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  • Inchiesta settori giovanili, qui Atalanta: 'Noi diamo più importanza alla tecnica'

    Inchiesta settori giovanili, qui Atalanta: 'Noi diamo più importanza alla tecnica'

    In un'intervista rilasciata settimana scorsa a Calciomercato.com, Marco Barollo ha lanciato la sua accusa: "Il calcio giovanile in Italia è indietro di trent'anni, da noi scarterebbero uno come Messi" (LEGGI QUI). Oggi, a Barollo replica Mino Favini, responsabile del settore giovanile dell'Atalanta, da sempre fra i migliori in Italia (e indicato da Barollo come un'eccezione nel panorama italiano).

    Signor Favini, Marco Barollo una settimana fa ha accusato il sistema del calcio giovanile italiano, volto alla valorizzazione della fisicità più che della qualità: lei cosa ne pensa?
    "Marco lo conosco da tempo, ma sono in disaccordo con le sue affermazioni e lui lo sa. Sono cinquantanni che vivo di calcio giovanile e sa che prediligo, sia nella selezione sia nella formazione soprattutto la tecnica più che l'aspetto fisico. A livello generale, non ha tutti i torti: ci sono stati lunghi periodi in cui in Italia è stata data precedenza alla fisicità piuttosto che all'attitudine tecnica, primo requisito che deve avere un ragazzo per essere scelto e che deve dimostrare di possedere per dimostrare di poter diventare un calciatore col tempo, con lo sviluppo e col completamento dello sviluppo fisico, tecnico, tattico. Ma ripeto, in primis sono fondamentali le attitudine tecniche, ovvero il rapporto naturale, facile, che il ragazzo ha con la palla: piede-palla, testa-palla, petto-palla, coscia-palla".

    Altra questione delicata, emersa ulteriormente nella recente Universal Cup vinta dagli esordienti del Milan, con la presenza in campo di ragazzi evidentemente più grossi rispetto agli avversari, tanto da far sorgere qualche dubbio sulla loro reale età...
    "Bah, alle volte è vero che quando alcuni ragazzi arrivano in Italia dall'Africa è difficile valutarne l'età, risalirne alle origine e quindi capire se siano nati un anno prima o dopo. Però c'è anche un fatto da tener presente sotto l'aspetto fisico-atletico: i ragazzi di colore, africani, si sviluppano prima rispetto ai nostri e quindi possono sembrare indubbiamente più bravi, poi che lo siano veramente per qualità tecniche o fisiche è tutto da vedere. Noi dell'Atalanta abbiamo qualche ragazzo di colore, alcuni sono nati a Bergamo e parlano bergamasco; ultimamente ci stiamo muovendo diversamente, tramite lo scouting e quindi qualche ragazzo arriva anche da noi, in genere sono più dotati dei nostri, ma ciò non vuol dire che calcisticamente siano più bravi". 

    Quali sono i punti salienti sui quali il settore giovanile atalantino mira nella selezione dei piccoli talenti?
    "Noi diamo moltissima importanza all'attività di base, guidata da Stefano Bonaccorso. E' la prima selezione che viene fatta sui bambini che vengono poi cresciuti nel processo di formazione che si è studiato nei vari anni, in base all'età. I ragazzi fanno tutto un percorso che culmina nella Primavera, in linea di massima, poi, parecchi giocatori finiscono in prima squadra e altri sono in giro per l'Italia, molti sono diventati buoni e ottimi professionisti". 

    Vero anche che, l'ultima annata di maggior visibilità in prima squadra di freschi professionisti, risale ai primi anni 2000, quando vennero alla luce i vari Montolivo, Pazzini, Capelli, Motta.. poi c'è stato un calo, sbaglio?
    "Un po' meno, si. Tuttavia non bisogna scordare che abbiamo avuto un paio d'anni di intervallo, di lavoro, perchè magari la società in quel periodo la pensava diversamente e quindi abbiamo perso tempo e ne stiamo pagando adesso le conseguenze. E' un momento provvisorio, son sicuro che cambierà così come son certo che il lavoro che stiamo svolgendo darà ancora i suoi frutti".

    A livello internazionale, quali sono gli esempi da seguire?
    "Sono in fase di ascesa i settori giovanili delle squadre tedesche, belghe, olandesi, oltre a quelle tipiche, per caratteristiche e risultati, spagnole. Real Madrid e Barcellona sono all'avanguardia in questo. Va tenuto in considerazione il fatto che, pur cercando di adeguarci a situazioni nuove, troviamo difficoltà. Noi dell'Atalanta siamo dei privilegiati perchè abbiamo un centro sportivo ben strutturato, che usiamo nella formazione del giovane. Però in genere i centri svizzeri, tedeschi, olandesi, belga son nettamente più avanti di noi, anche nell'organizzazione: i ragazzi sono curati in loco, anche a livello scolastico. Hanno investito meglio di noi e hanno ottenuto migliori risultati. Sicuramente la crisi economica non ci aiutato e, al tempo stesso, in questi ultimi anni abbiamo smesso di credere nel nostro lavoro e all'estero, nel frattempo, si sono dati da fare. In Svizzera per esempio ci sono i cantoni e in ognuno di questi ci sono dei centri di formazione. Io 25 anni fa ho lavorato a Como , sempre a livello di settore giovanile e allora le partite tra Como-Chiasso, Lugano, Losanna, finivano con sette o sei gol di scarto a favore del Como. Oggi invece ci bagnano il naso, sono meglio di noi e troviamo difficoltà a giocare contro i team svizzeri, perché sono cresciuti parecchio in questi anni, hanno creduto in questi centri di sviluppo e stanno ottenendo i risultati". 

    In conclusione, qual è il suo auspicio per i prossimi anni? 
    "Si torni a credere alla selezione basata sull'aspetto tecnico, e poi allo sviluppo fisico, tattico e tutto quello complementare. Poi naturalmente, affidarsi alla selezione iniziale, variabile a seconda dell'età, che deve essere per forza di cose basata sulle qualità richieste per poter diventare un giocatore".

    Sabrina Fratus 


     

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