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  • Juve, la verità che Allegri non vuole sentire e le colpe di Agnelli

    Juve, la verità che Allegri non vuole sentire e le colpe di Agnelli

    • Gianni Visnadi
      Gianni Visnadi
    Qui parliamo solo del campo. Tribunali e sentenze e i patteggiamenti che verranno, possono aspettare. Sul campo, come piace dire ad Allegri, ma solo quando e come vuole Allegri, che anche prima di Siviglia eviterà di legare il giudizio sulla stagione della Juventus a quella partita, e che in fondo ha ragione, ma non per ciò che lui pensa, ma perché sono 2 le partite da vincere perché la sua squadra possa scansare il timbro del fallimento, checché ne dicano Giannis e i suoi seguaci.

    Perché è vero che lo sport non è solo vittoria, ma è altrettanto vero che la competizione comprende anche il fallimento. È sconfitta perdere lo scudetto, e ci sta, ma è fallimento non avere mai corso per vincerlo. È fallimento perdere 5 partite su 6 nel girone di Champions e non basterebbe certo la finale di Budapest a medicare l’umiliante retrocessione. Solo vincendo l’Europa League, la Juventus darebbe un senso positivo alla sua stagione, anche perché il trofeo varrebbe un posto nella prossima Champions (al lordo dell’Uefa). Anche vincendo la Coppa Italia, Allegri avrebbe potuto dare una mano di pittura fresca sulle tante sconfitte di stagione, ma ha perso anche quella, e contro l’Inter, che al momento dei giudizi vale doppio e fa più male.

    La sfida di andata ha dimostrato che non sarà semplice battere il Siviglia, riacciuffato solo oltre i già scaduti 6 minuti di recupero, però è proprio da quel rocambolesco pareggio frutto di 3 consecutivi colpi di testa, che la Juventus dovrà ripartire, provando a calare sul campo la propria innegabile superiore cifra tecnica. Basterebbe che Di Maria e Vlahovic, per non dirne che due, giocassero per una volta al meglio delle rispettive capacità e la Juventus vincerebbe la sfida, al netto delle solite critiche, anche stantie, al suo calcio speculativo ed esteticamente poco apprezzabile.

    I giocatori più importanti del gioco, la scelta imposta da Allegri, è regola che va bene solo quando si vince. Altrimenti si paga il conto due volte, com’è naturale che sia. Allegri ha rischiato Pogba, ha cercato di dargli minuti perché conscio che in queste ultime partite di stagione, il Polpo poteva aggiungere qualcosa di importante al suo motore, anche in una posizione diversa da quella in cui è era uno dei centrocampisti più forti del mondo. Sì, era un rischio, sennò prima della partita non dici «speriamo che possa fare almeno un tempo». Quando mai si fa cominciare uno che non sai se può finire?

    La Juventus, si sa, ha il monte ingaggi più alto della Serie A (circa il 20% in più dell’Inter, oltre il 40% più del Milan, il 60% più del Napoli campione) e ha al rientro dai prestiti altre “cambiali” in scadenza, a stipendi elevatissimi. Al netto di quello che è stato fatto o non fatto ai bilanci, delle plusvalenze vere, fittizie e presunte e delle manovre stipendi, c’è qualcuno che possa negare le gravi responsabilità al limite dell’incapacità di chi l’ha gestita fino al 28 novembre?

    @GianniVisnadi

     

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