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Le Saux, più forte dell'ignoranza

Le Saux, più forte dell'ignoranza

  • Remo Gandolfi
    Remo Gandolfi
Iniziò tutto con una battuta.
Stupida, ma non diversa dalle centinaia di battute stupide che vengono “sparate” negli spogliatoi di una squadra di calcio a tutte le latitudini del globo terrestre.

Ragazzi di 20 anni o poco più, sempre intenti a mostrare i muscoli, la loro virilità e mascolinità.

Graeme Le Saux all’epoca ha 22 anni e da un paio di stagioni si è ritagliato un posto da titolare nel Chelsea.
Gioca da terzino sinistro.
E’ un giocatore mancino con un eccellente tocco di palla, è rapido nei recuperi difensivi e molto bravo a supportare l’azione offensiva dei “Blues”.
Dai suoi cross sono nati diversi gol, specialmente per la testa di Kerry Dixon, il forte centravanti del Chelsea, e Graeme è già un beniamino dei tifosi di Stamford Bridge.
Graeme Le Saux è un calciatore sui generis.
Ha studiato, ha raggiunto il diploma e ha perfino dato qualche esame all’Università prima di mettere anima e corpo nella professione di calciatore.
Veste molto casual e non gliene frega nulla di vestiti firmati e fuoriserie dalle 50.000 sterline in su.
E, cosa che lo rende quasi una mosca bianca nel troglodita mondo del calcio inglese del periodo, ama leggere e informarsi.
Arriva all’allenamento leggendo il GUARDIAN, quotidiano progressista di approfondimento quando i compagni, quando va bene, leggono tabloid per massaie come il SUN o il MIRROR.
Ama i negozi di antichità e le gallerie d’arte quando il 99% dei calciatori inglesi non sa andare oltre il Pub o il proprio bookmakers.
Insomma … è un calciatore diverso.
Le battute nei suoi confronti sono sempre molto taglienti
ma non trascendono comunque mai dal rispetto per un compagno di squadra che, semplicemente, ha un po’ più di spessore degli altri.
Poi un giorno accade qualcosa.
Siamo nell’estate del 1991, nei primissimi giorni di ritiro in vista della nuova stagione.
Nelle settimane precedenti Graeme Le Saux ha girato l’Europa.
Non andando in giro per spiagge famose e locali alla moda.
Ha visitato città d’arte e musei.
In Francia, in Belgio e in Olanda.
Con lui un compagno di squadra con il quale, come succede in ogni squadra del mondo, ha stretto un rapporto di amicizia.
E’ Ken Monkou, che gioca da difensore centrale.
E’ un ragazzone nero, di 190 centimetri, arrivato dal Feyenoord al Chelsea anche lui come Le Saux all’inizio della stagione precedente.
I calciatori si stanno cambiando in vista dell’allenamento che inizierà da lì a pochi minuti quando ad uno di loro non viene in mente di fare una domanda.
Di quelle stupide, da spogliatoio appunto.
“Ehi Graeme, ma com’è dormire in tenda solo soletto con Ken Monkou ?”
Forse basterebbe una risata, una “controbattuta” o magari anche solo un sorriso o un’alzata di spalle.
E invece, come ricorda lo stesso Le Saux “mi sono sentito offeso da quel commento idiota e ho replicato stizzito a quella battuta idiota.”
Fu un grave errore.

“E’ stato come mostrare il sangue a delle belve ferite” ricorda Le Saux.
“Le battute hanno iniziato a moltiplicarsi, offendendo me e tirando in ballo Ken, che già all’epoca aveva il suo bel daffare a sopportare i tanti razzisti che ancora frequentavano gli spalti.”
Nel giro di poche settimane “lo scherzo” era uscito dallo spogliatoio del Chelsea e come la famosa pallina di neve era diventato ormai una valanga.
“LE SAUX E’ OMOSESSUALE”.
Equazione facile e stuzzicante per il mondo omofobo del calcio e per gli spalti degli stadi inglese dove il “thug” (il teppistello violento e ignorante) era quanto mai di moda.

La situazione ben presto degenera.
I cori e gli sberleffi sui presunti gusti sessuali di Le Saux prima partono da 40-50 “morons” (come chiamano da quelle parti gli idioti irrecuperabili) per diventare migliaia nel giro di poche settimane.
C’è un momento in cui Graeme pensa addirittura di smettere con il calcio.
E’ il 7 settembre del 1991.

