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  • Fabbro: |'In Algeria grande esperienza di vita'

    Fabbro: |'In Algeria grande esperienza di vita'

    • Massimo Airoldi

    Si è concluso dopo sette mesi di lavoro, con una risoluzione del contratto il rapporto tra la Jsk (serie A algerina) e l'allenatore Enrico Fabbro. Una soluzione condivisa dalla società e dal tecnico a seguito di una situazione particolarmente difficile che stanno vivendo il club e il suo Presidente.

    Il tecnico romano ha spiegato a Sportal.it le vere motivazioni che lo hanno portato ad interrompere la sua esperienza in Algeria.

    Mister perché questo divorzio consensuale, tutto sommato la squadra l'ha lasciata a pochi punti dalla vetta?

    Un matrimonio si interrompe quando tra le parti non c'è più accordo. Il club vive un momento particolarmente difficile sotto il profilo politico/societario, lo dimostrano le dimissioni che il presidente del club ha rassegnato dopo 17 anni di gerenza. Gli ultimi due risultati negativi sicuramente non hanno aiutato a rasserenare il clima all’interno del club, ma le motivazioni sicuramente non risiedono all’interno della squadra. La squadra è formata da un buon gruppo di giocatori, che magari in sede di mercato non sono stati scelti con criteri strategici ma che per fare il campionato algerino vanno bene.


    Deluso per come si è conclusa la sua seconda esperienza in Algeria?

    No, assolutamente. Per quanto mi riguarda la squadra l’ho lasciata con una sua fisionomia ben definita, un equilibrio e delle gerarchie riconosciute. A detta della stampa specializzata (e quella algerina lo è sicuramente), eravamo la squadra che esprimeva il miglior gioco nella serie A, in un paio di occasioni siamo usciti tra gli applausi del pubblico nonostante avessimo perso la gara e questo per un tecnico è motivo sicuramente di orgoglio. E' mancato solo un vero attaccante, di quelli che sanno concretizzare negli ultimi 18 metri.

    Cosa porta a casa di positivo?

    Come tutti coloro che hanno la fortuna di lavorare all’estero torno a casa con un bagaglio di eseprienza notevolmente ampliato. Ho giocato gare davanti a 60.000 persone, nel periodo di preparazione ho vissuto il Ramadan in tre paesi diversi (Tunisia, Algeria, Marocco). Ho gestito uomini abituati a tradizioni e lavori completamente diversi, ho accettato e rispettato tradizioni e religioni diverse. Ho cercato di capire che ruoli giochi l’alimentazione locale sulla prestazione sportiva, per esempio, e tantissime altre considerazioni tecniche che sto ancora analizzando. Una cosa unisce però i Paesi di tutto il mondo: la passione per la maglia. Ho visto gente, non ricchissima, fare 1800 km in macchina per assistere a una gara di campionato della loro squadra, partire solo con gli indumenti che si avevano e due panini: fantastici tifosi.


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