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  • Buon compleanno Gaetano Scirea

    Buon compleanno Gaetano Scirea

    • Marco Bernardini
    Oggi Gaetano Scirea compie sessantatré anni. Scrivo declinando il tempo dei verbi al presente perché la morte è un inganno. Esistono i “passaggi” da un luogo a un altro. Nessuno diventa nulla. E’ tramandato nella memoria delle civiltà pellerossa. E’, ancora oggi, sostenuto in Canada francese dal vecchio sciamano erede dell’antica tribù Lakota quando racconta dei valorosi guerrieri che sfidarono i visi pallidi guadagnandosi l’eternità nelle verdi praterie dove pascola il bisonte sacro bianco Wakan Tanka. Non per caso i cimiteri indiani si trovano a ridosso dei “tipie”, negli accampamenti. Totem a cielo aperto, in territorio tabù, da dove gli spiriti possono andare e tornare piacimento. E gli spiriti, al contrario degli uomini, non dimenticano.

    Dunque, anche Gaetano Scirea (foto blogspot.comoggi entra nella particolare zona dell’anzianità. Un punto dal quale si è portati a osservare lo scorrere della vita in maniera diversa da prima. Ho cinque anni in più. Mi sono abituato. Mi piace. Soprattutto il lusso, diventato diritto, di non dover urlare per farmi sentire e soprattutto il privilegio di saper ascoltare le voci e i suoni che i più giovani, storditi dal caos, non sono in grado di percepire. Ciascun essere vivente, animato o non, parla e ha cose da dire. Anche l’invisibile “energia” possiede un linguaggio. Sicchè non mi stupisce il fatto di poter dialogare con il mio grande amico Gaetano Scirea nel giorno del suo compleanno.

    Che guardi pure curioso, glielo confermo. Qui stanno tutti bene. Mariella che, questa mattina presto, si è messa in viaggio verso Morsasco dove da ventisette anni nel piccolo cimitero del paese va a trovare il suo Gai. Con lei, naturalmente, Riccardo e questa volta anche due marmocchi ai quali il giovane “ingegnere” racconterà chi è il loro nonno.  Poi, in ordine sparso e ciascuno all’insaputa dell’altro, arriveranno gli amici fedeli. Domenico Marocchino, Marco Tardelli, Antonio Cabrini, Paolo Rossi. Anna, Dino e Marco Zoff avranno inviato un bouquet di rosee bianche. E’ ancora convalescente il patriarca di tutti i portieri per azzardare a muoversi da Roma. Eppoi a Gaetano piacciono tanto i fiori.

    Infatti sta ancora bene la bouganville che lui, giardiniere dilettante, aveva voluto interrare nel giardino della sua casa davanti al mare di Andora qualche giorno prima di partire per la Spagna. Da quel giorno la pianta non ha mai smesso di crescere e di farsi sempre più bella nelle sue tinte fucsia e viola. Ci fu un solo momento di impasse, ricorda Mariella, in cui si temette dovesse avvizzire. La settimana successiva a quella di un tragico rogo, in Polonia. La bouganville cominciò a lacrimare foglie e petali. La donna le parlava, senza vergogna, pregandola di rimanere in famiglia. L’ascoltò e obbedì la “creatura”. Oggi è più bella che mai.

    Sta bene Giampiero Boniperti, il presidente. Gaetano sorride. Non ha nulla da perdonargli. Eppure il grande architetto della mitica Juve trapattoniana, di tanto in tanto, prova un sottile senso di colpa quando pensa al suo campione. Quella “missione” professionale in Polonia per relazionare su una futura avversaria che non avrebbe impensierito manco la squadra di un oratorio salesiano non era assolutamente necessaria. Zoff, allenatore dei bianconeri, aveva pregato il presidente di lasciar perdere e di evitare a Scirea un inutile strapazzo. “A la guerre comme à la guerre”. Per Boniperti ciascuna partita era una battaglia da studiare preventivamente nei minimi dettagli. Il destino aspettava, sul ciglio di una strada sconnessa, un’automobile con tre uomini a bordo e nel bagagliaio una tanica di benzina che non avrebbe dovuto trovarsi lì.

    Tutto sommato, tra fatali bassi e alti, sto sufficientemente bene anche io. Giusto per potermi divertire, ancora una volta con Gaetano. Tornare, per esempio, a “girare” un “corto” per la televisione in cima alla Mole Antonelliana e, con Darwin Pastorin, realizzare una spaccato di famiglia e di sport memorabile. Tornare, almeno con la mente, a quindici giorni da sballo trascorsi in Australia. Oppure potremo risentire insieme la “Storia della Juventus” che avevo scritto per la sua voce narrante e che è possibile recuperare sulla Rete. “La maglia era rosa: …”, comincia così quel lungo racconto fissato su di una audiocassetta. Un mese di lavoro e lui non volle manco una lira. Infine andar per vino nelle Langhe dove in qualche cantina deve ancora esserci barbaresco e dolcetto imbottigliato ed etichettato con il suo nome. Un vino onesto e sincero. Tutto questo, magari, per concludere il viaggio nella casa di via Torricelli in zona Crocetta, a Torino, sedersi al tavolo della cucina e mangiare quel minestrone freddo che per Gaetano è il piatto preferito ma che, quella sera, non poté gustare. Lo spazzarono via Rossi, Tardelli, Dino e Anna Zoff che si erano precipitati da Mariella. Una cena di veglia disperata, tra lacrime e coraggio.

    E lui, Gaetano? Sta bene. Sta benissimo. Lo assicuro a coloro che ancora non possono sentire. Allena squadre di angeli in giro per l’infinito. Poi, tra una trasferta e l’altra, dedica un poco del suo tempo alle affettuose lontananze. E, dopo essersi assicurato che là sotto stiano tutti bene, fa una puntatina nel suo giardino di Andora. Innaffia la bouganville e le racconta cose che soltanto lei e gli spiriti possono capire. Come oggi. Buon compleanno, mon ami. Ci si sente, neh….

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