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  • Osvaldo:|La crisi continua

    Osvaldo:|La crisi continua

    Nemmeno la maglia numero 10, quella con cui il suo capitano è diventato il secondo marcatore di tutti i tempi, ha fatto sbloccare Osvaldo. L’azzurro non ha portato gli effetti sperati e l’astinenza da gol continua. L’ultima rete è datata 27 gennaio 2013, Bologna-Roma. Calendario alla mano, sono passati 55 giorni. Un’eternità per un attaccante, ma non una novità per l’italo-argentino, che già l’anno sorso era rimasto a secco dal 21 dicembre al 19 marzo. Partita dopo partita, il broncio aumenta e il nervosismo cresce.

    Per Osvaldo è diventato un chiodo fisso e, finché non se ne libererà, non potrà tornare a giocare come sa fare, perché in campo pensa solo a segnare e la Roma si ritrova con un centravanti spaesato e poco convinto dei suoi mezzi. Con l’Italia non ha saputo fare di meglio: i difensori riescono ad anticipare le sue mosse e con Balotelli non scatta il giusto feeling. Dopo un tempo giocato nell’anonimato, fa spazio a El Shaarawy e gli azzurri riescono a recuperare due gol al Brasile e sfiorano anche il terzo. Alla fine, è Osvaldo uno dei pochi insufficienti della partita. Insomma, l’ennesima bocciatura.

    Andreazzoli non ha smesso di credere in lui, ma nelle ultime due partite l’ha lasciato in panchina per scelta tecnica. O, più semplicemente, perché un attaccante che non segna non serve. E se nemmeno in allenamento riesce a trovare la via del gol, il problema è più serio di quanto si possa immaginare. Non c’entrano i comportamenti sbagliati fuori dal campo, la reazione al cambio deciso da Muzzi all’Olimpico con il Genoa o il rigore scippato a Totti, e non è nemmeno una questione di voglia. Andreazzoli è pronto a giurare che non gli manca l’appetito, anzi. Forse è proprio il voler strafare che ha innescato questo circolo vizioso. «Quello che mi fa arrabbiare - si sfoga Osvaldo in un’intervista a Sportweek - è che si dica che io sia un menefreghista e allo stesso tempo un tipo nervoso. Ditemelo voi: mi sta a cuore o no quello che faccio? Io dico di sì. Certo, non è facile questo mio momento, perché gli errori sono stati tanti. Sono un attaccante e vivo di gol e, se manca quello, sembra manchi tutto. Forse in qualche occasione ho tenuto un atteggiamento sbagliato, che non mi ha aiutato. E a livello di numeri non nascondo che mi aspettavo di fare qualcosa di più, ma sono comunque contento di quello che ho combinato. Ma quando leggo sui giornali che la mia non sarebbe un'annata positiva e, contemporaneamente, che sarebbero interessate a me squadre come Chelsea, Tottenham e Juventus, non mi tornano bene i conti. Se qualcuno pensa a me, immagino sia perché qualcosa di buono l'avrò pur fatto, no?».

    In realtà, che torni a segnare o meno, l’addio in estate sembra l’ipotesi più percorribile. I contatti con la Fiorentina per Jovetic sono costanti, ma per il cartellino del montenegrino il solo Osvaldo non basterebbe. I giallorossi conoscono il valore del giocatore, che si aggira intorno ai 30 milioni di euro, e sono pronti a trattare con i Della Valle. Per il romanista c’è ancora un finale di campionato da giocare, per cancellare quel soprannome che i tifosi gli hanno dato quando ha fallito il calcio di rigore con la Sampdoria: Osvaldo non vuole più essere «Osbajo». «Non ce l'ho con i tifosi, ma a volte è dura. Per fortuna posso sfogarmi con la mia chitarra», ha ammesso l’attaccante.

    Rock a parte, lunedì tornerà ad allenarsi con la squadra: dovrà ripartire da lì, dall’erba di Trigoria, e scacciare quella maledizione lunga 55 giorni, magari sfruttando un assist di Totti, proprio come in una partita vera.

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