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  • Pippo Russo: il terrorismo ha già vinto

    Pippo Russo: il terrorismo ha già vinto

    Sulle prime è parso un incubo ricorrente. Si era appena terminato di vedere la gara fra le nazionali di Belgio e Italia, che trent’anni dopo commemorava nello stadio ex Heysel una delle tragedie più immani nella storia del calcio. E facendo zapping su un canale satellitare ci si è ritrovati davanti alla stessa scena di trent’anni prima: il campo da gioco invaso dal pubblico che lì cercava riparo. Uno shock terribile, che però era soltanto la premessa di un trauma più devastante. Perché purtroppo l’orrore rappresentato dalla scena che si svolgeva sul terreno dello Stade de France è andato oltre l’Heysel, e raccontava in diretta l’evolversi di una situazione che annichiliva per senso d’impotenza. Una grande capitale mondiale tenuta in pugno da un gruppo d’invasati, e tutto quanto a iniziare da uno stadio e da una partita di calcio.

    Vorrei soffermarmi proprio su questo punto, e sui significati che dobbiamo ricavarne. Significati che vanno oltre il calcio, ma che a partire dal calcio trovano una leggibilità da non trascurare. Sappiamo bene che le carneficine della notte parigina sono state compiute in altri luoghi, e che il raid portato a Saint Denis ha prodotto un bilancio meno grave di quanto non sia accaduto altrove. Ma cionondimeno l’attacco allo stadio, dove si giocava una grande amichevole internazionale, rimane del massimo significato. Lo è certamente se si dà retta a una delle ipotesi che circolano in queste ore, secondo cui lo Stade de France era stato eletto a obiettivo di una strage di portata clamorosa (LEGGI QUI), cosa non realizzata perché qualcosa nel piano dei terroristi non avrebbe funzionato. Ma se anche questa ipotesi dovesse perdere credibilità col passare delle ore, rimarrebbe il dato di un raid terroristico a catena, che parte prendendo di mira un impianto sportivo per poi distribuirsi verso altri luoghi dello svago e del tempo libero, come ristoranti e sale concerti. Un disegno ben congegnato per colpire persone che si trovavano in un momento di relax, trasmettendo così un messaggio tanto chiaro quanto brutale: non potete più permettervi uno stato d’animo diverso dalla tensione e dal senso d’assedio.

    Dire che nulla più sarà come prima è superfluo, e purtroppo in questo senso il terrorismo ha segnato definitivamente un punto a proprio favore. Perché rischiamo d’essere ricacciati nelle nostre case come in queste ore succede ai parigini, e perché d’ora innanzi andremo con un altro stato d’animo in qualsiasi luogo pubblico. Stadi compresi.

    Soprattutto, guardiamo già adesso con angoscia a quella che avrebbe dovuto essere una festa del calcio: gli Europei francesi del prossimo giugno. Mentre ancora si fa la conta dei morti, e si spera che il gran numero di feriti gravi non faccia peggiorare il saldo, una delle preoccupazioni più grandi riguarda proprio Francia 2016. Che a questo punto rischia di diventare un incubo, soprattutto se si soppesa la desolante inefficienza del sistema di sicurezza francese. Specie dopo il massacro compiuto presso la redazione di Charlie Hebdo, ci si sarebbe aspettati ben altra capacità di protezione del suolo nazionale da nuovi attacchi. E certo, è sempre valido l’argomento di chi sostiene che contro questa forma di terrorismo molecolare, in franchising, le azioni di intelligence e prevenzione si fanno enormemente più difficili. Ma resta il fatto che ieri sera, a soli dieci mesi dalla strage di Charlie Hebdo, un gruppo equipaggiato in assetto da guerriglia ha portato a termine indisturbato una serie di blitz in diversi punti della capitale, dopo avere pianificato e organizzato l’azione lungo un periodo di tempo che non sarà stato certo breve. Un disastro clamoroso del sistema di sicurezza francese, quasi sbeffeggiato dalle bombe scagliate fuori dallo stadio mentre sugli spalti si trovava il presidente della repubblica François Hollande.

    Comunque vada a finire, sappiamo già che i costi di Euro 2016 in termini di sicurezza saranno esorbitanti. E non si parla soltanto di costi economici, perché il prezzo più alto verrà da altre voci non economiche: le estenuanti misure di sicurezza cui dovranno sottoporsi gli spettatori che vorranno vedere le partite allo stadio, il controllo ossessivo cui in quei giorni verranno sottoposte le città ospitanti, il rischio di abusi polizieschi che a quel punto troverebbero copertura nello stato d’emergenza, e in generale un senso d’insicurezza che cancellerà la dimensione della festa che dovrebbe caratterizzare ogni grande manifestazione sportiva. In questo senso, quand’anche alla fine tutto dovesse filare liscio, Francia 2016 non avrà precedenti paragonabili. Molti colleghi inviati alle Olimpiadi di Atlanta 1996 raccontano con tono tuttora avvilito dei pedanti controlli cui dovevano sottoporsi prima di accedere agli impianti di gara. Nel confronto con Francia 2016, Atlanta 1996 rischia di sembrare una passeggiata. Il terrorismo ha già vinto la sua partita contro il calcio, e sarà molto difficile riprendersi da questo senso di annichilimento.

    Pippo Russo
    @pippoevai

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