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  • Pirlo, botta e allarme:|'Ma voglio giocare'

    Pirlo, botta e allarme:|'Ma voglio giocare'

    Dalle parti di Vinovo, la formazione non l'annunciano neppure gli ospiti d'onore. A bordo campo, ieri, c'erano Andrea Agnelli, il presidente, e John Elkann, numero uno di Fiat ed Exor, azionista di maggioranza del club: ammesso che Antonio Conte abbia spiegato scelte e strategie, pare abbia imposto divieto di parola anche a loro. «Devo capire come fanno a uscire quasi sempre cose giuste», sorrideva il tecnico in conferenza stampa.

    «Gli alberi attorno al campo non si possono abbattere, però devo far mettere sotto qualcuno con il forcone». Le spie d'assetti sarebbero spacciate. Semmai qualche indizio può spuntare dai referti medici: sul far della sera, s'è acceso un piccolo allarme per Andrea Pirlo, azzoppato da una contusione al ginocchio sinistro. Lui vuol giocare, a ogni costo, e così probabilmente andrà, ma i dottori daranno l'ultima occhiata oggi pomeriggio, perché alla diagnosi affidabile servono 24 ore di decantazione.


    Per il resto, la Juve ruota attorno a un unico dubbio: 4-2-4, il marchio di Conte, o il 4-1-4-1, l'alternativa. Alla fine si tratta poi solo di un ballottagio: tra una punta, Matri o Del Piero, e un centrocampista, Vidal. Favorita quest'ultima opzione, se non altro per pareggiare il conto numerico nella terra di mezzo, di fronte ai tre centrocampisti del Milan. Altre novità non ci saranno, visto che ieri è stata ufficializzata la rinuncia a De Ceglie per un affaticamento alla coscia sinistra: «Preferisco non rischiarlo».

    Assemblato il telaio, conteranno più testa e nervi: «È la prima partita contro una grande squadra come il Milan: c'è grande rispetto, questo è fuori dubbio, ma non paura, chiariamolo subito. Però non dimentichiamo che loro sono sicuramente tra le favorite per il campionato, se non la favorita». Le altre sarebbero Inter e Napoli, non la Juve, che s'affaccia alla serata da intrusa: «L'Inter due anni fa ha vinto tutto, e quindi c'è una base da scudetto importante - spiega Conte - e il Napoli l'anno scorso ha lottato fino all'ultimo per vincere il campionato, ed è entrato in Champions. E ha sicuramente due anni di lavoro in più rispetto a noi, quindi è da considerarsi da scudetto». Segue l'identificazione della Juve: «Una squadra che sta studiando per diventare grandi, e che non deve dimenticare mai da dove arriva, e quello che le è successo.

    Basta pensare questo per non creare illusioni e trovare grande rabbia in noi». Questa sarà la prima evoluzione della specie: «Avere grande voglia di tornare a essere competitivi ai massimi livelli. Quando ci riusciremo, quando saremo lì, parleremo allora di sfida scudetto». Per ora, meglio abolire i sogni.

    Però, non firmerebbe per il terzo posto: «Se riusciremo a lavorare tanto e a diventare ancora più squadra - continua il tecnico bianconero - qualche firma sicuramente la metteremo». Lui preferisce altri autografi: «Le firme più importanti sono quelle che un calciatore e un allenatore lasciano nella storia della Juve, al di là delle firme temporanee che ci possono essere durante il campionato. In passato, ho avuto il piacere di farlo, come qualche altro giocatore». È l'augurio che fa ai più giovani: «Di essere ricordati nella storia della Juve, questa è la cosa più importante».

    Se Juve-Milan non può essere un traguardo, è occasione per dar un'occhiata al contachilometri: «Ci può far capire dove stiamo, quanto percorso abbiamo fatto. È una partita che ci deve far capire che strada stiamo percorrendo, se la direzione è giusta. Se il cammino è bello spedito o se bisogna fare ancora di più». Stasera gli basterebbe avere a bordo Pirlo, già uno dei suoi fidati, e non solo per classe: «Detto che con i miei giocatori parlo tanto, in settimana mi è capitato di farlo anche con Andrea, e non perché giocavamo contro il Milan. È un freddo, nel senso che difficilmente lascia trasparire delle emozioni». Parole sì: «È uno intelligente e quando parla sto molto attento a cosa dice perché difficilmente racconta delle fesserie, delle sciocchezze». E neppure le fa, sul prato.


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