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  • Pogba:| Alla scoperta del futuro della Juve

    Pogba:| Alla scoperta del futuro della Juve

    Ecco cosa c’è dietro al fenomeno Pogba.
    Sì, a Manchester, sponda United, rosicano non poco. L’ennesima prestazione-perla di Paul Pogba è costata almeno una confezione di malox a sir Alexander Chapman Ferguson, uno dei santoni mondiali della panchina, l’uomo che di fatto scoprì il 19enne gigante di Lagny-sur-Marne, lanciandolo appena maggiorenne nella Premier dei fenomeni. Brucia lo «scippo» bianconero dell’ultima estate, il blitz di Marotta, bravo, tempestivo e «generoso» nel dare certezze al ragazzo in un momento in cui invece i Red Devils tentennavano a livello di rinnovo contrattuale. Un gran colpo, riconosciuto anche dai tifosi. Non a caso ieri, a Vinovo, quello dell’a.d. bianconero era uno degli autografi più richiesti. D’altronde, un bel pezzo di questa Juve gli va davvero attribuito. A lui e al suo staff: squadra rivoluzionata in due anni, pilastri come Barzagli, Pirlo e Pogba arrivati praticamente a costo zero, Vidal preso a poco più di 10 milioni, e poi il colpo Asamoah, in attesa dell’esplosione di Isla.


    Piedi per terra Ma torniamo a Pogba, e alla «linea Conte», quella dei piedi ben piantati per terra. Anche ieri, in allenamento, il Mou italiano ha fatto capire al ragazzo (e senza troppe parole) come nulla sia cambiato dopo i gol al Napoli e al Bologna. La strada è lunga e va percorsa tutta, senza scorciatoie. Conte stravede per Pogba, gli ha subito tolto l’etichetta di vice Pirlo, mettendolo nella scia di Vidal e Marchisio, «perché è lì che secondo me può diventare grande», aveva profetizzato in tempi non sospetti. Allo stesso tempo, però, il tecnico bianconero vuole allontanare subito il ragazzo dall’euforia generale. E infatti se Marchisio risponderà presente, Paul domani sera si riaccomoderà in panchina. A 19 anni è un attimo sentirsi un dio. Bastano due cori della Curva, due pagelle ben fatte e magari una bella ragazza più o meno famosa che ti si mette in braccio (con paparazzo dietro l’angolo) per perdere la testa e gettare nella spazzatura anche il talento più puro. Ricordate Alessio sabato notte? «Paul ha giocato bene i primi 20’, poi è diventato lezioso, si è lasciato andare a dei virtuosismi, e questo non va bene. Deve rimanere concentrato e concreto: può crescere, ma deve imparare molto». E’ di fatto il Conte pensiero.

    Dossier per Deschamps «Lavoriamo comunque su un materiale ottimo», dice spesso Marotta. E in effetti Pogba è serio, intelligente, sicuramente ambizioso, maumile sul campo. La testa è di quelle giuste. La somiglianza con Balotelli per il momento resta confinata nell’ambito del talento e dell’aspetto fisico. In comune i due hanno pure il manager dei trasferimenti milionari, amore e spauracchio di ogni tifoso, ovvero Mino Raiola, che alle 23.30 di sabato ha telefonato a Beppe Marotta. Per battere cassa? «No, - garantiscono da corso Galileo Ferraris -, era solo per gioire insieme della prestazione di Paul». Prestazione che non è sfuggita al c.t della Francia Didier Deschamps («è molto forte, per me non è una sorpresa») al quale sta per essere consegnato proprio dalla Juve un piccolo dossier sulle qualità in generale di Pogba. Normali rapporti fra un c.t. e i club che «ospitano» potenziali nazionali. E nonostante l’intenzione sia quella di veder maturare Pogba prima nell’Under 21, non è da escludere che l’occasione di giocare (fra due settimane) un’amichevole in Italia possa convincere il c.t. francese a optare per una specie di convocazione-test, utile a conoscere meglio un potenziale protagonista del biennio che porta al Mondiale.
    (Mirko Graziano - Gazzetta dello Sport)
     

