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  • RIO 2016: il fioretto sfiorito, i signori del doping e 'l'amuleto' Renzi

    RIO 2016: il fioretto sfiorito, i signori del doping e 'l'amuleto' Renzi

    • Marco Bernardini
    Abbiamo retto per sedici anni. La schiena ben dritta, la testa ben alta, il portamento fiero e gli occhi da tigre affamata. Erano le nostre ragazze doro. Era la valanga azzurra del fioretto. Valentina Vezzali e Giovanna Trillini, soprattutto, con Stefano Cerioni a far loro da maestro. Lui che adesso allena le russe che ci battono. Piovevano medaglie a Londra nella palestra dei “moschettieri”. E in piscina, dove a Atene 2004 una certa Federica Pellegrini si era presentata al mondo come la giovane sirenetta regina dei cinque cerchi. Ora a stento si ode un piccolo urlo di soddisfazione che non è gioia cosmica ma che, vista la situazione del movimento, ci deve bastare. La voce della Di Francisca con la medaglia d’argento al collo. Il canto del cigno. Mentre un’altra delle nostre ragazze, la Fiamingo, infilzata dall’avversaria sul più bello del momento che avrebbe potuto essere magico, per consolarsi si taglia e capelli e tinge di rosa quel che resta della sua chioma. Manco la presenza, in tribuna, del premier Renzi, il “profeta-guaritore” e principe dell’ottimismo come diceva la reclame, è servita a far vincere. (A proposito, il premier prima di andare a vedere la spada era anche sul traguardo ad attendere Nibali che è mai arrivato perché è caduto prima. Che voglia significare qualcosa?).

    Insomma, per una delle discipline olimpiche più tradizionalmente ”nostre” occorre prendere atto che un ciclo bellissimo si è definitivamente chiuso. Riaprirlo non sarà  cosa semplice. Il fioretto, come la spada e la come sciabola visti sia al femminile come al maschile, rivestono una valenza davvero minima in quanto a partecipazione rispetto ad altri sport che sono anche fabbriche di denaro e per coloro che li praticano e soprattutto per quelli che si fanno i soldi nell’indotto. In Italia, almeno, è così. Palestre sempre più vecchie e sempre più deserte. I giovani, spinti da genitori incantati dalla possibilità di avere un figlio campione e ricco piuttosto che sportivo dilettante e sano, a Montano preferiscono persino Balotelli. Sicché anche coloro che sarebbero preposti a insegnare come si fa a lottare e a vincere, migrano altrove in Paesi dove la dignità dello sport non viene confusa con l’ansia della celebrità e dell’arricchimento. Per il momento, dunque, è finita qui. Domani vedremo.

    Certo che i segnali etici e morali non sono affatto positivi. La conferma della condanna che il Tribunale Sportivo di Appello ha ribadito per il nostro marciatore Alex Schwazer, rispedendolo a casa a Rio in lacrime di rabbia, suona chiaramente come il successo, sotterraneo e vergognoso, dei “Signori del doping” che oramai governato sempre di più sul mondo dello sport con la compiacenza, evidentemente ben pagata, di coloro che per etica e per morale dovrebbero essere i paladini e difensori dell’intero movimento planetario. Dal presidente del Cio a tutti i responsabili delle varie Federazioni. Certamente Alex ha commesso un errore. Ma non quello per il quale è stato a suo tempo condannato, frutto di un grammo in più o in meno di epo nel sangue. Macché. Un errore molto più grave. Quello di essere uscito dal coro del “malaffare”, aver denunciato i trafficanti e i fruitori terminali del traffico illecito, infine di aver lanciato una campagna anche contro quegli integratori “leciti” che non servono a un bel niente se non a rovinare la salute e ad arricchire le multinazionali che li producono per spacciarli a livello planetario anche alle casalinghe e ai bambini delle elementari. E’ il trionfo del paradosso. In un Olimpiade come questa dove circolano liberi di gareggiare chissà quanti atleti dopati e specialmente russi, viene colpito e affondato chi, dopo aver fatto outing, ha avuti la forza e il coraggio di togliere il coperchio alla fogna.

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