cantautore e ottimo cardiochirurgo. Pianse l’Italia intera e non solo quella della musica e dell’arte saltimbanca o quella della medicina. Specialmente forte fu il dolore provato dagli ultimi della società, dai deboli, dagli indifesi, dai diversi, dalle anime gentili e miti, dai barboni, insomma da tutti coloro ai quali Enzo aveva dedicato la sua esistenza.

    Anche il Milan, come totem calcistico, si disperò e omaggiò la memoria del suo grande fratello andato via. E al funerale, dove c’erano anche quelli arrivati per vedere l’effetto che fa, si alzarono potenti verso il cielo le parole dell’ inno rossonero che Jannacci aveva composto nel 1986 per far cantare il popolo del Meazza quando entravano in campo i loro cavalieri.

    Ora c’è il figlio. In fotocopia. "Il Milan per papà non era soltanto la squadra del cuore. Era il battito cardiaco stesso che sentiva  nel petto. Anche per me è così”. Paolo Jannacci ripete ciò che ebbe modo di scrivere nel libro  "Aspettando il semaforo" interamente dedicato alla sua vita trascorsa come un lampo con un genitore così speciale.
    E aggiunge: "Oggi sarebbe sconcertato e triste, almeno quanto lo sono io. Però, poi sicuramente, troverebbe buoni motivi per reagire, per ritrovare l’ottimismo e per suonare la carica a tutti". Jannacci, nella vita, non mollava mai.

    Nulla di nuovo sotto il sole. Accadde, infatti, giusto quarant’anni’anni fa nella stagione 1975-76. Nelle sale cinematografiche usciva un bel film con Tognazzi e una giovane strepitosa Ornella Muti, "Romanzo popolare". La canzone che faceva da colonna sonora portante era stata scritta e interpretata da Enzo Jannacci. Una melodia struggente per “Vincenzina” nella quale una delle strofe diceva "…zero a zero anche ieri ‘sto Milan, ‘sto Rivera che ormai non mi segna più…". La delusione del tifoso Enzo andava di pari passo con quello che, per a società e per la squadra, era possibile definire come "impasse" da periodo di transizione. Buticchi aveva lasciato la presidenza in rotta di collisione con Rivera al quale erano andate le quote di maggioranza, subito passate dal golden boy a Pardi e quindi definitivamente a Duina. Il caos non era totale, ma sufficiente a destabilizzare gli umori e gli equilibrii psicologici di giocatori buoni ma forse non eccellenti come Maldera, Chiarugi, Albertosi (più concentrato sui cavalli che non sul gioco), il famigerato “sciagura” Calloni, un Collovati ancora troppo giovane, Zecchini e Scala troppo vecchi, Villa non più così mitico. A dirigere la banda Gustavo Giagnoni con in testa il suo colbacco. Fino a quando il presidente, su suggerimento di Rivera, non spariglia in panchina chiamando Nereo Rocco nei panni del saggio e navigato guru e un giovanissimo quasi esordiente Giovanni Trapattoni. Una scelta coraggiosa, quella del Trap naturalmente dando per  scontato il valore specifici e carismatico del Paròn, che può essere accostata e magari anche sovrapposta a quella che Berlusconi e Galliani hanno fatto con Brocchi. Ecco perché il nuovo allenatore rossonero farebbe cosa giusta e saggia se decidesse di caricare se stesso e i suoi ragazzi facendo ascoltare nello spogliatoio le canzoni di Jannacci. Anche soltanto per una forma di scaramantico portafortuna o di richiamo per un autentico rossonero che, da lassù, potrebbe trovare intercessioni importanti per fare in modo che la squadra rossonera  torni ad essere quella presente in un’altra delle sue canzoni. Titolo: !Se me lo dicevi prima”! Refrain: "…e sarà bello quando vince il Milan…". Malgrado ci fosse Berlusconi che Enzo, anarchico com’era, ideologicamente non poteva amare. Eppure non ripudiò mai la sua fede, come fecero altri. Diceva: "Come se Berlusconi si mettesse a produrre vino, io mica per questo smetterei di bere…".

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