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  • Alick Jeffrey, la 'botte rossa': un infortunio lo salvò dalla tragedia del Manchester United nel 1958

    Alick Jeffrey, la 'botte rossa': un infortunio lo salvò dalla tragedia del Manchester United nel 1958

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    La storia di Alick Jeffrey è stata ormai inghiottita dalla nebbia del tempo e sono rimasti davvero in pochi a ricordarsi di lui.
    Ma quei pochi su una cosa sono assolutamente d’accordo: che un ragazzo di diciassette anni così bravo di giocare a calcio in Inghilterra non si era mai visto.
    Nato nei pressi di Doncaster nel gennaio del 1939 a soli sedici anni Alick Jeffrey aveva già militato in tutte le nazionali inglesi giovanili e dilettantistiche.
    Gli mancava solo la Nazionale maggiore e non c’era nessuno all’epoca che dubitasse che si trattava solo di una questione di tempo.
    Nel 1954, il 15 settembre, Alick Jeffrey fa il suo esordio con il Doncaster Rovers, squadra di seconda divisione.
    Alick ha esattamente 15 anni e 229 giorni.
    Peter Doherty, il manager del Doncaster, non ha dubbi.
    «Questo ragazzo ha la testa e il fisico di un 25enne. E con la palla ai piedi fa quello che vuole. Statene certi: Alick Jeffrey riscriverà la storia del calcio di questo Paese».
    Gioca da mezzala, calcia indifferentemente con entrambi i piedi e nel gioco aereo è semplicemente un portento.
    A Doncaster diventa immediatamente un idolo. Per vederlo in azione arrivando appassionati da tutto lo Yorkshire.
    Nell’estate del 1956 Matt Busby, manager del Manchester United, lo invita ad allenarsi con i futuri “Busby babes”.
    Bastano un paio di sessioni di allenamento per convincere Busby.
    «Questo ragazzo è un genio».
    Viene siglato un accordo tra Busby e l’amico Doherty: Jeffrey giocherà la prossima stagione ancora con il Doncaster ma a fine campionato entrerà nei ranghi del Manchester United.
    Matt Busby ha una visione molto chiara.
    Ha già in squadra i due migliori giovani calciatori del Paese: Robert Charlton e Duncan Edwards.
    ... e dalla prossima stagione i migliori tre!
    Il destino, come spesso accade purtroppo, decide di mettersi in mezzo e di tirare un colpo di spugna al radioso futuro che attende Alick Jeffrey.
    E’ il 17 ottobre del 1956.
    Jeffrey ha solo diciassette anni ma è già titolare della Nazionale inglese Under-23.
    Quel giorno c’è in programma un’amichevole contro i pari età della Francia. 
    Si gioca all’Ashton Gate di Bristol.
    La sera prima Matt Busby gli ha telefonato personalmente.
    «Verrò a vederti ragazzo».
    Il Manager del Manchester United sarà sugli spalti e vedrà con i suoi occhi Alick Jeffrey che dopo un scontro con un difensore francese viene portato fuori in barella, circondato dai compagni di squadra ... qualcuno con le mani nei capelli e qualcuno addirittura in lacrime.
    Il responso è drammatico.
    Doppia frattura scomposta della gamba destra.
    All’epoca non ci sono alternative e non esiste rimedio per un infortunio di quella gravità.
    A 17 anni Alick Jeffrey è costretto a dire addio al calcio.
    La Federazione inglese lo indennizzerà con una grossa cifra, 4 mila sterline che però non possono certo bastare ad una vita intera da re-inventarsi.
    Alick usa una buona parte di quel denaro per curarsi, per provare a recuperare almeno in parte la sua efficienza fisica.
    Il richiamo del calcio è irresistibile.
    Stringe amicizia con George Raynor, l’allenatore inglese che nel 1958 aveva portato la Svezia alla finale con il Brasile di Pelé, Garrincha e Zagallo.
    Raynor, nonostante quell’eccellente risultato, al suo ritorno in Patria non trova nulla di meglio che l’offerta dello Skegness Town FC, piccolo club semi-professionistico.
    Raynor convince Jeffrey a riprovarci.
    Alick è ben felice di lasciarsi convincere.
    La gamba “tiene” ed entusiasmo e fiducia tornano a farsi strada nel ventenne ragazzo di Rawmarsh.
    Il giorno del suo esordio con lo Skegness ci sono il triplo degli spettatori abituali sugli spalti.
    ... al destino però pare che quanto accaduto solo tre anni prima non sia bastato.
    Jeffrey, in quello stesso match, si frattura un’altra volta la gamba.
    Per molti potrebbe bastare.
    D’altronde un accanimento del genere come può essere accettato?
    Non per Jeffrey.
    Riprende ad allenarsi, ricomincia a calciare un pallone.
    Ritrova fiducia.
    Solo che in Inghilterra non c’è più nessuno che crede in lui.
    Non trova una sola squadra che voglia dargli un’altra chance.
    Poco male. Alick Jeffrey fa le valigie e si trasferisce dall’altra parte del mondo.
    In Australia c’è un team che si chiama “Sidney Prague” che gli offre una chance nel 1961 e l’anno successivo lo giocherà con l’Auburn.
    Non è più il giocatore di prima ... ma con un pallone tra i piedi sa ancora il fatto suo.
    A quel punto è pronto per tornare in Inghilterra dove lo Skegness gli dà un’altra possibilità.
    Non ci vuole un genio per capire che quel livello è troppo basso per un calciatore delle qualità di Jeffrey.
    A dicembre del 1963 fa il suo ritorno “a casa”, con il Doncaster Rovers, squadra professionistica anche se nella Quarta Divisione inglese.
    Al suo primo incontro, giocato con la squadra Riserve, ci sono 4mila tifosi sugli spalti!
    Sono finalmente anni sereni per Alick Jeffrey.
    Ora gioca da attaccante puro. Ha perso gran parte della sua rapidità ed è in evidente difficoltà nei cambi di ritmo e di direzione.
    Ma la tecnica, il tiro e la precisione nei colpi di testa sono rimaste identiche.
    I numeri del suo periodo al Doncaster non mentono: 95 reti in 191 partite di campionato con la grande soddisfazione di vincere il titolo di capocannoniere nella stagione 1964-65, con la bellezza di 36 reti.
    Nel 1969, dopo una furiosa litigata con il giovane nuovo manager del Club Lawrie McMenemy, Jeffrey lascia il club.
    Firma per il Lincoln City ma il crepuscolo della carriera è ormai arrivato.
    Di sicuro non è andata come praticamente tutti avevano previsto per lui da ragazzo ma a chi gli chiede se ha rimpianti per quell’infortunio che gli ha compromesso una carriera ai vertici la risposta di Jeffrey lascia senza fiato.
    «Assolutamente nessun rimpianto. Anzi, credo che quell’infortunio in fondo sia stata la mia fortuna. Senza quello con ogni probabilità sarei stato anch’io su quell’aereo che nel febbraio del 1958 si portò via tanti ragazzi del Manchester United»
     

