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Allegri è un ricordo: la vittoria di Agnelli, Nedved e Paratici. Sarri convince, ma risponda a 3 domande

Allegri è un ricordo: la vittoria di Agnelli, Nedved e Paratici. Sarri convince, ma risponda a 3 domande

  • Giancarlo Padovan
    Giancarlo Padovan
La prima Juve bella che Sarri ha mostrato al suo popolo è stata quella di San Siro. Perchè, rispetto alla Juve che pur aveva battuto il Napoli a Torino, è durata 90 e più minuti e non sessanta scarsi. Inoltre l’Inter attuale è più forte e meglio allenata del Napoli. Naturalmente sono tutte opinioni e le mie sono più discutibili di altre. Su una cosa, però, nessuno può eccepire: quando una squadra realizza un gol al culmine di ventiquattro (24) passaggi consecutivi e gli ultimi tre tagliano fuori un’intera difesa, significa che il lavoro collettivo sta dando i suoi risultati e tutti, anche i più individualisti (Ronaldo in primis), hanno capito quel che vuole l’allenatore.

Sono un sarriano convinto, ma fino a ieri avevo dubbi molto consistenti sul processo di apprendimento dei nuovi principi da parte dei giocatori. Spesso avevo scritto che la nuova Juve giocava come quella di Allegri e una volta, esattamente contro il Verona che, se possibile, aveva vinto facendo pure peggio. Non nego una parola di quanto scritto, ma sono obbligato a dire che Allegri ormai non abita più alla Juve. Se è vero che contro l’Inter hanno segnato Dybala e Higuain, ovvero due top player, è altrettanto vero che non lo hanno fatto su spunto individuale, ma perché insieme a loro giocano compagni di qualità con una bassissima percentuale di errore.

La Juve di Sarri muove il pallone quasi sempre di prima, sa eludere anche il pressing più feroce (quello di Conte lo è per antonomasia) e questo le permette di costruire dal basso contro qualsiasi avversario. Chi, e sono ancora molti, vorrebbe il lancio lungo scaccia pensieri, magari effettuato dal portiere, non ha ancora capito o non vuole capire il messaggio di Sarri. Il passaggio è il primo fondamento della tattica, chi più ne fa più riesce a salire con il pallone senza dare all’avversario l’opportunità di conquistarlo. Naturalmente per realizzare in tutto questo servono calciatorio dalla tecnica molto spiccata. E mi vien da sorridere quando qualcuno dice che Sarri non potrà esprimere a Torino lo stesso gioco di Napoli perché gli mancano calciatori con determinate caratteristiche. La realtà dice l’esatto opposto: sia per quantità di rosa, sia per capacità individuali, quelli della Juventus sono di gran lunga migliori degli azzurri ed è probabilmente vero - come spiega l’allenatore - che non abbiamo visto nemmeno la metà di quanto insieme potrebbero (o potranno) fare.

E’ ancora presto per stabilire se e quanto vincerà questa Juve, però due affermazioni mi sento in grado di sostenere. La prima: Agnelli, Paratici e Nedved hanno fatto bene a cambiare guida tecnica perché cambiare era necessario. La seconda: Allegri sta rapidamente sparendo dalla memoria della squadra. Naturalmente nessuno è perfetto e nemmeno Sarri lo diventerà. Per esempio la sua insistenza sull’impiego dell’inutile Bernardeschi è sospetta, anche se a Milano l’ha dovuto precettare per uno dei soliti problemi muscolari di Ramsey. Giusto toglierlo per inserire Higuain, ma altre domande rimangono inevase.

Queste. E’ proprio impossibile rivedere il terzetto offensivo composto da Dybala trequartista, Ronaldo e Higuain punte che per dieci minuti ha giostrato insieme a San Siro? Quando rientrerà Douglas Costa, cioé dopo la sosta, la Juve tornerà al 4-3-3 con l’esclusione di uno dei due attaccanti argentini? E’ pensabile un miglioramento di De Ligt ancora impacciato e falloso in zone del campo molto calde? Si tratta di argomenti non propriamente secondari, anche se Sarri sa che il primo obiettivo è stato raggiunto: il possesso palla e l’iniziativa costante adesso sono requisiti della sua Juve.

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