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  • Bresciamania: Quando il calcio unisce pensieri e riflessioni

    Bresciamania: Quando il calcio unisce pensieri e riflessioni

    • Fabio Pettenò
    Una provincia intera, falcidiata dall’epidemia di coronavirus, piange di dolore per la morte di troppe persone. Ma come in questa occasione il calcio unisce ogni singolo pensiero, unifica tutti sotto un'ideale campana di vetro nella speranza che questa possa proteggere tutta Brescia. E così il calcio si fa veicolo di opinioni e di slogan. Il primo a lanciarli è stato Massimo Cellino. Il patron delle rondinelle non è bresciano ma in pochissimo tempo ha assimilato le caratteristiche tipiche della terra in cui è andato a lavorare: spirito d’appartenenza, laboriosità ma soprattutto fratellanza. E così, da solo, ha lanciato la campagna contro la ripresa del campionato. “Prima la salute e la vita, poi il calcio” è il pensiero del numero uno biancoazzurro. Come sempre mai banale nel lanciare provocazioni Cellino questa volta ha colto nel segno il pensiero di tutti i bresciani: il calcio oggi non può ricominciare, specie in una provincia ed una città dove la morte la fa purtroppo da padrone. Un avversario invisibile ma micidiale ad aver colpito il cuore del Brescia Calcio, riuscendo ad intrufolarsi nella sede. Pochi giorni fa sono state dichiarate contagiate due impiegate: sede chiusa e tutti in quarantena, Cellino compreso, con il presidente a continuare a lottare dalle quattro mura di casa gridando a gran voce il suo slogan: “Campionato finito”.

    Il pensiero del presidente del Brescia è il medesimo di tanti giocatori della rosa di Diego Lopez. Lo stesso allenatore, rimasto in città, starebbe pensando di cambiare aria, di tornare in Sudamerica avvicinandosi alla famiglia. La paura è dilagante e contagiosa. Mario Balotelli, leader dello spogliatoio, non ha fatto mistero di essere seriamente preoccupato, di soffrire come tutti i bresciani per questa tragica epidemia, di mettere il calcio il secondo piano rispetto alla vita. Così la pensano anche molti compagni i quali più con gli atteggiamenti che con la voce hanno dichiarato guerra al coronavirus cercando rifugio negli affetti, trascurando il lavoro. E’ il caso di Romulo volato in Brasile, di Sabelli andato a Bari e di capitan Gastaldello tornato a Siena.

    Il pensiero di Cellino e dei giocatori è lo stesso dei tifosi. Mai come in questo momento storico società squadra e tifosi sono sulla stessa lunghezza d’onda, sulla stessa barca che rischia di affondare. E se il calcio può essere veicolo di speranza e di messaggi importanti, può essere l’Arca di Noè allora anche i tifosi volentieri salgono a bordo piangendo gli amici e i famigliari scomparsi. Il tifo, gli spalti, la contestazione ad una squadra che fino ad ora ha deluso sul campo possono aspettare. E aspetterà ancora perché fino a quando questo dolore non sarà sopito i tifosi non torneranno in curva a tifare. "Troppi morti, troppo dolore: noi stiamo a casa"
     

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