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  • Sabatini: Podolski e il 'socialismo irreale'

    Sabatini: Podolski e il 'socialismo irreale'

    Non fatevi ingannare dal titolo, non aprite Wikipedia su Marx, Cuba o Berlino Est. Qui si parla ancora di calcio. Di calciomercato, in particolare. E  di “social”, nello specifico.

    Si parla di un giocatore che, quandò arrivò in Italia, trovò ad attenderlo mille tifosi infreddoliti dal meteo ma infiammati dal tifo: Lukas Podolski. Per lui cori, applausi, baci e abbracci.

    Unica voce stonata, ma sempre ascoltata dagli interisti: Lothar Matthaeus. Spiegazione di nome e cognome per gli under 30: il tedesco più tedesco ammirato a San Siro. Primo verbo imparato in italiano “attakkare” e proverbiali le sue discussioni tattiche (a gesti) con Trapattoni, l’allenatore che invece declinava con più confidenza “difendere”. A una domanda su Podolski appena arrivato in nerazzurro, Matthaeus andò – secondo carattere – all’attacco: “Lo vedo tanto su Twitter e poco in campo. Per tornare campione, dovrebbe fare esattamente il contrario”. Capito, Poldi? Mica tanto.

    Oltre al sito personale, Podolski piace a 7,5 milioni di amici su Facebook, ha 2,7 milioni di follower su Twitter e 1,8 seguaci su Instagram. Numeri da superstar. E ogni giorno, con una o due foto, alimenta quest’esercito milionario in adorazione sociale. Cartoline dal mondo, turista per calcio: di fronte al Duomo o davanti a San Siro, in posa con qualche leggenda tipo Baggio o Zanetti, in vetrina con l’ultimo modello di scarpe o di macchina per far l’occhiolino agli sponsor.

    Non cambia nulla se l’Inter vince o perde, se lui gioca bene o male. Era così all’Arsenal e – visto che in nerazzurro è in prestito passeggero – sarà così anche nella squadra dell’anno che verrà. L’immagine personale al centro di tutto, quella reale confinata in un angolo. Traduzione: corner. Quello che domenica non è nemmeno riuscito a battere, e il suo ridicolo calcio inciampato sulla bandierina è diventato garbatamente virale.

    Caro Podolski, non so come si dice in tedesco e così te lo scrivo in italiano, poi arrangiati con Google Translator: stai sbagliando. Reale e virtuale non vanno divisi, semmai uniti. E qui ci starebbe bene qualche lezione di comunicazione, che però non so.

    Io sono di un’altra generazione, quella – come si diceva una volta – “cresciuta sul marciapiede”. Diritti e doveri, azioni e reazioni: questo capisco, sia nel reale che nel virtuale. Se gioco malissimo domenica a Milano, non posso far finta di nulla e postare la prima foto di martedì, bello sorridente con un dj a Colonia. Nel mezzo non ci stava bene un messaggio, due righe, un selfie triste, un “maremma maiala” o che ne so? Un pensiero, comunque, per i tifosi?

    La comunicazione non è tutto. Ovvio. Se uno gioca bene o male, non dipende da interviste, tweet, like o post. Ma forse è il caso di ricordare un po’ di istruzioni per l’uso del web. I social sono fondamentali se relazionati anche concretamente alla realtà. Sennò si costruisce solo un mondo a parte. Un “socialismo irreale”. Una “bischerata” e basta, direbbero i tifosi della Fiorentina (soprattutto quelli che, da domenica, sono diventati fan o follower o seguaci di Lukas Podolski).

     

    Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)

    Web: sandrosabatini.com - Twitter: @Sabatini - Facebook: SandroSabatiniOfficial

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