Calciomercato.com

RIO 2016: Pelè ultimo tedoforo? Sarebbe fantastico, care Olimpiadi...

RIO 2016: Pelè ultimo tedoforo? Sarebbe fantastico, care Olimpiadi...

  • Marco Bernardini
Dicono che l’ultimo tedoforo sarà il mitico Pelè. E’ possibile. Addirittura probabile. Sarebbe fantastico. Vedremo. La notte, quella che arriverà tra poche ore, sarà lunga e dovrà esserci amica. In scena, direttamente da Rio de Janeiro e su tutte le televisioni del globo, quello che per lo sport e per tutte le società civili vuole essere il più bello spettacolo del mondo. Lo deve essere, almeno per ciò che riguarda il cuore e i sentimenti umani. 

Dovremo fingere un poco certamente. Anche solamente illuderci senza troppo prenderci in giro, però. Pensare positivo. Ignorare le trappole delle realtà troppo amare. Un Paese ospitante, il Brasile, nuovamente straccione come ai tempi delle favelas per malgoverno e corruzione. La velenosa ed endemica epidemia del doping che ha preceduto la manifestazione planetaria setacciando tra la palta in ogni angolo del pianeta. Quelli che non ci saranno ovvero gli atleti snob per i quali lo sport ha perso la sua autentica identità per trasformarsi soltanto in una slot machine ad uso personale. Gli sponsor sempre più famelici e invasivi pronti ad appiccicare le loro griffe anche sulle tazze dei cessi semmai potessero trarne profitto. I politici e i governanti di ogni fronte ideologico già schierati sul palco a vomitare ogni tipo di retorico qualunquismo.

Le nuove frontiere di un agonismo spietato che se ne frega delle regole e per il quale il successo non prevede “prigionieri”, purchè arrivi. Ecco, da questa notte, infiliamo tutte e tali schifezze in un cassetto ben sigillato. Torneremo ad aprirlo, se sarà il caso, quando il sipario sarà stato calato sulla scena delle Olimpiadi.

Non sarà poi così difficile. Basterà pensare e riflettere sul passato. Quando da ragazzini ci veniva insegnato che lo sport era l’occasione più sincera e più genuine per mostrare il volto bello e pulito dell’umanità. Quello illustrato dalla lealtà, dalla solidarietà, dalla partecipazione, dal sacrificio, dalla fatica,  dallo spirito indomito, dal coraggio, dall’urlo di gioia e anche da quello del dolore. Senza la minima ombra di retorica a oscurare un panorama così normale e secondo natura. Scorriamo, allora, il voluminoso album dei ricordi dove sopravvivono come in un museo da difendere a tutti i costi i volti di personaggi mitici e le loro frasi più significative. Berruti, Fiasconaro, Mennea, Simeoni, Caligaris, Abbagnale, Benvenuti, Trapattoni, Chechi, Cassina, Bordon, Damilano, Oliva, Vaccaroni, Vezzali, Masala, Menichelli. Elencati in ordine sparso e tutti ragazzi di casa nostra. Ciascuno di loro con una medaglia al collo e con una bella storia da raccontare. Soprattutto ognuno fiero (e fiera) di esserci stato (e stata).

Ecco. Pensando a loro riuniamoci per una sorta di mantra e spingiamo i nostri atleti a correre, a saltare, a nuotare o a muovesi più veloci del vento. Se poi non vinceranno, pazienza. Vuol dire che altri più bravi di loro lo hanno fatto, come è normale che sia. Ma egualmente ascoltiamo le loro voci. Quelle di tutti, in tutte le lingue del mondo. Come quella di Serena Williams. Lei che miliardaria del tennis e campionessa senza confini dice: “Le Olimpiadi per me rappresentano l’unico e vero momento di emozione e di gioia”. Altri tennisti famosi e ricchissimi non l’hanno seguita. A Rio non si guadagna. Poveretti, non sapranno mai cosa si sono persi.

Intanto, piaccia o meno, si va a cominciare. E nessun dorma, per favore. Non la notte dell’inaugurazione, perlomeno, quando il mondo dello sport sfilerà lungo la pista del memorabile Maracanà. Sarà il momento più suggestivo e anche più toccante reso, questa volta, unico da una grande e bella novità. Saranno le atlete donne, per la maggioranza, a portare sulla spalla destra la bandiera del Paese che rappresentano. Tra loro anche la giovane Yusra Mardini capo guida della squadra dei “rifugiati politici” voluta dal presidente Thomas Bach come segnale di pace. Entrerà prima del Brasile. Per questi dieci ragazzi la standing più autentica e più fragorosa. Che la sentano ai quattro angoli del mondo. E noi vi ameremo, care e vecchie Olimpiadi.

Altre notizie