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  • L'importanza di chiamarsi  Bonucci

    L'importanza di chiamarsi Bonucci

    • Daniele Longo
    E' sempre una questione di personalità. Nel fare una scelta rischiosa, passando dalla Juventus dei sei scudetti al Milan  in Europa League. Nell'accettare una responsabilità come quella della fascia di capitano in uno spogliatoio che ti ha sempre riconosciuto come il simbolo dei rivali bianconeri. Leonardo Bonucci è così, prendere o lasciare. Uno che determina. sempre, che non ha paura di prendersi dei rischi, di risultare antipatico. Ieri contro la Spal un altro gesto simbolico che conferma il suo peso specifico all'interno del gruppo di Montella.
    DECIDE BONUCCI - Al minuto 26 di Milan-Spal, ai rossoneri viene accordato un calcio di rigore per fallo di Gomis su Nikola Kalinic. Kessie si mette già in posizione, sul dischetto ma il pallone lo ha in mano Ricardo Rodriguez. Entrambi rigoristi, entrambi smaniosi di realizzare la rete del possibile vantaggio. Ci pensa Bonucci a far rispettare le gerarchie, tira lo svizzero e tutti felici. Perchè uno dei segreti di questo Milan è l'armonia dello spogliatoio che ha accettato e valorizzato lo status di leader all'ex Juventus, decisione presa in autonomia dalla società. Dopo la parentesi della maglia contesa proprio con Kessie, che aveva creato qualche piccolo imbarazzo, 'Leo' si è messo subito a disposizione dei compagni, specialmente con gli ultimi arrivati. Urla e disposizioni in campo, consigli fuori. Adesso è lui che guida la squadra, che la carica prima e dopo. Adesso è il capitano, non uno dei tanti simboli come succedeva alla Juventus.
    SPOSTARE GLI EQUILIBRI - Se dal punto di vista della leadership ha già dimostrato tanto, adesso arriva il passaggio più importante. Il Milan e i tifosi si aspettano che sia una sicurezza in campo, facendo fare il salto di qualità ad una difesa forte sulla carta, ma non ancora perfetta nei meccanismi. Fin qui Bonucci non ha ancora convinto del tutto: qualche incertezza palesata già contro il Cagliari, molto male a Roma con la Lazio, non perfetto contro l'Udinese. Ieri la prima prova convincente: si sono visti sia i consueti cambi di gioco di 70 metri ma anche qualche buona chiusura. In attesa di altri test più probanti, segnali di risveglio anche dal punto di vista tecnico, per provare a spostare gli equilibri, per davvero e non soltanto a parole.

     

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