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  • Roma, arriva lo zio Tom e porta i soldi

    Roma, arriva lo zio Tom e porta i soldi

    Quando nella notte tra il 15 e il 16 aprile arrivarono le strette di mano a Boston tra i rappresentanti di Unicredit e quelli della cordata a stelle e strisce, la Roma sembrava ormai in mani americane. C’era solo da chiudere la partita con il closing (ovvero la fase finale del passaggio di proprietà) entro il 31 luglio, come previsto dagli accordi firmati dalle parti.
    Nessuno si sarebbe aspettato che si arrivasse a scadenza, anzi oltre, visto che la data definitiva è stata ora fissata per il 3 agosto, giorno del Cda dell’istituto bancario che potrà quindi presentare agli azionisti le carte firmate. La fumata bianca è ormai vicina, stavolta dopo settimane di incomprensioni e tensioni non dovrebbero esserci più sorprese. Decisivo per la chiusura dell’affare lo sbarco nella capitale da parte del tycoon di Boston Tom DiBenedetto, capo della cordata Usa, stanco delle ultime discussioni in videoconferenza e preoccupato dal rischio di una rottura definitiva. La banca chiedeva una forte ricapitalizzazione come garanzia di continuità anche per gli anni a venire. Più soldi insomma, che l’imprenditore di Boston tirerà fuori: prevista una doppia ricapitalizzazione, per una cifra totale superiore ai 70 milioni, con una sorta di pre-closing ufficiale mercoledì prossimo quando si sigleranno gli elementi fondamentali dell’intesa a beneficio della Consob (che avrà intanto «digerito» il leggero slittamento). DiBenedetto diventerà poi ufficialmente il presidente della Roma il 18 agosto, giorno del debutto dei giallorossi di Luis Enrique in Europa League, quando l’accordo verrà ratificato (fino ad allora resterà l’interim dell’avvocato Cappelli).
    Chissà se ora sarà meno difficoltosa la composizione della squadra: il mercato della Roma finora non è decollato e i nomi arrivati, da Bojan al quasi sconosciuto Nego passando per il roccioso difensore Heinze e il promettente baby Lamela, non paiono aver eccitato granchè la piazza. «Se Rosella Sensi avesse comprato questi giocatori, sarebbe già stata contestata...», dicono in molti, probabilmente disincantati dopo mesi travagliati.
    Il passaggio di consegne è andato in realtà troppo per le lunghe: da una parte la banca, che dopo aver scelto la proposta americana e averla spacciata come la migliore in assoluto, aveva cominciato a mostrare perplessità sull’affidabilità della cordata; dall’altra gli imprenditori Usa che, dopo essere stati corteggiati a lungo da Unicredit, col passare del tempo hanno visto che qualcosa non quadrava, a partire dai tassi di interesse imposti dalla banca sui prestiti concessi. Ora l’atteso lieto fine è dietro l’angolo.

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