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Conte è il più esteta dei catenacciari: i limiti dell'Inter sono già nei primi tempi

Conte è il più esteta dei catenacciari: i limiti dell'Inter sono già nei primi tempi

  • Luca Bedogni
    Luca Bedogni
Il padre degli scacchi moderni, “il Michelangelo degli scacchi”, ovvero il grande Wilhelm Steinitz (1836-1900) sosteneva che “l’accumulazione di piccoli vantaggi porta ad una supremazia considerevole”. Mi è venuto in mente questo aforisma guardando Borussia Dortmund-Inter. No, l’Inter non ha giocato una partita a due facce, non ha fatto meglio degli avversari nel primo tempo, e soprattutto no, non ha mai dato alcuna lezione al Borussia. Allo stesso modo i padroni di casa non sono entrati con un’altra mentalità nella ripresa, con un altro gioco (solo appena più concreti). La partita ha avuto sempre lo stesso spartito. Se sostituiamo all’aforisma di Steinitz l’aggettivo “considerevole” con il termine “territoriale”, non solo ci renderemo conto delle analogie segrete tra due giochi tanto diversi (possiamo parlare in entrambi gli sport di ‘stile posizionale’), ma comprenderemo meglio le sconfitte dell’Inter contro il Borussia e il Barcellona. Capiremo anche un po’ meglio il gol subito contro il Bologna, e naturalmente la quasi-rimonta del Sassuolo. Parlare solo di calo fisico e di minutaggio è riduttivo, quasi offensivo (vedere la reazione di Sabatini alle parole di Conte al termine di Bologna-Inter). Questione più seria e opportuna è riflettere invece sul rapporto che questa presunta e additata stanchezza ha con la tattica, e in definitiva con lo stile di gioco di questa Inter. Forse siamo ancora vittime di un fraintendimento, abbiamo frainteso i primi tempi dei nerazzurri. Scambiamo delle belle e armoniose ripartenze (Conte è l’apice della tradizione italiana, il più esteta dei catenacciari) con il bel gioco dei giochisti moderni, che è invece all’insegna del dominio. Parafrasando Cruijff, quest’Inter in Europa non può dominare l’avversario, al massimo può vincere.    
 
CORSE ILLOGICHE CONTRO SQUADRE RAZIONALI- Quante volte al Westfalenstadion o al Camp Nou abbiamo visto corse irrazionali eluse dalle geometrie ragionate di Borussia e Barcellona! Sono questi “i piccoli vantaggi” di cui parla Steinitz. Conte dopo la sconfitta coi blaugrana disse: “Il nostro possesso era finalizzato a fare male al Barça, nell’andare verticale, mentre il loro era per controllare il gioco e farci stancare”. E fu quasi un’ammissione involontaria.  



Ecco un tentativo di pressione nerazzurra a partire da un 5-3-2 (non è un controsenso?), dopo un calcione dalla difesa. Piqué, braccato da Lautaro, insegue il pallone, mentre Sergi Roberto si apre in diagonale per ricevere il primo passaggio. Lautaro chiude la linea diretta tra centrale e terzino. È necessario Busquets. La corsa di Brozovic ad accorciare sul Quitanieves è tanto significativa quanto inefficace e inutile. Basta una parete del mediano, e il Barcellona sfrutta l’uomo in più in fascia facendo del Toro un torello. Il pallone ritorna così a Piqué che può impostare con più calma.     



Succede più o meno lo stesso anche nel primo tempo di Borussia-Inter (e per tutta la partita). Prendo uno sviluppo manovra qualsiasi dei gialloneri. Retropassaggio di Akanji per il portiere Burki.



Brozo, vedendo le sue punte sui rispettivi centrali, sale in pressione sul mediano Weigl, lo sbocco più probabile davanti al portiere. Osservate il medesimo principio di gioco perseguito da chi costruisce, a prescindere dalla posizione e dai ruoli: una parete semplice per liberare il terzo uomo. Basta un piccolo trucchetto applicato al momento giusto. E l’Inter stracorre.   



L’INTER SOFFRE IL 4-2-3-1?- Sì perché poi il centrale avanza palla al piede conquistando campo e Brozovic deve stare attento al trequartista e al falso nove Gotze: ci avete fatto caso che tanto il BVB, quanto il Bologna, quanto il Barça e il Sassuolo (nei secondi tempi) erano tutti schierati col 4-2-3-1? Un caso? Niente di automatico, eh, però.. Insomma, qui sotto se il croato non corre forte a coprire il possibile filtrante per Brandt sono guai. Ma così facendo è libero Weigl, il giocatore che prima si voleva ostacolare. C’è qualcosa di contraddittorio in queste pressioni. E questo non so che la razionalità dei tedeschi lo ha smascherato puntualmente, sistematicamente lungo tutto l’arco dei novanta minuti. Altro che primo tempo e secondo tempo.. altro che calo fisico!



Sul lato debole, mentre si attuava il cambio di gioco, il BVB metteva sempre un giocatore nel mezzo spazio, accanto alla mezzala nerazzurra opposta alla provenienza del pallone. Una posizione a metà strada tra le competenze del quinto e della mezzala in questione. In questo caso è Hazard, l’esterno sinistro, ma potevano essere benissimo anche Brandt o Gotze. Segnale chiaro che il Dortmund stava giocando sui punti deboli del sistema di gioco degli avversari. E naturalmente saliva pure il terzino (Schulz a sinistra e Hakimi a destra).  



