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  • Atalantamania: gioca solo Gosens, ma che succede?

    Atalantamania: gioca solo Gosens, ma che succede?

    • Marina Belotti
    Va bene essere felici del fatto che, dopo aver preso 14 gol in 7 partite, la difesa dell’Atalanta abbia retto bene senza incassare. Ma sinceramente, guardare il bicchiere mezzo pieno in uno 0-0 contro il neopromosso Spezia è indice che qualcosa proprio non va. Basti pensare che l’ultima volta che la Dea ha indossato un pareggio a occhiali risale al 10 novembre 2019, contro la Samp, e che in quell’occasione piovvero proteste, delusioni e recriminazioni, con il rosso a Malinovskyi e tanti rimpianti. Perché uno 0-0 a Genova, a un’Atalanta da Champions, ovviamente non stava bene per niente. E invece ieri giocatori e mister a fine gara applaudono la prestazione, sorridono per il punto ottenuto, forti dello “spirito di squadra”. Peccato che la squadra, però, non abbia giocato da Atalanta.
     
    PERSA PER STRADA- Ma dove sono finite le goleade? Il gioco a memoria del tridente, i lanci lunghi del centrocampo, i duelli aerei di una difesa sempre in corsa verso l’area piccola? E questa volta non è, o almeno non solo, colpa del jet lag, delle nazionali, del ritardo nella preparazione, delle parate di un Provedel provvidenziale. Perché l’8 novembre, quando la gara contro l’Inter era stata preparata per giorni interi con Big freschi e disponibili, la storia si era ripetuta: un’altra partita bloccata sullo 0-0, poi terminata 1-1 grazie all’assolo di Miranchuk. L’Atalanta, dopo un inizio di stagione scoppiettante che riavvolgeva il filo delle sue ultime imprese e faceva ben sperare, ha perso per strada corsa, aggressività ed intensità, fame e lotta. E lo Spezia in attacco ha sprecato, eccome se ha sprecato, contro un’altra avrebbe potuto anche perdere. E mercoledì sera ‘l’altra’ si chiamerà ‘Liverpool’. Non certo famosa per buttare alla luna sfere sotto porta.
     
    CHIODI FISSI- Complice la terza maglia grigiazzurra-troppo simile a un pigiama che ha indotto al sonno più di un orobico- i lanci in profondità sulle fasce degli aquilotti e i dribbling di Chabot nei 9’ in cui ha incontrato e scavalcato Ilicic, hanno fatto pensare che i veri nerazzurri fossero gli spezzini. Italiano ha imparato fin troppo bene la lingua del suo modello, che ha operato i cambi quando era già troppo tardi. I nuovi non lo convincono del tutto, lo ha ribadito ieri, lo scheletro della sua Dea non si schioda dai punti fissi che predilige. Ma Zapata si ferma a un assist in fuorigioco e a un tiro sul palo, Ilicic non è ancora quello di prima, il Super Papu rischia di esaurire tutte le sue energie e Pasalic sembra abbia paura della rete. Solo quando Robin Gosens attacca gli spazi in profondità si ritrova un barlume della vecchia Atalanta, ma una sola pedina non basta. Specie se, buttando un occhio sulla destra, Depaoli arranca e Piccini ha ancora troppa strada da fare. (L’ultima volta che mister Gasp ha sostituito un giocatore subentrato è stata con Kulusevski, poi passato ad altra maglia…). Serve una cura da qui a mercoledì, una medicina che faccia riassaporare i fasti della bella Atalanta che fu. Magari distratta e ballerina dietro, ma così forte davanti. E magari con un Miranchuk in più che, nonostante la media gol da record, ha bisogno di più di 6’ per raddrizzare una partita e regalare una vittoria che manca da 22 giorni.

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