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  • I limiti della Juve e quelli di Vlahovic: se non è come Haaland la colpa non è solo di Allegri

    I limiti della Juve e quelli di Vlahovic: se non è come Haaland la colpa non è solo di Allegri

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Certi matrimoni evidentemente non sono fatti per durare a lungo, tantomeno in eterno. E quello tra la Juventus e Dusan Vlahovic sta assumendo sempre più i contorni del grande equivoco: l'incapacità di tirare fuori l'uno il meglio dall'altro, di esaltarne le qualità e di nasconderne i difetti. Mister 75 milioni (bonus a parte) non segna da 5 partite di campionato, perso tra la ricerca di una condizione psico-fisica che, complice la lunga lotta contro una fastidiosissima forma di pubalgia, non è mai stata quella per esprimersi al meglio. Il nervosismo alimentato dai ripetuti periodi di astinenza dal gol e dalle pressioni susseguenti al suo trasferimento dalla Fiorentina hanno fatto il resto. Lasciando nelle mani di Massimiliano Allegri un centravanti triste, sfiduciato, oggi non all'altezza di una squadra come la Juventus.

    Una squadra impegnata in una battaglia, sul campo, per ambire a quei piazzamenti che le garantiscano la partecipazioni alla prossima Champions League - traguardo fondamentale per questioni di blasone ma soprattutto economiche - e una nelle aule di tribunale per non vedersi ulteriormente penalizzata e gravemente azzoppata nella programmazione del futuro prossimo. Del quale potrebbe non far parte proprio Vlahovic che, al netto delle difficoltà palesate nel suo anno in bianconero (19 reti in 47 partite è il suo bilancio), continua a vantare un numero considerevole di estimatori fuori dai confini della Serie A. Bayern Monaco, Chelsea, ma anche Manchester United, Newcastle e Paris Saint-Germain sono club alla ricerca di un centravanti di prospettiva a partire dalla stagione che verrà e la disponibilità di spesa non rappresenta certo un problema. Tale da indurre quanto meno in tentazione una Juventus, che si dà 3 mesi di tempo per conoscere il suo destino, sul campo e fuori, prima di prendere una decisione.

    3.1 tiri a partita verso la porta avversaria in Serie A, una media di 2.4 palloni persi (dati Whoscored), una media di 16 passaggi tentati (fonte infogol.net) sono alcuni dei numeri che descrivono la difficoltà oggettiva della formazione bianconera di coinvolgere il centravanti serbo nella manovra e di rifornirlo costantemente di palloni. Il gioco della Juventus - lo si è e detto - non è quello della Fiorentina di Prandelli prima e di Italiano poi, che hanno rinunciato all'idea di disporre di un centravanti di manovra per averlo il più possibile presente in posizione di tiro. Un '9' alla Haaland tanto per intenderci. Qui iniziano e finiscono le responsabilità della squadra e di chi la allena, che non possono nascondere al tempo stesso i limiti tecnici e tattici dello stesso Vlahovic. Nel calcio che in Europa va ormai per la maggiore, è richiesta alla punta una capacità associativa dalla quale non si può prescindere per fare la differenza. Salvo rarissime eccezioni. Come Haaland, sul quale anche un giochista come Guardiola sembra aver compreso - per il momento - l'impossibilità di trasformarlo in un giocatore di manovra. Ma Vlahovic non vale oggi il norvegese (di cui è coetaneo) e per ambire a certe piazze e certi palcoscenici serve uno sforzo maggiore da parte di tutti. Anche il suo.

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