    ANEDDOTI E CURIOSITA’
    Che la sfortuna abbia presentato un conto salato al povero Jeffrey è un dato di fatto inconfutabile. Ma non ci sono stati solo gli infortuni sul campo. Durante il suo secondo periodo al Doncaster Rovers Jeffrey si trova in auto con il compagno di squadra John Nicholson.
    Stanno tornando da una serata a Stoke-on-Trent quando Nicholson perde il controllo della vettura che sta guidando.
    Nell’impatto il conducente perde la vita mentre Jeffrey, dopo diversi giorni in coma, riuscirà a ristabilirsi e a tornare in campo.
     
    Finita la carriera Jeffrey rimarrà a Doncaster dove diventerà il popolarissimo proprietario del “Black Bull”, il pub preferito da tutti i tifosi dei Rovers.
     
    Nel 1999 gli verrà chiesto di diventare Presidente onorario del Club. Incarico che Jeffrey accetterà con grande entusiasmo. Memorabili le trasferte in pullman della squadra con Alick a intrattenere la squadra con i suoi divertentissimi aneddoti.
     
    La morte lo sorprenderà nel 2000, a soli 61 anni durante una vacanza a Benidorm.
     
    Nel 2006 ad Alick Jeffrey è stata intitolata la strada che porta al Belle Vue, lo stadio del Doncaster Rovers.
     
    Durante la sua breve permanenza al Lincoln City Jeffrey, ormai trentenne, aveva messo su anche diversi chili di troppo.
    Nessuno poteva discutere la sua classe ... un’altra cosa era la sua scarsissima mobilità!
    Ben presto il suo soprannome tra i tifosi diventò “the red barrel”, la “botte rossa” ... in onore alle sue dimensioni e ai colori del club!
     
    HANNO DETTO DI LUI
    Jacky Milburn, attaccante del Newcastle e della Nazionale inglese.
    “Quel ragazzo aveva tutto. E’ per distacco il giovane calciatore più forte che io abbia mai visto”.
     
    Nobby Stiles, centrocampista del Manchester United e campione del Mondo con l’Inghilterra nel 1966.
    “Tutti sapevano che era un talento speciale. Eravamo entusiasti quando Busby ci disse che si sarebbe unito a noi”.
     
    Jimmy Murphy, il celebre coach e braccio destro di Matt Busby lo definì semplicemente “il Pelé bianco”.
     

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