    La beffa scatena i tabloid contro lo United: “Avete visto?”.
    Paul, talento gratis. Antidoto Juve alla crisi: “Io sono il futuro”.
    Paul Pogba fa anche di questi miracoli: Mino Raiola, il procuratore che ha aiutato a impacchettarlo alla Juve, per la prima volta in vita sua ha fatto una telefonata a un dirigente senza chiedere un aumento. «Non male il ragazzo eh? Complimenti», ha detto a notte fonda all’ad bianconero Beppe Marotta, dopo il gol vincente al Bologna. Poche ore più tardi a Manchester, residenza del Polpo Paul fino all’estate scorsa, i giornali dicevano cose meno carine a Sir Alex Ferguson: «Stai guardando, Fergie?», ha scritto il Daily Mail, con a fianco una fotona di Pogba. Ratto imperdonabile: «Lo United ha il doppio del fatturato della Juve». Per una volta, il boss pare aver sbagliato la scelta dei dipendenti, facendosi scappare il ragazzo, per scadenza di contratto, cioè sostanzialmente gratis. «Regalare il nostro miglior giovane alla concorrenza europea mostra una preoccupante visione del futuro», si sono invece scatenati i tifosi dei Red Devils sui forum. La serie A a rischio default che scippa talenti alla ricca Premier è un po’ il mondo al contrario: come se l’Italia desse lezioni alla Germania su deficit e spesa pubblica. Pogba è il colpo perfetto, in tempi di recessione di più, anche se due magie in tre partite da titolare possono affiancare l’enfasi alla ragione. Però la pensa così anche chi guarda da lontano, con interesse tecnico e non monetario: «Non sono affatto stupito da Pogba, è molto forte», s’è lasciato scappare Didier Deschamps agli amici. Da ct della Francia ha una vaga tentazione di chiamarlo già per l’amichevole con l’Italia del 15 novembre, non fosse frenato dall’età: nel dubbio, ha chiesto informalmente un dossier alla Juve, sul ragazzo. Non sono sorpresi neppure Marotta e il ds Fabio Paratici, che Pogba lo pedinavano da mesi, prima della firma. Poi però non ci sono mezze misure, se adesso, basta accendere la tv per sentire che «tanto Pogba lo conoscevano tutti». Potevano prenderlo, dunque. La verità è che la Juve è stata più sveglia e rapida degli altri, racconta uno di quelli che ha annodato l’affare. E in questo caso, davvero ha pesato il progetto, parola abusata e usata a sproposito nel mondo del pallone. Pogba ha parlato spesso con Paratici, poi con Antonio Conte, perché delle promesse di Sir Alex non ne poteva più: «Diceva che sarebbe arrivato il mio momento, ma non arrivava mai». Per dire: in due mesi di Juve ha già giocato il doppio che in tre anni di Manchester. «Voglio essere il futuro della Juve - dice ora Pogba - e sono davvero contento. Anche se qui devo migliorare ancora». Già così riscuote successo, se di lui parla bene gente eletta, da Buffon a Pirlo. Per gli addetti allo shopping di casa Juve è quasi una rivincita, dopo che in estate erano stati impallinati per essersi fatti scappare Marco Verratti. Milioni del Psg a parte, c’entrano pure quelli, la Juve non buttò sul piatto cifre folli anche perché aveva il Polpo nella manica. Nei report bianconeri, tra i due non c’era gara: Verratti bravissimo, ma solo in un mestiere; Pogba idem, ma in tante professioni. L’ex pescarese è un regista davanti alla difesa, il francese può fare quello e la mezz’ala, con tempi per l’inserimento che gli si sono sedimentati dentro d agli esordi, quando giocava a ridosso dell’attacco, proprio come Marchisio. I due gol segnati dal francese non paiono un caso, se nel primo anno con l’under 18 dello United ne fece sette in 19 presenze. Mostra il manuale d’istruzioni del prodotto Raiola: «Lui è già un top player sotto ogni punto di vista: ha personalità, qualità tecniche, carattere e duttilità. E può giocare infatti in tutti i ruoli del centrocampo, regista e mezzala». C’è solo un pericolo, se tutto filerà bene: la prossima telefonata, verso fine stagione, Raiola non la farà solo per fare i complimenti.

    (Massimiliano Nerozzi - La Stampa)
     

    Marotta strappò Paul allo United, ma fu decisivo l'incontro tra il giovane francese e il tecnico della Juve. Pogba si dimostra un campione in campo e fuori. Applicazione, grinta e gol speciali: «Ma devo migliorare».
    Il gigante umile stregato da Conte.
    I cantastorie del mercato raccontano che Paul Pogba è... la seconda fregatura di Beppe Marotta ad Alex Ferguson. La prima fu Massimo Taibi, ceduto al Manchester United ai tempi del Venezia per 4,4 milioni di sterline: ottimo portiere, ma l'esperienza inglese fu un disastro e rimase il marchio d'un affare pessimo.


