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  • Sampmania: Torreira, sulle tracce di... Bill Russell

    Sampmania: Torreira, sulle tracce di... Bill Russell

    • Lorenzo Montaldo
    Bill Russell viene considerato uno dei migliori centri difensivi del basket NBA 'all time'. Dominò a cavallo tra gli anni '50 e '60 indossando la maglia dei Boston Celtics, e stando alle cronache di chi c'era riuscì a innalzare il gioco difensivo ad un livello mai visto prima. Prendeva come minimo venti rimbalzi a partita, alle volte arrivava anche a trenta-quaranta, e mangiava lo spazio agli avversari, spazzandoli letteralmente via dal campo. Il numero 6 biancoverde è stato tra i più grandi vincenti della storia dello sport americano, una macchina perfetta. Russell era un atleta chirurgico: uno in grado di fare in campo solo ed esclusivamente ciò che era necessario per ottenere il successo.

    Mi ha colpito un particolare raccontato da Federico Buffa in un documentario dedicato al cestista dei Celtics: Russell non si è mai voluto innalzare al rango di 'star' della squadra. Avrebbe potuto chiedere di tirare di più, di fare più punti, nessuno glielo avrebbe negato. La sua grandezza, invece, è stata quella di essere totalmente al servizio dei compagni. E' stato il più forte perchè andava sempre a raddoppiare sul compagno battuto dall'avversario, ovunque si trovasse. E’ stato il più vincente, pure in un’epoca dominata dal marziano Wilt Chamberlain, perché non ha mai utilizzato le debolezze dei compagni come strumento di accusa, ma le cancellava sfruttando la sua forza superiore. Ecco, questa caratteristica l'ho notata lucidamente in Lucas Torreira.

    Il regista della Sampdoria a basket non avrebbe mai potuto giocarci. La statura non è decisamente quella del cestista, anche se il centrocampista blucerchiato divora l’NBA e adora il basket in generale. Le qualità fisiche non erano adeguate per la pallacanestro, e lo hanno spinto al calcio – e meno male - ma le caratteristiche mentali invece si sarebbero rivelate perfette per la palla a spicchi. Il cervello analitico di Torreira, abilissimo nel valutare gli spazi, i movimenti e i tempi degli altri giocatori sembra nato per lo sport di Naismith, così come la sua ‘garra’. Il continuo pressing che porta agli avversari e la sua capacità di rimanere sempre dentro alla partita, senza pause nè soste, pare più tipica del basket che non del calcio, dove il match dura 90 minuti e qualche momento di astrazione dal gioco è comprensibile e fisiologico.

    E poi c’è quella qualità ‘alla Russel’, una prerogativa del fuoriclasse che si mette al servizio della squadra per fare quello che sa fare meglio: vincere. Nella partita contro il Torino non è bastata per portare a casa i 3 punti, ma si è vista distintamente in numerose occasioni; Torreira imposta, recupera palloni, e quando gli avversari saltano uno dei suoi compagni il numero 34 blucerchiato raddoppia sistematicamente. Lo ha fatto su Linetty, su Barreto, su Verre appena entrato e pure sui terzini, sia Bereszynski che Murru. E’ stato questo a colpirmi nella sua gara, più di ogni altro particolare. Torreira aveva sbloccato il match dopo 10 minuti, aveva recuperato la solita valanga di palloni e ne aveva giocati altrettanti: poteva accontentarsi, e magari sgridare i compagni che non riescono a tenere i suoi ritmi. Ma se la storia di Bill Russell insegna qualcosa, è che ha successo solo il leader che si affida ai suoi compagni, e che li migliora.

    Torreira ha parecchia strada da fare, per diventare un vincente ad altissimo livello. Ma certe qualità sono connaturate ed evidenti da subito. Chi lo prende, insomma, fa un affare. Perché Torreira è uno che sul lungo periodo ti fa vincere. Fa parte di una razza di cannibali tipica del mondo dello sport, quelli che dopo aver assaggiato una sola volta il successo, e averne gustato il sapore, non possono più farne a meno e cercano in ogni modo di addentarlo ancora, e ancora e ancora. E di solito, ci riescono.

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