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  • Bonucci: 'Al Milan ho capito che la Juventus è unica'

    Bonucci: 'Al Milan ho capito che la Juventus è unica'

    Leonardo Bonucci, difensore della Juventus, parla a JTV, ripercorrendo alcune tappe della sua carriera. Tra le quali ci sono le due finali di Champions League perse: "e pesa più Cardiff o Berlino? Secondo me Berlino, ci sono stati 10 minuti dopo il gol di Morata in cui abbiamo avuto l’occasione di poter andare in vantaggio. Sono stati quei 10 minuti a farci credere di poterli battere e ci siamo esposti al loro contropiede con quei tre davanti che ti facevano male. Ma abbiamo diversi anni per ambire al sogno". 

    SULLE RESPONSABILITA' - "Non mi sono mai tirato indietro. Uno cresce sbagliando: sono gli errori che ti portano a crescere". 

    L'ADOLOSCENZA - "Gli addetti di calcio della zona dicevano che mio fratello era molto più forte di me. Lui ha sempre fatto il difensore, io lo sono diventato a 16 anni, sei mesi prima di andare all’Inter. Devo ringraziare mister Perrone che mi disse ai tempi della Berretti che se volevo diventate calciatore dovevo fare il difensore. Io pur non apprezzando il ruolo, essendo capitano non sono andato contro il mio allenatore. Da centrocampista a difensore cambia tutto". 

    ALTRI RIMPIANTI - "Uno su tutti, levata la Juventus dove sono ancora in corsa. È l’Europeo del 2016, quando ho sbagliato il secondo rigore con la Germania. Avevo segnato quello in partita calciandolo in un modo ed era andato bene. Davanti avevo Neuer e non sapevo come calciare, ero perso nell’indecisione. Lì avrei dovuto solo scegliere un lato e calciare forte senza pensare. Quello è un rimpianto che non mi toglierò facilmente. Mi rimane solo l’’Europeo del 2020…". 

    SUL MILAN - "A me piace leggere i commenti che mi scrivono. Seguo tutti social, l’ho fatto anche nell’anno del passaggio al Milan. Le scelte portano a delle conseguenze. Non mi sono mai tirato indietro a confronti. In quell’anno fuori sono migliorato come uomo e ho capito che la Juventus è unica". 

    SULLA FASCIA - "La fascia è un simbolo. Noi all’interno della squadra abbiamo giocatori di grande spessore e carattere. È un confronto quotidiano in cui la leadership è importante. Poi ci sono momenti in cui la parola di qualcuno conta di più e momenti in cui la parola del gruppo fa star bene tutti. La fascia presto tornerà a Giorgio, come è giusto che sia: noi lo aspettiamo perché è un elemento importante nello spogliatoio. Ci è mancato in questi mesi. Ho traghettato la fascia facendo un buon lavoro. Imparerò ancora aspettando che il vecchietto smetta di giocare". 

    SUL FUTURO - "Allenare? Mi piacerebbe. Non è facile. È facile diventare allenatore, è molto difficile diventare quel tipo di allenatore che vorrei essere. Ma le cose difficili mi sono sempre piaciute"

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