    FEELING - Casualità, non ci fu alcun sotterfugio. Nemmeno stavolta, d'altronde, perché il contratto del francesino era in scadenza e la trattativa bianconera è stata limpida. Ferguson, però, l'ha presa lo stesso malissimo: ha fatto fuoco e fiamme per strappare il rinnovo, alla fine ha dovuto sopportare l'addio. Né consola il milioncino raccattato tra risarcimento e riconoscimento amichevole: spiccioli rispetto al valore del centrocampista, giudicato il miglior under 20 d'Europa. Persino i familiari tifavano per la conferma, ma lui no, voleva cambiare e voleva la Juve, spalleggiato da Mino Raiola, l'agente di Zlatan Ibrahimovic e Mario Balotelli, il manager che aveva gestito anche Pavel Nedved quando solcava la fascia. Con Marotta non c'era feeling, ma il consigliere d'amministrazione ha ricomposto: Mino, così, ha portato Osumin Bouy dall'Ajax e, ad agosto il reclamizzatissimo Pogba dai Red Devils.

    COPERTINA - La fuga è stata spianata dal rapporto complesso con Ferguson, da promesse disattese e opportunità centellinate. Paul non pretendeva di giocare, comprendendo d'essere circondato da campioni, però non avvertiva nemmeno quella fiducia che sente invece a Torino. Per questo cominciò a guardarsi intorno, decidendo alla fine di sposare la Juventus. Dopo il gol contro il Napoli, prima copertina italiana, ha confidato d'aver preferito la maglia bianconera alle seduzioni del Milan, mercoledì sera s'è trincerato dietro un sorriso: «La proposta più concreta era quella della Juve...».

    RIMPIANTO - Decisivo, per il sì, un faccia a faccia segreto con Antonio Conte: l'allenatore ha voluto incontrarlo per saggiarne le qualità umane, ben conoscendo quelle calcistiche, è rimasto soddisfatto ma soprattutto ha stregato lui il giovanotto con idee tattiche chiare e un ruolo su misura per lui. Arturo Vidal, Andrea Pirlo e Paolo Marchisio non sarebbero stati ostacoli, ma campioni accanto ai quali crescere, da sostituire o affiancare secondo le esigenze. Già, perché Antonio non ha mai creduto all'etichetta di nuovo Vieira che è meritata, ma paradossalmente riduttiva. Paul è un mediano di qualità, tuttavia abilissimo anche in regìa: difatti sono bastate un paio d'apparizioni per rimopicciolire il rimpianto di Marco Verratti.

    TENTAZIONE - A Catania e contro il Bologna, ha incantato invece da mediano, intrecciando qualità e grinta, corsa e personalità, segnando un gol pesantissimo all'ultimo respiro dell'incontro. Sarà più dura, adesso, tenerlo fuori, nonostante la Juve schieri il miglior centrocampo d'Europa. Ma Conte, al di là delle contingenze, resisterà alla tentazione anche per sottrarlo a complimenti pericolosi. Paul non è tipo da montarsi, basta guardarlo in allenamento o ascoltarlo qualche istante, ma... prevenire e meglio che curare e comunque il percorso di crescita è incompleto.

    FUGA - Nonostante queste premesse, dopo Juve-Bologna ha stupito Angelo Alessio che ha mitigato gli elogi ( «Ha colpi da campione») con i rimbrotti per leziosità eccessive. Non ha stupito invece la risposta di Paul: «Hanno ragione, devo migliorare. E qui alla Juve, con tanti campioni intorno, mi aiuteranno. Sono felicissimo della mia scelta: al Manchester devo molto, però ormai è passato». Una scelta che è la fortuna di Marotta, la fregatura di Ferguson e... l'eccezione del momento: tra tanti campioni in fuga verso la Liga e la Premier, uno ha deciso di seguire il percorso inverso. Campione, non promessa: sono bastate poche partite per capirlo.

