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    Il tifoso-scrittore Cancogni: 'Juve la miglior nemica'

    Il tifoso-scrittore Cancogni: 'Juve la miglior nemica'

    • L.C.

    'Fiorentina-Juventus... speriamo bene. I tifosi viola sono storicamente anti juventini, quindi andiamo d'accordo'.
    Manlio Cancogni, 97 anni, è sulla sua poltrona preferita nella villetta di Fiumetto. Come sempre circondato di libri, come sempre attento conoscitore del calcio. Premio Strega e Viareggio, tra pochi giorni torna in libreria con la ristampa de "Il viaggio di Guido Reni" (Elliot).
    'Detesto la Juve dal 1926 - spiega Cancogni al quotidiano La Repubblica- quando affrontò in semifinale di campionato il mio Bologna. Avevo dieci anni, scopersi il calcio sul Giornale d´Italia. Una sera lessi di questa partita. Parteggiavo per il Bologna perché ero nato lì. E da allora sono sempre stato anti juventino. E poi, via, non si può essere decentemente juventini. Questa squadra privilegiata. Tutti servili davanti al re d´Italia, che era Agnelli'.

    Di tutte quelle che ha visto, quale Juventus ha detestato di più?
    'È più facile a dire quella che non ho detestato. Un amico di Pietrasanta mi propose di andare a Torino a vedere l´ultima di campionato. Vedemmo questa partita, sotto una certa pioggerellina. Rimasi sbalordito dalla bravura di Platini, che si rivelò un trascinatore. Tanto che volevo mandare a Gianni Agnelli un telegramma con su scritto "Quod non fecit agnus, fecit Platinus. Sono juventino!" Poi non ne feci di niente....'
     A che cosa si riferiva?
     'Qualche anno prima, nel 1976, su un giornale avevo celebrato le mie "nozze d´odio" con la Juventus. Gianni Agnelli mi invitò a pranzo e poi mi portò a vedere la partita, la Juventus contro il mio Bologna. Vinsero loro, ma io rimasi del mio parere. Per Platini feci un´eccezione. L´unico momento di cedimento'.
    Quella che all´epoca era un´iperbole, l´odio calcistico, sugli spalti degli stadi è diventata una triste motivazione per violenze, devastazioni, razzismo. Non è una parola troppo forte?
    'Sull´odio è bene essere chiari, oggi che negli stadi succede di tutto. Io sono contrario a qualsiasi manifestazione violenta. Diciamo che nei confronti della Juve la mia è qualcosa più di un´antipatia. Molto di più...'.
     Che pensa di questa Fiorentina?
    'Tutto il bene possibile di Montella. Dicono che Jovetic non servisse più, come Liajic, un altro bravo. Ma anche così è una squadra fortissima'.
    Quale Fiorentina del passato ricorda con piacere?
    'Quella di Bernardini, nel ´56, quando vinse il campionato. Tifavo per quella squadra, anche per amicizia con Fulvio'.
    Ora per chi tifa?
    'Ora mi piace la Roma, non si sa se saprà confermare questa partenza folgorante. Con il Napoli e la Fiorentina potrebbe riuscire a non far vincere il campionato alla Juve. Altrimenti questi prendono altri cinque scudetti'.
    Oltre a Platini quali altri giocatori ha invidiato ai bianconeri?
    'Beh, i due Hansen, i fratelli John e Karl, poi Praest. Naturalmente Boniperti, che impersonava il perbenismo juventino. Era il preferito di Agnelli'.
     Lei ha detto che il calcio è l´unica forma d´arte di oggi.
    'Lo sport è la cosa che ho amato di più. L´arte di oggi è spettacolo e il calcio è lo spettacolo più bello, in questo senso è la migliore forma d´arte del mondo moderno. Ma mi piacciono moltissimo anche ciclismo, atletica, tennis. Era bellissima la boxe. A Montreal vidi gli incontri di Ray "Sugar" Leonard: grande arte e grande drammaticità. Ma oggi non è più accettabile quella volontà di far male all´avversario che è alla base della boxe'.
    In un articolo paragonò il gesto sportivo e a quello poetico.
    'Nello sport ci sono momenti esteticamente straordinari, dove appare l´emozione del bello. Penso ai 100 metri di Jesse Owens a Berlino nel ´36 o alla serpentina di Maradona contro l´Inghilterra. Lo sport mi ha conquistato per ragioni estetiche. Nel ‘26 sul giornale di mio padre lessi di un´impresa al Tour de France. C´era una fotografia: "Lucien Buysse passa il Tourmalet nella tempesta". Mi sembrò di una bellezza straordinaria'.
    E nel calcio italiano?
    'L´estetica è soprattutto nel dribbling dell´attaccante. Una volta vidi giocare Hamrin nella Fiorentina e scrissi in un articolo: "viva il dribbling, viva la poesia". Questo era più vero prima, quando il gioco privilegiava gli individualisti'.
    In un libro, "Toro delle meraviglie", ha raccontato i 160 chilometri in bicicletta che si fece nel ´46 per andare a vedere il Grande Torino che giocava a Livorno. 
    'Non so se è stata la squadra più forte di tutti tempi, sicuramente era la più bella, era affascinante. Nel ‘46, insieme a Bartali, era un segnale di riscossa in un paese giustamente sconfitto e prostrato. Ci voleva una resurrezione. E poi, siamo sempre lì: era la squadra che poteva battere la Juve'.
    Quale ruolo l´attrae di più?
    'L´attaccante. Mi ricordo Cesarini, era ubriacante. O Sansone Fedullo, tecnica raffinatissima'.
     E ai giorni nostri? Balotelli?
    'Grande classe, ma è insopportabile. Come allenatore non lo vorrei'.
    Quali sono gli "uomini squadra" che le sono rimasti nel cuore?
    'Bernardini, Monti, Meazza (l´ho conosciuto, non mi sembrò molto perspicace, ma sul campo era un genio). Ora tra i trascinatori mi viene in mente Totti, grande giocatore, anche simpatico. Per esempio, Messi al Barcellona ha delle giocate superbe, però non è l´uomo squadra. Io poi sto per il Real...'..
     In un altro suo romanzo, "Il mister", è evidente il suo tributo a Zeman.
    'Ho amato molto Zeman. Credo però che non sia fatto per una grande squadra. Già quando accettò la prima volta la Roma pensai che fosse un errore. Non puoi prescindere dal risultato quando vai in una grande squadra'..
    A lei piaceva anche giocarlo, il calcio.
    'Mi piaceva giocare nei campetti. Con Bassani, Laurenzi e Barilli uscivamo dalla redazione di Mondo d´oggi in via Veneto a Roma e andavamo a sfidare i ragazzini al Galoppatoio. Loro credevano di batterci facilmente perché avevamo trent´anni. E noi gli davamo delle lezioni perché giocavamo tutto di prima, li ubriacavamo'.
    Si è misurato anche con Pasolini.
    'Lui era attaccante, io mediano. Pierpaolo giocava bene, era molto forte atleticamente e di una gentilezza straordinaria. Ricordo una partita all´Ostiense contro di lui e i suoi ragazzi delle borgate. Feci un lancio a Bassani che segnò in corsa. Era estasiato, molto più che per una pagina ben scritta'.


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