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    Toromania: la petizione contro Cairo può solo fare bene

    Toromania: la petizione contro Cairo può solo fare bene

    • Andrea Piva
    C'è voglia di Toro. Di quel Toro che fino agli inizi degli anni '90 era tra le migliori squadre d'Italia. Si evince questo dalla petizione nata sul web che chiede al presidente Urbano Cairo di passare la mano, di cedere la società dopo tredici anni di gestione in cui la squadra granata non è ancora riuscita a fare il salto di qualità, né in campo, né fuori. Basti pensare al progetto stadio di proprietà, accantonato immediatamente nel 2005 e mai più tornato tra le priorità dell'editore alessandrino. 

    Non saranno i 50.000 scesi nelle strade di Torino nel 2003 i firmatari della petizione, che in quarantotto ore ha raccolto circa 3.000 adesioni (le firme sono però in continua crescita), ma il numero è comunque sufficiente per dare un segnale a Cairo. Il presidente granata non venderà la società per questa raccolta firma, anche perché al momento imprenditori seriamente interessati al Torino non sembrano essercene all'orizzonte, ma prenderà certamente atto del malcontento che si cela in una parte della tifoseria, specialmente in chi ha la memoria lunga (molto lunga) e ricorda bene che prima del fallimento e degli anni in serie B c'era un Toro che giocava in Europa, che almeno qualche Coppa Italia la vinceva, dal cui vivaio nascevano numerosi giocatori poi protagonisti in serie A. Senza dimenticare che se la squadra granata è famosa in ogni angolo di mondo è grazie ai successi inanellati dal Grande Torino, non grazie alle sconfitte o ai campionato anonimi. 

    E allora questa petizione, questa lotta intrapresa da una parte del popolo granata che si sta unendo in una petizione on line sul sito change.org, non può che essere un bene per il Torino, difficilmente porterà a un cambio ai vertici della società ma potrebbe servire a scuotere Cairo, pungerlo nell'orgoglio di imprenditore di successo qual è. E chissà che così il Torino, anche con Cairo, non possa realmente fare quel salto di qualità che ancora non è arrivato, non solo a livello di squadra ma anche di strutture e organigramma societario.

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