    Il suo agente è Raiola, mister euro: la Juve è avvisata.
    Mino Raiola, agente di Paul Pogba e regista dell'operazione che l'ha strappato al Manchester e portato alla Juventus, ha telefonato già mercoledì sera all'ad Beppe Marotta. Sorrisi e parole dolci ( «Visto il ragazzo che carattere e che numeri?»), ma per un istante, forse, il dirigente avrà sentito il batticuore: Mino, che Pogba chiama Mimì, è abituato a gestire ingaggi milionari e ogni partita super del "cucciolo" della scuderia può far girare i dollari negli occhi come Zio Paperone. Nessun cenno, invece, a ritocchi o trattamenti da campione e non più semplice promessa: per ora, s'intende, perché se il ragazzo continua così il telefono risquillerà di sicuro.

    La grande tentazione di Deschamps: convocarlo in nazionale.

    Didier Deschamps, Ct francese ed ex bianconero (prima calciatore, poi tecnico) non ha risparmiato complimenti a Paul Pogba: «Ha numeri importanti e la Juve è il club ideale per favorirne la maturazione». Lui lo tiene d'occhio da un pezzo, perché è sin troppo evidente che un posto nel futuro dei Bleus gli appartiene, e non è escluso che possa regalare una sorpresa: nonostante dichiari pubblicamente di non voler precipitare i tempi e avvicinarlo gradualmente alla Nazionale ( «Ancora non è neanche Under 21, manca un pezzo di strada...»), c'è chi sostiene sia tentato dall'offrirgli una prima convocazione nell'amichevole con la "sua" Italia del 14 novembre.

    Una famiglia di calciatori, ma Paul era un gioiellino fin da piccolo.

    Nato a Lagny-sur-Marne, comune francese di ventimila abitanti, da una famiglia di origini guineane, Paul è cresciuto a pane e pallone. Questione di dna, probabilmente, visto che anche i due fratelli hanno trasformato la passione per il calcio in mestiere: Florentin gioca nel Sedan, Mathias - che ha un passato nel Celta Vigo - con gli inglesi del Crewe Alexandra. Inutile dire che il campione di casa è lui, sin dai tempi del Roissy-en-Brie che lo tesserò quando ancora non aveva cominciato la scuola. Al Torcy lo trasfromarono da attaccante in centrocampista, poi la consacrazione al Le Havre e il volo al Manchester United. Sembrava quello, il suo destino, invece è sbucata la Juventus...
    (Antonio Barillà - Corriere dello Sport)
     

    «Conte mi ha conquistato». 
    Paul... iedrico, Pogba . Dall'inizio della sua esperienza in bianconero ha sostituito Andrea Pirlo , ha fatto le veci di Claudio Marchisio , ha occupato il posto che solitamente spetta ad Arturo Vidal . Del resto attacca e difende, recupera palloni e sinserisce in profondità. Segna. Eppoi ama il calcio (inteso come sport, innanzitutto, e non come occasione per guadagnare popolarità o visibilità). Ma ama anche la musica, la danza. Forsanche la preistoria vista la cresta giurassica, da... dinosauro, che ostenta di gusto. Insomma, in una parola, appunto: pauliedrico ... Ma anche umile, sia chiaro, perché nonostante la sua giovane età - 19 anni - e un tot di obiettivi già raggiunti che val già la pena di metter da parte, per raccontarli ai nipotini (dalle presenze col Manchester United, ai gol con la Juve) il mediano - assicura chi gli sta vicino - mantiene i piedi ben piantati per terra, conscio del fatto che se pure ha già fatto molto, moltissimo dovrà ancora da fare. E intende farlo...


    CRESCITA Ferma restando, comunque, quella giusta dose di sicurezza e convinzione nei propri mezzi imprescindibile per arrivare ad alti livelli. Tanto è vero che a seguito del gol, preziosissimo, segnato al Bologna e valso tre punti e consolidamento del primo posto in classifica per la Juventus, il francese ha, da un lato, spiegato che «dopo una rete di sinistro e una di testa, ne ho pronta una con il piede destro...», dall'altro sottolineato quanto « Conte , ma con lui anche tutti gli altri dello staff tecnico, mi dice sempre che devo ancora migliorare. E ha ragione!». E figurarsi se non gli dà ragione... Il rapporto tra i due è eccellente. «Parliamo in italiano, sì. E parliamo spesso. Conte mi ha conquistato. Se può diventare un pilastro del panorama internazionale, come Ferguson ? Certo, è un grande allenatore, è un gran manager».

