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  • El Shaarawy non è un campione

    El Shaarawy non è un campione

    • Sandro Sabatini
    "Il giallo del giovane Faraone" non racconta il mistero millenario di Tutankamon, nè qualcosa di simile ambientato all'ombra delle Piramidi o sulle sponde del Nilo. Il Faraone nostro è Stephan El Shaarawy e il suo mistero si divide tra la prateria di Milanello e gli scogli della Costa Azzurra.

    Un clic su Wikipedia aiuta la similitudine ultra-vintage. L'antico sovrano egizio regnò pochissimo e giovanissimo, poi finì. Il giovane talento italo-egizio è stato incoronato con la cresta di Fenomeno per sei mesi, giorno più o giorno meno. Poi è diventato mistero. E s'è trasformato in giallo. Senza soluzione.

    Parlare e sparlare di El Shaarawy oggi è un po' come sparare sulla Croce Rossa. Nel 2012, aveva guarito la Croce Rossonera quasi da solo. Ferito dalle cessioni di Ibra e Thiago Silva, giocava nel penultimo Milan di Allegri, l'ultimo a centrare la qualificazione europea. Terzo posto catturato facendo la cresta su una squadra che già allora era ricca di nomi da pubblicizzare in bacheca, ma non di cognomi da schierare in campo. El Shaarawy all'andata, Balotelli al ritorno: rossonero, azzurro, tricolore. Sembravano un arcobaleno di speranze, quei due "nuovi italiani", come era di moda chiamare i figli degli emigrati. Che allora non erano ancora migranti, ma questo è un altro discorso...

    Il discorso, qui, è più semplice e spietato. Scusate amici: li avevamo tanto amati, c'eravamo tanto sbagliati. Di Balotelli si sa tutto e si è scritto anche troppo. Su El Shaarawy è arrivato il momento di esporsi: non è quel che si pensava. Di sicuro non è un campione. Ma forse non è neppure un giocatore sopra la media, considerando quel che gli è successo nel giro di pochi mesi.

    Il Milan l'ha venduto (bene) al Monaco. Prezzo: 16 milioni (2 per il prestito + 14 per il riscatto), in scomode rate biennali. Soltanto una piccola clausola salva-Principi: operazione definita solo al compimento di 25 presenze. In apparenza, una formalità. Nella sostanza, tutt'altro. Il Monaco ha giudicato El Shaarawy dopo 15 partite. L'ha bocciato. Incartato. Infiocchettato. E restituito al mittente. Berlusconi&Galliani fate pure il vostro gioco, ma rien ne va plus: il Giovane Faraone non diventerà Piccolo Principe a Montecarlo.

    Per risolvere il giallo, due indizi da seguire. Il primo: quelli del Monaco sono banditi senza scrupoli, che pur di ottenere uno sconto dal Milan sembrano disposti a tutto. Perfino a sequestrare El Shaarawy nella prigione (dorata, oui, ma sempre prigione) di Montecarlo. Secondo indizio: il ragazzo è ormai una fiches volata via alla roulette, una mano persa a BlackJack, uno spicciolo inesorabilmente inghiottito dalla slot-machine. E se i paragoni con il Casinó sembrano ripetitivi, il croupier del calcio offre un'ultima sentenza, a oggi inesorabile: il Faraone non lo vuole più nessuno. Non il Milan che, di fatto, gli ha preferito Cerci e Bonaventura, Honda e Niang, baci e abbracci. Non il Monaco, che pure ha stra-venduto il giovane Martial allo United, facendogli - in teoria - posto. Non altre squadre, probabilmente. Seppur pubblicizzato più di uno stracciatissimo saldo e incentivato al rientro come un prezioso capitale all'estero, il Faraone sembra diventato un articolo per amatori. Collezionisti di rarità e basta. O forse solo il Genoa, ma a patto di rimediare alla cessione di Perotti e tenersi qualche spicciolo in tasca.

    È un triste epilogo per l'ex prodigio che avevamo definito "il Neymar italiano". Etichetta da marketing sfrenato e senza scrupoli: c'eravamo cascati tutti. A distanza di qualche anno, con Neymar non è rimasto nulla in comune. Neppure la cresta. Zac, tagliata tutti e due. Solo che uno, Il brasiliano del Barça, va sul podio del Pallone d'Oro. Mentre l'altro, l'italo-egiziano senza squadra, scende solitario dal piedistallo. Come svelare mistero e declino? Mica facile, ma si può provare. La verità potrebbe essere più semplice di quanto si pensi. Il giovane Faraone ha un solo ruolo (a sinistra nel tridente) e poche possibilità di illuminarsi in altre zone del campo. Non è diventato scarso progressivamente, no. Ma nemmeno ha più rinnovato le password - quella tattica e anche quella tecnica - per aprirsi in tutte opzioni migliori. Era nato troppo presto, è finito altrettanto presto. Tutto in silenzio. Perfino troppo. Troppo bravo ragazzo, educato a dichiarazioni dolci tipo "mi impegno per meritare la fiducia del mister" e sfruttato con le pubblicità dei mulini bianchi. Oggi, avrebbe bisogno di mostrare ben altro carattere, El Shaarawy. Anche a parole. Gradita perfino qualche frase forte, inusuale per il personaggio. Ma occorre una seduta spiritica, per riaverlo protagonista nel calcio italiano: "Faraone... Se ci sei, batti un colpo!".



    Sandro Sabatini (giornalista Mediaset – Premium Sport)

    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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