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    Pagherà Di Francesco, ma chi ha costruito la squadra quando paga?

    Pagherà Di Francesco, ma chi ha costruito la squadra quando paga?

    • Paolo Franci

    L'ha detto lui, quello che li allena, Di Francesco: “Rosa sopravvalutata? Guardando i risultati direi di sì. Mi fa rabbia pensare di non essere riuscito a trasmettere certe idee”. E con la stessa cristallina onestà intellettuale e professionale - si prenda esempio - ammette: “Non so più che modulo adottare, più che calciatori, devo cercare gli uomini giusti”. Sì perché poi quando le cose non vanno la storia è sempre la stessa: onorare la maglia, il sudore, gli attributi, la voglia di arrivare primi sul pallone. Va bene, va bene, ci sta anche questo. Però torniamo alla rosa sopravvalutata, al presidente Pallotta che si dice disgustato e a un caro, vecchio tifoso, Claudio Ranieri, che ricorda come sia stata “Smontata la spina dorsale della squadra”. Ma quale modulo, quali attributi: hai venduto i giocatori più forti e ne hai venduti tanti, negli ultimi anni, sperperando tutto il patrimonio sabatiniano e che t'aspettavi? Di vincere la Champions? E' qui che la gente non deve farsi ingannare, pensando che sia il tecnico il padre di tutti i problemi. Il vero, reale problema, è il modo in cui la Roma è gestita a livello tecnico. Qual è il progetto sportivo? Quali giocatori sono al centro di questo progetto? Davvero c'è chi crede che si possa vendere chiunque ogni anno, facendola franca? No, prima o poi ti andrà male, sperando che non sia malissimo.

    Soprattutto se ti affidi a - come è intitolato il libro su di lui - “Monchi, i segreti del re Mida del calcio”. In realtà, sono assai invidioso di colui che, con ironia caustica tipicamente romana, l'ha bollato con una definizione geniale: “Il cassiere di Siviglia”.

    Ora, non è che io voglia infierire, ma le sue scelte, il rendimento dei tanti giocatori portati a Trigoria e in alcuni casi strapagati sono sotto gli occhi di tutti: ma come fai a prendere Pastore - uno che ha giocato poco più di 50 partite negli ultimi tre anni - e pagarlo 24,7 milioni più 4,5 (se non erro) di ingaggio, pensando che questi sia il sostituto giusto per Nainggolan? E come puoi pensare di vendere Strootman, no dico Strootman, per affidarti al pallore assoluto di Cristante e Pellegrini? Eppoi: a che serve Coric? Come fa a trovare spazio nella Roma da posti in piedi per i trequartisti? E Schick perché è stato preso a peso d'oro se non rientrava nell'affresco tecnico di Di Francesco? E Santon? E davvero l'idea è quella di affidare le fasce offensive a un paio di ventenni di talento? E vogliamo parlare di Karsdorp, preso infortunato e ora emarginato per motivi comportamentali? Vi ricordate quanto è costato?. E se il tecnico s'è affidato a Zaniolo a Madrid e ha messo Nzonzi fuori ruolo che vuol dire? Senza mai dimenticare che il Re Mida del calcio aveva venduto Dzeko. No, dico, Dzeko.

    Per giocare alla roulette russa sul mercato, bisogna sbagliare il meno possibile, considerando l'errore un male controllabile attraverso l'insieme degli acquisti e delle cessioni. Ecco, andatevi a guardare chi ha comprato i giocatori che hanno fatto la fortuna della Roma negli ultimi anni. E no per restaurazione sabatiniana, ma per cruda - e sottolineo cruda - analisi dei fatti. Tutti venduti i suoi big, tranne Manolas e Dzeko (che poi avevano venduto pure sti due eh...).

    Intendiamoci: Di Francesco è in evidente difficoltà e storie come queste di solito finiscono con le dimissioni o l'esonero, a meno di un colpo di scena tra Frosinone e derby che auguro al tecnico e ai tifosi. Si vede chiaramente come non sappia più cosa fare e allora in questi casi è difficile correggere la rotta. Ma chi gli ha messo in mano la squadra chi ha deciso di portare qui “il ds più bravo al mondo” quando se le assume le sue responsabilità? O forse sì, hanno ragione loro lì dalle parti di Trigoria: è colpa dei giornali, delle radio, di quelli “che non vogliono il bene della Roma” (ma poi chi dovrebbero essere non s'è mai capito), la favoletta perfetta per chi dovrebbe srotolare un tendone per coprire la propria mediocrità.

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