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  • Betting-Premier League: calcio inglese pronto ad una svolta epocale

    Betting-Premier League: calcio inglese pronto ad una svolta epocale

    • Marcel Vulpis
      Marcel Vulpis
    Sta per cambiare la fisionomia del mercato delle sponsorizzazioni di maglia della Premier League, il più importante in Europa per valore economico (si stimano, ogni anno, introiti per oltre 500 milioni di euro). La nuova normativa (molto stringente sul fronte del betting) entrerà in vigore dalla stagione 2025/26, ma molti club britannici si augurano che il provvedimento possa slittare più avanti.

    Le squadre della prima divisione infatti non potranno più apporre marchi collegati ad aziende di scommesse sportive. Una decisione adottata autonomamente dalla stessa Lega calcio su forte impulso del Dipartimento nazionale Cultura, Media e Sport (DCMS). L’obiettivo primario è contrastare il fenomeno dilagante della ludopatia (conosciuta nel settore anche come “gioco d’azzardo patologico”). Il ritardo nell’applicazione immediata della norma (almeno 3 stagioni sportive) nasce dalla volontà politica di preservare i contratti in essere, portandoli di fatto a scadenza naturale.
     
    Nella stagione in corso, vinta nuovamente dal Manchester City, sono stati ben 8 su 20 i club sponsorizzati da marchi del betting. In sintesi, sono il West Ham firmato da Betway, il Newcastle United dal partner asiatico Fun888, il Leeds United da Sbotop, il Southampton da Sportsbet.io, l’Everton da Stake.com (realtà di betting e crypto casino) e il Brentford da Hollywood Bets. Senza dimenticare poi il Fulham (con il marchio W88) e il Bournemouth (sulla divisa di gioco appare il logo Dafabet). 
    Nel complesso queste realtà calcistiche rinuncerebbero, su base annua, a poco meno di 70 milioni di euro. Un sacrificio che i club della English Premier League (EPL) possono ancora permettersi per gli introiti provenienti dalla ricca “torta” dei diritti tv, ma già se si scende in Football Championship (l’equivalente della Serie B italiana) molte squadre sono legate, a filo doppio, a realtà del gioco d’azzardo (e lo stesso avviene, per esempio, nella prima divisione del calcio scozzese).
     
    Se si analizza la classifica finale dell’ultimo campionato di EPL sono tutti club di media-bassa classifica (l’unica eccezione è il Newcastle, dal prossimo anno tra l’altro in Champions League), a partire dal Brentford (9°), fino ad arrivare alle retrocesse Leeds e Southampton. Il prossimo anno torneranno in first division il Burnley, lo Sheffield United e il Luton Town. I vincitori della “cadetteria” UK (i “Clarets”) sono gli unici ad aver giocato in Football Championship con un brand del betting (la compagnia BK8). Sempre il Burnley, per l’atteso ritorno in Premiership, ha stretto un nuovo rapporto con l’azienda internazionale “W88”.
     
    La crociata anti-gioco arriva così anche in Inghilterra, dopo aver colpito l’Italia, tra il 2018 e il 2019, con l’emanazione prima, e l’entrata in vigore poi, del cosiddetto “Decreto Dignità” (ha vietato tutte le pubblicità e sponsorizzazioni di società di scommesse presenti sui led bordocampo, ma soprattutto sulle maglie di gioco). Questa scelta governativa ha portato, nell’arco di pochi mesi, ad escludere la stragrande maggioranza delle realtà di scommesse.

    Successivamente tutti i colossi del betting hanno scelto di dar vita a progetti di “infotainment”, dove è stato tutelato, in linea di massima, il logo e il nome dell’azienda (per esempio Bwin è diventato Bwin.tv, ecc.). Solo così i principali operatori sono riusciti ad aggirare le regole imposte dal Decreto Dignità, riuscendo, in qualche modo, a promuovere il brand e i servizi ad esso collegati.
     

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