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    Sampaoli ct dimezzato: il leader dell'Argentina di Messi è Mascherano

    Sampaoli ct dimezzato: il leader dell'Argentina di Messi è Mascherano

    • Giancarlo Padovan
    Credo che quanto raccontano i giornalisti argentini, a proposito del golpe tecnico ai danni di Jorge Sampaoli, sia vero o molto fondato. Lo si capiva dalla solitudine del ct in panchina, questa volta inguainato in una bella tuta per coprire i tatuaggi delle braccia. Lo si intuiva dalle indicazioni che provenivano da tutti - in primis da Mascherano dopo l’intervallo alla squadra raccolta intorno a lui, in secundis da Biglia, che spiegava a Pavon dove attaccare - tranne che dall’uomo deputato a darle. Lo si è visto al momento dell’1-0 e del 2-1 quando lui saltava da solo, un po’ goffo e un po’ patetico, sotto lo sguardo compassionevole delle riserve. E’ stato chiaro alla fine, nel momento in cui tutti - ma proprio tutti - si sono riversati in campo e lui, Jorge, muto e anonimo, si è infilato nel tunnel che porta allo spogliatoio. Sampaoli è un ct dimezzato che, forse, decide i cambi, ma l’Argentina è in mano ai senatori che pensano di poter fare da soli o, al massimo, con la supervisione di Mascherano, non a caso, da sempre, soprannominato El Jefecito, il 'Capetto'. Confesso di non avere simpatia per i golpe e meno che mai per chi se ne rende responsabile, anche se non posso negare di avere tifato Argentina, in questa sorte di spareggio con la Nigeria, risolto da un gran tiro al volo di Rojo, il centrale di difesa, che ormai da una decina di minuti faceva l’esterno sinistro aggiunto. Chi glielo avesse detto non si sa, fatto sta che stava al posto giusto nel momento giusto. Il gol decisivo si è collocato al minuto 86. Una manciata di minuti prima, il portiere Armani, sostituto dello sventurato Caballero, aveva salvato su Ighalo, entrato al posto di Iheanacho. L’Argentina era sbilanciata e, da quella parte, Mercado veniva sistematicamente saltato da Musa. Sfiatati e confusi i sudamericani faticavano anche nelle ripartenze. Ci voleva fede per pensare di farcela e quella - incrollabile e inesauribile - l’hanno avuta fino al momento del gol qualificazione, propiziato da Mercado, uno dei peggiori, con un cross perfetto. Messi finalmente ha segnato. Un gol bellissimo, di destro, dopo un controllo sublime di sinistro su lancio illuminante di Banega. Ma si è fermato lì. Forse perché non ne aveva più (gli argentini sembrano tutti in debito di condizione), forse perché, dopo aver centrato un palo su punizione, è stato di nuovo preda dello scoramento. Nonostante la grave ingenuità che ha provocato il calcio di rigore nigeriano (trattenuta ai danni di Balogun, tiro trasformato da Moses), il leader è Mascherano non Messi. E’ vero, sbaglia, ma rimedia. E’ vero cammina e non corre. Però è su tutti i palloni, un po’ centrale di centrocampo, molto centrale di difesa, quel che faceva nel Barcellona prima di emigrare in Cina. Questa volta con Messi ha giocato Higuain (fuori Aguero entratro solo a 10’ dalla fine quando l’Argentina schierava quattro attaccanti) e i suoi movimenti sono stati buoni e utili. Purtroppo sottoporta ha mancato due gol - uno per tempo - che la dicono lunga sulla condizione complessiva. Non so chi possa essere messo lì davanti a risolvere il problema del gol. Tuttavia so che, nonostante la discreta prova di Banega, per il resto l’Argentina è costituita da una mezza dozzina di calciatori modesti o improbabili. Meza, che ha sostituito un Di Maria impresentabile, non ha fatto un movimento senza palla. Pavon, che è uno scattista, ne ha fatto uno (su lancio di Higuain). Ancora troppo la palla ristagna su Messi che, come costume, è atteso, raddoppiato e triplicato. Ha segnato perché si è mosso in profondità, non perchè prende palla e scarta tutti. Non è più il suo calcio. O, forse, semplicemente non è il calcio di questo Mondiale. Ora all’Argentina tocca la Francia negli ottavi e, di sicuro, parte sfavorita. Gli uomini di Deschamps sono tecnicamente superiori e maggiormente organizzati anche se, nella mia vita di guardone specializzato, ricordo Nazionali già date per spacciate (l’Italia del ’94 proprio contro la NIgeria) vivere un torneo sul filo di lana e vincerlo (o perderlo) solo all’ultimo tuffo. Sentimentalmente mi piacerebbe puntare sull’Argentina, ma la ragione si rifiuta. Troppo dovrebbe cambiare e in pochissimo tempo perché la tendenza si invertisse. Una cosa è chiara e sicura: Messi, da solo, non basta. Perchè non è mai bastato.

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