Non sono passati neppure due mesi dallo stupido scherzo negli spogliatoi.
Si gioca uno dei tanti derby di Londra.
Contro il Chelsea c’è il West Ham.
Si gioca all’Upton Park, in casa degli Hammers.
Sulle note di “People go west” dei Village People sono in migliaia i tifosi del West Ham che cantano “Le Saux takes it up the arse” (Le Saux lo prende nel c..o)
Graeme Le Saux è a pezzi.
Anche difendersi non è facile.
Farlo con troppa veemenza potrebbe far credere che davvero per lui sia un’offesa insopportabile e, da persona sensibile e intelligente, teme di offendere chi gay lo è davvero.
Graeme decide di dare fondo alle sue risorse di coraggio e soprattutto di dignità.
Va in campo, si concentra sul calcio e cerca di ignorare cori, insulti e offese.
Gioca talmente bene che arriva addirittura in Nazionale, facendo il suo esordio nel 1994, quando è già un giocatore del Blackburn, con il quale vincerà nella sua seconda stagione ad Ewood Park il titolo di campione d’Inghilterra.
I tempi stanno pian piano cambiando ma il tormentone su Graeme Le Saux non si placa mai del tutto.
Nel periodo al Blackburn c’è addirittura una scazzottata IN CAMPO con il compagno di squadra David Batty.
Sono in molti a ritenere che nel momento più caldo della “discussione” tra i due la parola “poof” (finocchio) sia uscita dalla bocca di Batty anche se Graeme ha sempre negato questo.

 

Quello che è impossibile da negare accade il 27 febbraio del 1999.
Si gioca Chelsea vs Liverpool allo Stamford Bridge.

Graeme Le Saux è tornato da un paio di stagioni al Chelsea.
Ci sono voluti 5 milioni di sterline, cifra importante per quei tempi, per riportare Graeme a Stamford Bridge dove a volerlo a tutti i costi era stato Ruud Gullit, manager dei Blues.
Robbie Fowler, centravanti del Liverpool, entra con decisione su Le Saux.
E’ un chiaro calcio di punizione.

Le Saux si appresta a batterlo quando Fowler si pone a pochi metri dal pallone,
L’attaccante dei Reds gira la schiena a Le Saux, si piega in avanti e portando le mani al sedere grida al terzino del Chelsea “Come on and give me one up the arse.” (forza dai, dammelo nel c..o).
 
La scena provoca le risate del pubblico di Stamford Bridge ma Le Saux non ne è certo impressionato.
Segnala la cosa alla terna arbitrale e si rifiuta di calciare la punizione fin quando non verranno presi provvedimenti nei confronti di Fowler.
L’unico per cui vengono presi provvedimenti è invece Le Saux che viene ammonito per aver ritardato la ripresa del gioco.
A quel punto Le Saux perde il controllo.
Cerca una (comprensibile ?) vendetta nei confronti del bulletto cresciuto nei Docks di Liverpool.

Rifila a Fowler una gomitata mandandolo lungo disteso e poi lo scalcia ad ogni occasione.
Fowler rimarrà in campo ma sarà Le Saux ad uscire, saggiamente sostituito da Gianluca Vialli che ha capito che al suo giocatore sono ormai saltati i nervi.
Nessuna scusa ufficiale da nessuno.
Dalla Federazione arriverà una giornata di squalifica per Le Saux e due per Fowler.
I due si incontreranno poche settimane dopo, entrambi convocati nella Nazionale inglese di Kevin Keegan che si offrirà di fare da pacere ai due, con tanto di fotografie e strette di mano.
Robbie Fowler diserterà l’incontro al contrario di Le Saux pronto invece a chiudere l’episodio.
E’ passato poco più di un anno dalla tragica morte di Justin Fashanu (di cui vi abbiamo raccontato in questa rubrica) avvenuta nel maggio del 1998.
Fashanu, l’unico calciatore inglese in attività ad avere avuto il coraggio di fare outing … pagando questo coraggio con un prezzo assurdo: la sua stessa vita.
Graeme Le Saux ha continuato a giocare a calcio, sempre ad altissimo livello, fino al 2005.
Nel 2007 è uscita la sua autobiografia (Left Field: A Footballer Apart) dove, con molta onestà, sconsiglia caldamente calciatori professionisti dal fare “outing” considerando semplicemente i tempi non maturi.
Per l’ennesima volta è invece ancora il rugby a dare lezione di coraggio e di etica.
E’ relativamente recente l’ammissione del giocatore dei Wakefield Widecats Keegan Hirst di essere gay.
Lo stesso Keegan racconta quando prese il coraggio a quattro mani e per primo nell’ambiente lo confessò al suo allenatore, John Kear.
“John è un uomo di più di sessant’anni. Duro come il marmo e che ama il rugby come nessun altro. La sua risposta non la dimenticherò mai” racconta Hirst.
“Figliolo, tu sei un giocatore di rubgy e sei il mio capitano. Qualunque altra cosa tu sia sappi che a me va benissimo”.


ANEDDOTI E CURIOSITA’

Graeme Le Saux ha una moglie, Mariana, e due bellissimi figli, Georgina e Lucas.

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