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  • Zamparini: il Napoleone friulano prigioniero delle sue urla

    Zamparini: il Napoleone friulano prigioniero delle sue urla

    L'excusatio non petita gli è venuta dal cuore e dai polmoni: "Non sono pazzo!", ha gridato Zamparinic. Non lo è, ma lo fa. Anche in questo campionato 2010-2011 guida la classifica dei presidenti da legare. Non è soltanto l'uomo della domenica, dopo lo sfogo contro l'allenatore, è quello di tutte le sante settimane. Quando il Palermo vince è merito suo, quando perde è colpa di Delio Rossi.

    Che una volta è "uno dei migliori tecnici d'Europa", un'altra "deve imparare ad ascoltare", "non conosce la fase difensiva" e, peggio di tutto, "come i suoi colleghi, si crede un'icona". Non l'ha ancora esonerato e non l'ha ancora riassunto, come gli piaceva fare (rivolgersi a Guidolin e agli altri 27 ex). Con lui (amato e difeso dalla città) il rapporto sadomaso si è fatto più intenso: una frustata e una carezza dopo ogni partita. Anche se Zamparinic non la vede mai, non in diretta. Per non irritarsi passeggia in una delle sue tenute, dialoga con il pappagallo e aspetta il resoconto del vice Micciché. Sulla base del quale esterna a caldo, poi si vede la registrazione e riesterna a freddo.


    È una stagione alla grande, la sua. Scandita, come si conviene, da andate e ritorni. Ha lasciato ufficialmente il calcio l'11 novembre scorso, dopo un arbitraggio considerato scandaloso in Milan-Palermo 3 a 1. Ha annunciato l'intenzione con parole chiare: "Smetto, è un mondo di merda!". Poi ha emesso un comunicato più tortuoso da cui si apprendeva che aveva "incaricato un advisor", che i valori sportivi erano "sempre più spariti", che auspicava "gare dove con reciproche garanzie di equità e lealtà possano sempre vincere ad armi pari e i migliori". Intraducibile anche per la Gialappa's. Ma la decisione di mollare restava "netta". Tra virgolette anche nell'originale. A significare: non tanto. Non proprio. Manco morto. Infatti è ancora qui.

    Nel frattempo ha minacciato di trasferirsi all'estero: una volta in Austria e un'altra in Sicilia (testualmente: "abbandonando l'Italia che tanto prende e poco dà"). Ancor più ferale la minaccia di dedicarsi alla politica, con una lista tutta sua e una posizione ben definita: "né a destra, né a sinistra", "accanto alla Lega, che è il solo partito per la gente", "lontano dalla Lega, perché nel lungo periodo non paga", né con Berlusconi ("ha dato disoccupazione e tolto libertà"), né con Tremonti ("è diventato comunista"). Una specie di tea party, a cui era l'unico invitato.

    Un uomo solo al comando. Incompreso. Anche perché: incomprensibile. Quando parla. Quando agisce, l'obiettivo è piuttosto chiaro: fare soldi. Zamparinic è un immigrato al contrario. Friulano, ha gestito il Venezia, ma quando ha capito che non avrebbe potuto costruire lo stadio si è trasferito a Palermo. Dove, ma pensa, vuol costruire lo stadio. Nell'attesa tira su centri commerciali. Quest'anno gli si è accesa la luce dell'Est e compra qualsiasic calciatoric gli capitic: Ilicic (nell'intervallo di una partita di Europa League), Bacinovic, Andelkovic. Alla prima buona prestazione proclama: "Ora vale il triplo!".

    In effetti è così. Il suo Palermo, va detto, ha un ottimo bilancio, perché poi lui rivende, incassa, ripiana. Certo, a vedere quel che è successo con Cavani (e prima ancora con Toni) l'affare vero lo fa chi compra. Quest'anno ha messo insieme un buon attacco (anzi "ottimissimo") e una difesa che va in nazionale (però "inguardabile"). Voleva la Champions "come minimo". Come massimo: la luna, non fosse, teme, "che ci è già arrivato Lotito".

    Appena esce fa un guaio: è andato dai bambini dello Zen e ha litigato con il collega del Palermo Rugby, facendosi querelare. È andato a Benevento e lo volevano arrestare. Va in tv e sbotta come Raimondo Vianello ma senza ironia: "Quelli giocano, e io pago!". Si sente emarginato: "Ho chiamato Nicchi, all'associazione arbitri: si è offeso", "Ho chiamato Beretta in lega: non mi ha risposto". Lo tradiscono anche i presagi: "Mi son svegliato di colpo, ho guardato la sveglia, eran le 3 e 33, ho capito che ne avremmo vinte tre di fila".

    In hoc signo vinces? Era solo notte fonda: ha perso con la Fiorentina. Si è incupito: lassù qualcuno non lo ama. Fermate il mondo, vuole scendere. Trattando con gli arabi ha scoperto che sono lenti, lentissimi: "Vanno al ritmo della natura, che non è stupido". Ma non rallenta, non può. Rozzi ci ha lasciato, Gaucci è espatriato (lui sì) a Santo Domingo con la badante giovane, Lotito, dopo l'allunaggio, tace. Con la giugulare in fiamme, a far da sponda a Biscardi è rimasto soltanto Zamparinic, prigioniero del ruolo. Non è pazzo. Dice di sé: "Anche Napoleone ha perso qualche battaglia".


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