I PICCOLI RONDOS- Quando i gialloneri raggiungevano il fondo (e più in generale la fascia a qualunque altezza del campo), si creavano delle situazioni di superiorità numerica e posizionale apparentemente innocue, ma che alla lunga si sono rivelate devastanti per la tenuta psicofisica dell’Inter. Alla discesa di Hazard, era seguito un cross basso respinto da De Vrij, col pallone ritornato subito di proprietà del Borussia. Lo scarico dietro (qui per Witsel) era sempre garantito, in quanto né Lukaku né Lautaro potevano tornare in tempo e con la giusta predisposizione per ostacolare il palleggio dei padroni di casa. Il 3-5-2 di Conte, che si trasforma troppo spesso e volentieri in un 5-3-2, è chiaramente una causa di quell’effetto di accerchiamento che si aveva guardando l’Inter difendere.



Il gol di Soriano in Bologna-Inter non è semplicemente “un’autorete” (definizione che ha fatto giustamente imbufalire Sabatini nel post partita), ma il prodotto finale di una bella azione, discesa da una situazione di partenza analoga a quella vista sopra (rondo in fascia). Si sfrutta anche qui una criticità probabilmente strutturale e insita nel sistema di gioco di Conte.  



Sotto, di nuovo un’immagine da Borussia-Inter, perché non vi sembrino tutti dei casi isolati. Il torello stavolta è Barella. Notate anche il tre contro uno pronto sul lato debole sull’eventuale cambio di gioco (e la posizione specifica di Brandt in particolare, al fianco di Vecino).



I LIMITI DEL PALLEGGIO NERAZZURRO- Naturalmente quando parlo di Conte come di un 'contropiedista' non voglio solo provocare i suoi ammiratori (anch’io peraltro sono tra questi), voglio invece amplificare una vulgata europea, che altrimenti non capiremmo. E con ciò giustificarla. Mi si obietterà: ma Conte chiede di iniziare a giocare da dietro, quello che dici è falso! Quante volte si prende dei rischi dentro l’area pur di attrarre la pressione degli avversari! Non temete, lo vedo anch’io, ed è vero quel che affermate, ma incompleto. Il problema del palleggio dell’Inter è che difficilmente si assesta nella metà campo avversaria. È come se tendesse ad arrivare fino alla propria trequarti, dove infatti possiede il maggior numero di uomini, per poi sbrigare la faccenda con delle combinazioni (talvolta aeree talvolta no) caratterizzate da passaggi di maggiore lunghezza, che implicano anche corse di maggiore lunghezza. Voglio dire che mentre nel primo terzo di campo l’Inter tenta di essere paziente in costruzione, da lì in poi accelera tanto da sembrare sempre precipitosa. Sicché sono tanti i tentativi di combinazione che, non realizzandosi, si esauriscono non oltre o appena oltre la metà campo. Con questa sensazione di contropiede svanito perenne che si ha quando l’Inter perde palla, anche quando è l’Inter stessa in costruzione. “Siamo talmente una squadra verticale, che lo siamo fin troppo”, ha ammesso Conte un’altra volta.  
Ora vorrei per concludere sottoporvi un ultimo raffronto tra due situazioni pressoché identiche rispettivamente tratte da BVB-Inter e Sassuolo-Inter. Evidentemente ci troviamo di fronte a una giocata codificata per saltare il pressing alto degli avversari. Il lancio del terzo centrale di sinistra per il quinto opposto. Impressionante la distanza delle mezzali dell’Inter dal pallone (Barella e Vecino). Il movimento ‘lungo’ di Barella lo allontana dal pallone (toglie linee di passaggi corti) ma lo avvicina alle punte altrimenti troppo isolate.   



Il cambio di gioco per Candreva non riesce e il Dortmund innesca subito la ripartenza.  



Come è successo in occasione del gol di Boga in Sassuolo-Inter (il 3-4 che ha fatto tanto discutere). Con l’ingresso di Djuricic i neroverdi erano passati al 4-2-3-1 nella ripresa, e le pressioni funzionavano meglio. L’Inter perciò faticava a uscire dalla propria metà campo non solo per stanchezza, ma anche perché le risultava più complicato di prima. Guardate come il lancio di Bastoni ricalca perfettamente la giocata di Skriniar vista sopra. Quante linee di passaggio corto aveva a disposizione davanti a lui? Nessuna (i tre centrocampisti sono molto lontani e in posizioni scomode da raggiungere). L’Inter in questi casi non rinuncia alla palla lunga. Anzi.



Sull’intercetto di Duncan i nerazzurri sono aperti a centrocampo e bassissimi con la difesa. Boga riceverà dal ghanese in una posizione dolorosissima per gli uomini di Conte, tra Gagliardini e Brozovic. E potrà puntare prendendo velocità.  



Quando invece l’Inter tiene vicino alla propria difesa le mezzali per palleggiare, si apre per conseguenza uno spazio molto vasto tra i due attaccanti e le stesse mezzali. Prendo apposta l’azione del gol di Lautaro. Godin, parete di Vecino e lancione di Candreva. Un errore marchiano di Akanji può bastare per parlare di grande primo tempo? Quel che vi è di più funzionale in questa azione è allo stesso tempo ciò che ha tenuto l’Inter nella propria metà campo per tutto il resto della gara, prima frazione compresa e al di là del bel raddoppio.   


 

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