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  • Zazzaroni: Napoli, o sole tuo

    Zazzaroni: Napoli, o sole tuo

     

    di Ivan Zazzaroni

    “Ci sono due modi di vivere la tua vita. Una è pensare che niente è un miracolo. L’altra è pensare che ogni cosa è un miracolo.” (Albert Einstein).
     
    Le 6 e 50. Mi sveglio in un hotel di Agnano. Tachipirina e supradyn: cazzo, ancora. Oltre la finestrona della camera – sospesi – un lenzuolo di nebbia e un cuscino di sole. La doccia, mi vesto, un cappuccino e un bicchier d’acqua: ho fretta di tornare alla festa.
     
    Le 7 e mezza. Raggiungo la stazione evitando la tangenziale; Carmine – che mi accompagna – non smette mai di parlare: è acceso da ore. Euforico, ha solo domande e non rispetta il mio stordimento. Capisco. Incrocio un sorriso, una stretta di mano, tante dita a vu, un clacson, due, cento, jamm’ bell, la facciamo una foto insieme? Il Napoli ha vinto lo scudetto. A novembre: o’ miracolo. La chiesa di Santa Maria del Carmine, poco prima un mare da fotografia.

     
    Qui si vive bene, oggi: di poco e di tanto, di niente e di tutto. Qui il presidente non sopporta l’allenatore ma ne riconosce la bravura e l’allenatore quando ti parla del presidente lo chiama “il tuo presidente”. Qui lavorano in tanti e parlano in due. Qui crescono, sono organizzati, giovani, ambiziosi. Qui la società non assomiglia alla città ma la squadra sì.
     
    Qui il calcio è rimedio, assoluzione, trincea, presagio, rivincita, ruspa, energia. Qui si sta proprio bene. Soprattutto oggi.


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