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  • Juve, in Italia nessuno riapre 'Calciopoli': le accuse all'Inter erano più gravi. Non è finita qui

    Juve, in Italia nessuno riapre 'Calciopoli': le accuse all'Inter erano più gravi. Non è finita qui

    • Marcello Chirico
      Marcello Chirico
    Inammissibile. Come tutti quelli precedenti, ed ho ormai perso il conto di quanti fossero. Finiscono tutti così i ricorsi presentati dalla Juventus su Calciopoli, l'ultimo dei quali esaminato dal TAR del Lazio la scorsa settimana. In Italia non esiste un giudice, o un collegio giudicante, che voglia prendersi la briga di esaminarli e riaprire il caso. La risposta è sempre la stessa: ricorso inammissibile. Tra le risate di chi non tifa Juve, e ogni volta prova piacere a leggere come va finire.

    Uno di questi  è Massimo Moratti, puntualmente intervistato non appena Calciopoli torna d'attualità coi reiterati ricorsi falliti da parte della Juve. E, ovviamente, pure lui non fa che ripetere  sempre le stesse cose (“era una vergogna” “Serie A manipolata, noi le vittime” “doveva vincere la Juve”), suscitando a sua volta il fastidio degli juventini.

    Soprattutto di coloro che di Calciopoli ricordano tutto: le accuse rivolte alla Juventus ma anche quelle, molto pesanti,  mosse nei confronti proprio dell’ Inter dall'allora procuratore federale Palazzi, seppur  in colpevole ritardo, quando ormai i reati erano caduti in prescrizione. Solo il Consiglio Federale avrebbe potuto riaprire il processo, ma non lo fece. Da qui il desiderio di giustizia da parte di Agnelli.

    Quelle accuse di illeciti erano infatti ancora più gravi di quelli attribuiti all'allora dirigenza bianconera e che avrebbero potuto configurare la retrocessione dell'Inter, insieme alla possibile radiazione del ex patron nerazzurro e del presidente Facchetti. Basta avere la pazienza di andarsi a rileggere la relazione Palazzi del 2011, dove il procuratore scrisse testuale che le condotte di entrambi i dirigenti erano tali da "integrare la violazione, oltre che i principi di cui all'art.1 del CGS, anche dell'oggetto protetto dall'art.6", per responsabilità diretta dei tesserati  e i vantaggi di cui avrebbe potuto beneficiare la società.

    Un’altra sentenza, questa volta emessa dal Tribunale di Milano nel 2015 nella causa avviata dal figlio di Facchetti nei confronti di Luciano Moggi, confermò  - dopo l’ascolto di alcune intercettazioni – che  quelle telefonate costituivano  “un elemento importante per qualificare una sorta di intervento di lobbying da parte dell’allora presidente dell’Inter nei confronti della classe arbitrale”.

    Di tutto questo nessun intervistatore chiede mai conto a Moratti, che a sua volta non le prende mai in considerazione. Come se quella relazione federale e quella sentenza successiva non fossero mai esistite, o sarebbero prive d’importanza.
    “La più grande forma di disonestà – ha dichiarato Moratti nella sua ultima interviste al CorSera – è imbrogliare sui sentimenti della gente”.

    Dipende sempre, però, come alla gente una storia viene raccontata, se con dovizia di particolari (compresi quelli scomodi) oppure nella versione parziale, tralasciando ciò che non piace o si preferisce non ricordare, approfittando anche della condiscenda dell’intervistatore a non chiederne conto. Onestà fa rima con verità, e questa la si può ottenere solo mettendo insieme tutti gli elementi a disposizione, altrimenti la ricostruzione dei fatti sarà sempre partigiana.

    A titolo di cronaca, quanto a ricorsi non pare sia finita qui: dopo aver esaurito le sedi giudiziarie in Italia, ordinarie e sportive, la Juventus sarebbe ora pronta a presentarne uno alla Corte Europea di Strasburgo, alla quale le consigliò di presentarsi già nel 2006 il noto avvocato Dupont (quello del caso Bosman) senza passaggi intermedi. Vediamo se finirà pure stavolta con un’altra risata generale e successiva, ennesima intervista a Moratti.

    Alla prossima puntata.

     

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