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  • Romamania: Pensavo allo scudetto, ma...

    Romamania: Pensavo allo scudetto, ma...

    • Valerio Nasetti

    Nei periodi di pausa del campionato, durante le trasmissioni calcistiche, gira il solito tormentone: l'inattività farà bene o male ad una determinata squadra? Nel caso della Roma sono dell'idea che questa sia provvidenziale. E mi riferisco alla Roma in toto: società e settore tecnico. Attenzione, però. Non rientro nella cerchia dei pensatori per i quali i disagi riguardanti la futura cessione possono creare dei malumori all'interno dello spogliatoio. Aldilà delle parole di Totti all'indirizzo di Montali, io sono del parere che eventuali disguidi tra calciatori e dirigenza non influiscono sui risultati. I calciatori appartengono ad una categoria protetta: girano da una città all'altra, non corrono rischi di trovarsi con uno stipendio decurtato o con una carriera compromessa, quando subentra un nuovo proprietario.

    Parlando con alcuni ex, ho capito che in qualche modo possono essere paragonati a dei soldati: ogni giorno arrivano al centro sportivo e si allenano con l'unico obiettivo di preparare bene la partita successiva. Il disagio societario (che è lampante) è per loro, al massimo, un alibi. Appoggio dunque Rosella Sensi quando nel suo comunicato parla di lavoro per riconquistare una posizione di classifica consona alla Roma. Mi trovo meno d'accordo invece quando annuncia il silenzio stampa, ma lo fa perchè è evidente che le ragioni del crollo dipendono da un impiego svolto male sul campo.

    Claudio Ranieri è in gran parte responsabile dello scempio a cui assistiamo. Durante la stagione scorsa l'ho osannato, oggi sono costretto a condannarlo. E' come se fosse andato in tilt il giorno in cui un uccellino malinformato gli ha messo in testa che Marcello Lippi stesse aspettando soltanto il momento migliore per fargli la cresta. Niente di più falso, perchè la società non ha mai contattato nessun allenatore. Non potrebbe neanche permetterselo finanziariamente, tra l'altro. A partire da quella data ha preso delle decisioni incomprensibili, condizionanti in negativo l'andamento della squadra, a partire dalla continua ricerca del gioco sulle fasce in assenza di esterni, per non parlare di alcune sostituzioni.

    Aldilà delle colpe del tecnico, però, esiste un altro aspetto importante: la Roma non è forte come credevamo. Molti giocatori a mio modo di vedere infatti hanno dato tutto ed il massimo nella stagione appena trascorsa, in cui abbiamo scoperto il portiere Julio Sergio, titolare a 32 anni, ed ammirato gli ultimi affondi di Cassetti, un miracoloso Juan sempre in campo e mai infortunato, un Burdisso in stato di grazia, un Riise idolo della tifoseria e soprattutto un Totti con un anno in meno. Nessuno di questi giocatori sopra citati può garantire la stessa qualità della stagione passata: o per limiti anagrafici o per quelli meramente tecnici. In poche parole, questa squadra non è da scudetto come credevo qualche mese fa, ma il campionato non deve trasformarsi neanche in un calesse.

    La Roma da cinque anni manda in campo sempre la stessa formazione, con piccoli innesti di volta in volta. L'anno scorso Burdisso al posto di Mexes, quest'anno Borriello al posto di Toni (Totti?), ma intanto il tempo trascorre inserorabilmente. Evidentemente stiamo assistendo alla fine di un ciclo. Non vincente del tutto, ma neanche da considerarsi inglorioso. Suggestivo ed incompiuto, ecco. Società e squadra usciranno di scena contemporaneamente: l'anno zero non è lontano dal compiersi. L'importante è avvicinarsi con stile. Che nessuno dimentichi che la Roma non è di Rosella Sensi, di Daniele Pradè, di Bruno Conti, di Giampaolo Montali e non sarà del prossimo acquirente e dei suoi collaboratori. Loro esistono, finchè sarà viva la passione dei tifosi. Adesso al lavoro e basta lagne.

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