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  • Giampaolo: 'Mi vedo bene qui, la mia Sampdoria è un Barolo'

    Giampaolo: 'Mi vedo bene qui, la mia Sampdoria è un Barolo'

    • Lorenzo Montaldo
    Diretto, integro, chiaro, lucido. Senza giri di parole, nè tecnicismi eccessivi. C'è tutto Marco Giampaolo nella lunga intervista rilasciata oggi dall'allenatore della Sampdoria a La Stampa, all'antivigilia del match con la Juventus. Una partita che per i blucerchiati significa molto, e che per l'allenatore doriano rappresenta una sfida particolare: "La Juve è una bestia tentacolare, ha la forza e la mentalità per disporre di una partita come meglio crede. Bisogna essere al top e sperare che loro non lo siano. La mia Samp sogna l’Europa? Ci sono ingredienti. La qualità della squadra, anche morale, perché è più bravo pure l’allenatore se i calciatori sono bravi. Poi l’organizzazione del club, lo scouting, i tifosi. I giocatori migliorano se hanno qualità, un somaro non diventerà mai un purosangue. Vedremo, se dovessimo continuare così, chi ne raccoglierà i frutti”. 

    Parlando dei singoli giocatori, Giampaolo attribuisce ad ogni protagonista di questa annata una qualità specifica: “Torreira è sempre acceso mentalmente, Quagliarella è un orologio svizzero, Zapata un attaccante multifunzionale. La mia Samp è un Barolo di Rivetti o un ottimo Montepulciano di Valentini. Obiettivo Europa League? È presto per dirlo. Ci può essere un’intrusa ogni tanto al 6º o 7º posto: l’anno scorso è successo all’Atalanta, prima al Sassuolo, ma non è facile. Per l’Europa farei qualsiasi cosa. Ma se ce la faremo sarà per altre ragioni. Se mi piacerebbe essere al posto di Allegri? Sto bene qui. Max merita grandi elogi, anche il suo è un lavoro difficile. E tre scudetti di fila con due finali di Champions non sono poca cosa. Otto anni fa ci fu un incontro, poi niente: non era la migliore Juve, forse non ero pronto io. Mi vedo bene alla Samp".

    Giampaolo cita anche i suoi modelli: “Mi ha illuminato Sacchi, ho seguito Del Neri, Prandelli e Spalletti. Quindi sono stato all’estero: ho studiato il Barcellona di Guardiola, quello B di Luis Enrique, i settori giovanili. Era un calcio che mi affascinava e ho cercato di riproporlo qui”. E anche le etichette, ormai, gli vanno strette: “Non è vero che sorrido poco. Sul lavoro non devo recitare un ruolo a favore di qualcun altro. Se per piacere devo cambiare modo di essere e vendermi, non mi interessa. Sono importanti i contenuti, non la forma".

    In passato, Giampaolo fu vicino anche ad altre 'big' del campionato: "Oltre alla Juve mi hanno cercato Roma e Milan. Evidentemente hanno preferito qualcun altro più bravo di me. Scartato dal Milan perché troppo di ‘sinistra’? Può essere una motivazione, il presidente era Berlusconi... Essere di destra o di sinistra mi sembra però un concetto superato: io odio i soprusi, odio chi non ha voglia di fare niente e vive alle spalle degli altri. Oggi credo di più nell’esempio degli uomini che nella politica”. 

    La chisura dell’intervista è una sorta di ‘manifesto ideologico’ di Giampaolo: “Sopporto meno tutto quello che è extra calcio. I nani, le ballerine, i venditori di fumo. In campo mi consumo, ma continuo a divertirmi. Per i giocatori  devo essere una figura credibile e coerente, come nella vita devono esserlo i genitori. Quindi sì, in un certo senso un papà. Antijuventino? Non lo sono mai stato, se si riferisce alla simpatia per l’Inter quella risale alla passione di bambino. Ho sempre ritenuto la Juve un esempio, tecnico e manageriale, per la continuità dei suoi numerosi cicli vincenti. Ad eccezione della parentesi di Calciopoli”.

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