    SEMPRE PRONTO La rete di sinistro di cui sopra, ovviamente, è quella siglata nientemeno che al Napoli: un 2-0 (dopo che Martin Caceres aveva sbloccato il risultato) tornato utile per mettere al sicuro il successo, il big match, contro la squadra che allora era la diretta inseguitrice della Juventus, al secondo posto in classifica. Ora, guarda un po', al secondo posto c'è l'Inter, avversario di domani sera allo Stadium, e Pogba sogna un bis. Pur sapendo che difficilmente, a meno di clamorosi colpi di scena, avrà modo di prender parte al derby d'Italia come titolare. «Non so, vedremo, è chiaro che io, come qualunque altro calciatore, vorrei giocare sempre... Dite che sarà dura battere la concorrenza di Vidal e Marchisio? Non so, ma sinceramente non sono problemi miei, sono problemi di Conte. Io so solo che devo dare il massimo, farmi trovare pronto. Sia che parta titolare, sia che parta dalla panchina».

    FATICA Farsi trovare pronto, sottinteso, significa anche dimostrare d'essere all'altezza della situazione in settimana, durante gli allenamenti, ma anche in questo senso Pogba sembra proprio non avere difficoltà di sorta, ben forgiato comè dalla scuola-Ferguson (Ferguson al quale ha detto arrivederci e grazie, ma al quale riconosce comunque di aver fornito un contributo preziosissimo alla sua crescita). «Se con Conte si fatica di più? Mah, non è tanto questione di fatica o di durezza degli allenamenti. Anche al Manchester non scherzavamo... Io do sempre il massimo, è l'unico modo per ottenere il massimo». Musica per le orecchie di Conte, musica per le orecchie dei tifosi bianconeri tutti. Peraltro intrigati, oltre che dalle qualità del ragazzo, anche dal fatto che abbia rifiutato le avances di Milan e Inter pur di vestire la maglia bianconera: «Sì, mi hanno cercato in estate... Io però volevo soltanto la Juventus e ora sono felice. La maglia di Platini , cosa posso chiedere di più? E per maglia non mi riferisco al 10, non il numero, mi riferisco alla maglia della Juventus...».

    ESULTANZA Quanto alla... musica per le orecchie di Pogba stesso, invece, il discorso è diverso. In questo caso entrano in ballo gruppi soul, rap, funky africani e francesi (le Six and soul, ad esempio). «Mi piace molto la musica, mi piace anche la danza. I passi che faccio dopo i gol, sono di una danza ghanese che mi ha insegnato Asamoah . Spero di farne ancora di questi balletti...».
     

    L'ex dirigente bianconero spiega: «Il francese ha struttura fisica importante e ottima padronanza di palla. E, soprattutto, vede il gioco prima degli altri. Una dote che fa la differenza».

    Ceravolo: «Ricorda Desailly, ma è più tecnico».
    Paul Pogba come Patrick Vieira. No, come Marcel Desailly. Però il tempo degli inserimenti ricorda di più Steven Gerrard. E via così, ce n'è per tutti i gusti... Abbiamo chiesto un giudizio in merito a Franco Ceravolo, ex dirigente bianconero e scopritore di talenti, ora in Cina nello staff del Guangzhou Evergrande allenato da Marcello Lippi.

    Ceravolo, stupito da Paul Pogba?
    «Stupito, sì. Ma fino a un certo punto. Mi aveva molto colpito già in estate, quando ha disputato un ottimo Europeo under 19 in Estonia, poi il torneo delle quattro Nazioni, in Cina, con la rappresentativa Under 20 della Francia. Ora sta dimostrando di avere anche lo spessore caratteriale per mettere in pratica le sue qualità, senza subire troppo le pressioni o le aspettative».

    Nello specifico, quali sono queste qualità?
    «E' un giocatore completo: struttura fisica, qualità tecniche, intelligenza tattica. Ma, soprattutto, sa sempre quello che deve fare, vede il gioco prima degli altri: questa è una dote innata, che o ce l'hai oppure no. Non puoi impararla da qualcuno strada facendo. Del resto, comunque, se giochi titolare nella Juventus a 19 anni vuol dire che sei sopra la media, no? Altrimenti non saresti nella squadra campione d'Italia».

    Si sprecano i paragoni: chi lo accosta a Vieira, chi a Desailly, chi a Gerrad. Secondo lei?
    «Prima una precisazione: stiamo parlando di un classe '93, dunque è bene non correre troppo con i paragoni... Però è innegabile che le qualità importanti ci siano, insomma non mancano le potenzialità. Dunque, dovendo fare un paragone, io dico che Pogba può diventare un giocatore alla Marcel Desailly, anche se con più tecnica».

