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  • Tentato omicidio: condannati tre ultrà del Toro che pestarono un tifoso Juve

    Tentato omicidio: condannati tre ultrà del Toro che pestarono un tifoso Juve

    Tre tifosi del Toro sono stati condannati per tentato omicidio a pene fino a nove anni dal tribunale di Torino, per il pestaggio di Renato Croveri, tifoso juventino, avvenuto fuori dallo Juventus stadium il primo dicembre del 2012, in occasione del derby. La sentenza e’ stata pronunciata dal gup Paola Boemio. Nove anni di reclusione sono stati inflitti a Francesco Rosato, 26 anni, e Daniele Tantaro, 25. Una pena di otto anni e quattro mesi e’ stata stabilita per Alessandro Plazio, 24 anni.

    L’INCHIESTA DELLA DIGOS - L’inchiesta, come si legge su Corriere.it, e’ stata condotta dagli agenti Digos di Torino, guidati dal responsabile Giuseppe Petronzi ed e’ stata coordinata dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo. E’ una delle prime volte in Italia in cui i responsabili di un pestaggio vengono puniti con questo capo d’accusa, quello di aver tentato di ammazzare una persona. Un quarto ultra’ imputato per lo stesso episodio, Domenico Mollica, e’ stato assolto per insufficienza di prove.

    IL PESTAGGIO - Il primo dicembre 2012 Renato Croveri, tifoso juventino di 47 anni, cammina vicino al parcheggio dello Stadio. Sono le 19 e 40. Sta andando a vedere la partita. E’ solo, parla al telefonino. E’ vestito in modo distinto. L’unico particolare che lo distingue da un non tifoso e’ una sciarpa bianconera che indossa, arrotolata intorno al collo. Rosato e gli altri indagati si staccano dal corteo e seguono Croveri. Lo puntano per via della sciarpa. Dopo il primo calcio e il primo pugno il bianconero e’ a terra. Ma infieriscono. Altri calci, pugni, e cinghiate. Gli spaccano la faccia nel vero senso della parola, e lo lasciano agonizzante per terra

    IL PM: 'VOLEVANO UCCIDERE' - "In ordine alla dinamica dei fatti - avevano dichiarato i pm Rinaudo e Padalino nella requisitoria finale - emerge un dato particolarmente significativo da prendere in considerazione: l’aggressione al Croveri è il risultato di una risoluzione criminosa già in atto in una fase antecedente alla commissione del reato, da far risalire al momento in cui gli imputati avevano lasciato il corteo, con il proposito di andare alla ricerca di tifosi dell’opposta fazione e porre in essere atti di natura violenta". "Si contesta agli imputati - sosteneva l’accusa - di aver agito con la volontà di ledere il bene giuridico tutelato dalla norma, cioè la vita della vittima". In questa prospettiva, le modalità dell’azione (calci e pugni), la natura dei mezzi utilizzati (cinghia), la violenza esercitata nella reiterazione dei colpi inferti (sulla parte centrale del viso e sul cranio), nonché le parti del corpo attinte dai colpi, sono elementi sintomatici di una volontà omicida, palesata con mezzi adeguati a raggiungere lo scopo. In sede di consulenza medico-legale d’ufficio, infatti, è stata accertata l’idoneità omicidiaria "dell’azione aggressiva, nel suo complesso, a cagionare la morte del Croveri".

    'MOTIVI FUTILI'- "Indubbia, inoltre - secondo i magistrati - la sussistenza della futilità del motivo: si aggredisce e percuote con accanimento, odio e brutalità una persona, unicamente perché ha una fede e passione sportiva per un gruppo calcistico diverso dal proprio. Il fanatismo contraddistingue l’agire di queste persone, intolleranti a qualsiasi diverso credo sportivo". 

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