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  • Com’è triste adesso il Viareggio

    Com’è triste adesso il Viareggio

    • Marco Bernardini
    Ricordare con rabbia. Com’era bella e seducente. La chiamavano “Perla del Tirreno”. Per più di mezzo secolo ha vissuto alla grande come punto di riferimento praticamene irrinunciabile per tutti coloro i quali volevano frequentare ciò che i francesi chiamano “loisir”: il luogo ideale per consumare, tra svaghi e coccole assortite, il prezioso dono del tempo libero. Viareggio era la capitale dei paradisi italiani in terra. Scendendo da nord, percorrevi chilometri di faticose “provinciali” e poi ti arrampicavi in cima ai monti Bracco, Bracchetto e Scoffera. Una sosta, breve, lassù per guardare sotto il mare sconfinato. Aria buona dentro i polmoni e un sospiro di sollievo. La meta era oramai vicina. Non semplici turisti, ma villeggianti stanziali per almeno un mese. Principalmente borghesi ai quali gli abitanti del luogo affittavano  le loro abitazioni, famose “viareggine”, e andavano a trascorrere l’estate da parenti o da amici meno bisognosi di quattrini. I “danè” dei quali erano ben forniti i cummenda milanesi, i commercianti parmensi, i nobili laziali e perugini magari un po’ decaduti ma sempre benestanti stufi della noia molle di Castiglioncello. Viareggio spalancava le braccia e si lasciava amare offrendo ciò che di meglio possedeva.  Tanta roba. Spiagge caraibiche di rena sottile. Pinete maestose e compatte con nell’aria il profumo del tiglio. Tutto il fascino del liberty scolpito nelle case affacciate sul lungomare. I gelati artigianali e le paste dolci di riso per la merenda. I cavallini pony, le biciclette, il teatro dei burattini e il cinema all’aperto nel parco curato da giardinieri competenti. La frescura, di sera, sul Molo ben illuminato dove all’alba sarebbero arrivati i pescatori a vendere triglie e mazzancolle ancora vive nelle ceste. Notti frizzanti nei locali da ballo che erano rotonde sul mare. Gioventù bella ed educata aggrappata a un “gin fitz” o a un “negroni” da sorseggiare lentamente mentre una scelta orchestra suonava. Profumo di autentica cultura al Caffè Margherita nei raduni  di scrittori, poeti e registi di fama. Tutte le perle di un collier che Nostra Signora Del Mare indossava con civettuola e ammiccante naturalezza. Due gemme, poi, a chiudere quel gioiello: il Carnevale e il Torneo di Calcio Giovanile più importante al mondo.

    Ricordare con rabbia. Come è triste e malmessa. Strapazzata, umiliata e violentata la “perla”si è trasformata in un ciotolo di pietra senza forma e bisunto. Il volto è un crocevia di solchi rugosi e profondi che nessuna crema di bellezza sembra poter servire per almeno limitare i danni. Dagli occhi spenti scende il rimmel nero e sfatto a rendere ancora più spettrale l’ex vamp diventata vecchia megera. Tenta di aprire le braccia, allusiva come un  tempo, ma da offrire ha più nulla. La pineta è un bosco selvatico o una discarica a cielo aperto. Il liberty delle abitazioni corroso dall’incuria. Il parco popolato dai fantasmi di cavalli pony e da burattini andati al macero. Buio il Molo, umidità che entra fino al cuore. La parodia di se stesso il lungomare simile, per malinconica tristezza, a una strada rumena di Marna prima della caduta del Muro. Fast food e burghy. Puzza di olio rifritto. Una libreria popolare dove si riunivano poeti e scrittori. La villa di Giacomo Puccini simile a una baracca decadente che se lo sanno gli americani, pazzi di Tosca, sporgono denuncia. Già, ma denunciare chi? Tutti e nessuno in  particolare. Gli amministratori pubblici degli ultimi venti o anche trent’anni, miopi e soprattutto presuntuosi, che hanno trascinato Viareggio nel baratro economico e sociale. Gli stessi viareggini illusi di poter campare in eterno  navigando  a poppa di  un passato  svanito nel nulla. Il sovraprezzo di un destino vigliacco travestito da treno-bomba, sette anni fa. Il collier si è spezzato ed è caduto dal collo flaccido. Il guaio è che anche le due pietre preziose sono finite nella palta. Malgrado ci sia chi fa finta di niente.

    Il Carnevale quest’anno sarà un paradosso odiato persino da chi lo ha sempre amato. L’inaugurazione con la prima sfilata  sabato, quando il resto dell’Italia si prepara a entrare in Quaresima. Poi altri quattro giorni di festa in strada, fino a fine mese. Come voler festeggiare il Capodanno dopo la Befana. Una burla, messa in per tentare di fare cassa, che può soltanto irritare. Peggior fine per il pallone. Il Trofeo Internazionale Premio di Carnevale per anni è sempre stato un fiore all’occhiello del movimento calcistico. Fior di campioni sono usciti da questo evento che rappresentava l’esame di maturità per quelli veramente bravi. Da qualche tempo a forza di smagrirlo qualitativamente si è ridotto a uno scheletro. Quella che dovrebbe essere la vetrina per grandi squadre (Real, Barcellona, Ajax, Arsenal e compagnia famosa) vedrà sfilare il…meglio del peggio tra africani, asiatici e misconosciuti sudamericani che magari a metà torneo scapperanno per chiedere asilo politico. Ciliegina rancida su questa torta triste: semifinale e finale al “Picco” di La Spezia perché il presidente Volpi paga e perché lo stadio dei Pini, con le gradinate a fronte della tribuna cadenti, non è agibile. Il massimo per un Torneo intitolato al Carnevale di Viareggio. Amen.
     

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