    Insomma, Pogba è un elemento in grado di ritagliarsi sempre più spazi nonostante la concorrenza di grossi calibri come Vidal e Marchisio?
    «Sì, ha già dimostrato di potersela giocare. L'importante per lui, però, sarà restare umile, con i piedi per terra, dimostrare intelligenza. Ma in questo senso avere un allenatore come Conte non può che rappresentare un vantaggio».
    (Fabio Riva - Tuttosport)


    Pogba, il ragazzo che ha deciso di aiutare la Juve.
    «Sono un buono. Il mio soprannome è ‘‘la pioche’’, cioè il ragazzo che aiuta gli altri» ha rivelato a Luca Momblano di «Hurrà Juventus», il mensile di famiglia. Beh, nella notte da tregenda, climatica e calcistica, con il Bologna, quello di Paul Labile Pogba è stato un aiutone. In 314 minuti giocati, con tre apparizioni da titolare e due gol, questo alto, magro, (falso) dinoccolato ragazzo francese originario della Guinea, ha girato le prime scene di «è nata una stella». Ha scelto la Juve seguendo la strada di Platini, Vieira, Zidane. Tutti, come lui, figli dell’emigrazione al servizio della Grandeur. Paul è nato a Lagny-sur-Marne il 15 marzo 1993 sotto il segno dei pesci e di quella cintura parigina da cui sono venuti quasi tutti i grandi. Ha due fratelli maggiori (e gemelli) Florentin e Mathias anche loro calciatori, ma non pietre preziose come lui. Già a 15 anni, Pogba era nei database delle più grandi società. Dopo un paio di allenamenti, Gigi Buffon ha sentenziato: «Questo è fuori categoria». Per le capacità tecniche (destro, sinistro, colpo di testa, può coprire ogni ruolo del centrocampo) e per quelle caratteriali: preciso, cordiale, rispettoso ma consapevole, intelligente, preparato, ironico: «Perché ho dorato la cresta? Per distinguermi da Balotelli». Ma l’aggettivo che veste meglio il suo metro e 88 per 80 chili è «ambizioso». I francesi, che come è noto quando ci siamo di mezzo noi «le balle gli girano» (Paolo Conte, Bartali) però subiscono il fascino della Perfida Albione, in estate non si capacitavano di come si potessero sfidare il Manchester United e sir Alex Ferguson. Così. «Diceva che aveva fiducia in me, ma non mi metteva mai. ‘‘La tua ora sta per arrivare’’. Non è arrivata e, con tutto il rispetto per i suoi 25 anni di carriera da Boss, io volevo giocare». Il Boss non l’ha presa bene, ma lui, Paul Labile, ha fatto spallucce. Il Boss dimentica di quando lo strappò, sedicenne (con la promessa di 90 mila sterline e di una casa per i genitori), al Le Havre e di tutti gli altri ragazzi artigliati anche in Italia. Marotta&Paratici sono stati svelti, con il concorso di Mino Raiola, agente del ragazzo con il francese Oualid. Però l’ultima parola l’ha detta Pogba, dopo una minuziosa ispezione a Torino e un decisivo colloquio con Conte. «A Manchester mi dicevano: giochi. Lui solo che voleva un rimpiazzo per Pirlo e Vidal». La verità vi farà liberi. Affare fatto per un milione di euro (più provvigione agli agenti, s’intende), bonifico di buona volontà: al Manchester spettava solo un indennizzo di quattro volte inferiore. Quando è entrato a Vinovo, lo hanno salutato con «ehi Balo». Ma lui è molto diverso dal collega di scuderia e di cresta. Paul ora et labora. Dopo la trionfale serata con il Napoli, griffata dal primo gol italiano, niente festa. «C’è il Nordjaelland». E Conte l’ha messo in panchina. Garantito: gli capiterà anche con l’Inter, domani. «Devo migliorare, imparare, comunque tutti i membri dello staff me lo ricordano sempre». Alessio gli ha dato del «lezioso». In realtà è solo un ragazzo che sa di essere un predestinato e talvolta tende a strafare. Per eccesso di maturità, però, mai per arroganza.
    (Roberto Perrone - Corriere della Sera)


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