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  • Messi e Ronaldo, uniti nel fallimento e nella nostalgia di sé stessi: la felicità non è in Arabia

    Messi e Ronaldo, uniti nel fallimento e nella nostalgia di sé stessi: la felicità non è in Arabia

    • Furio Zara
      Furio Zara
    L’Arabia attrae, l’Arabia respinge. Dell’Arabia non ne possiamo fare a meno, dell’Arabia non ne possiamo più. Questa è una storia che si declina al futuro, ma il futuro è già passato. Leo Messi, Cristiano Ronaldo. Messi che viene sospeso dal Psg per la sua gita fuori programma in Arabia. Cristiano sempre più insofferente di un luogo che ha scelto la scorsa estate senza sceglierlo davvero, solo perché di altre possibilità non ne aveva. Messi che potrebbe andare in un campionato che Cristiano ha già archiviato, in uno scambio di ruoli che la loro Storia - e la loro Gloria - avrebbe scansato volentieri.

    La domanda che ci siamo fatti tutti qualche mese fa: ma che ci va a fare Cristiano in Arabia Saudita? Risposta numero uno: 42 milioni di ingaggio che gli pagano - congiuntamente - Manchester United e Al Nassr. Risposta numero due: 82 milioni che gli arrivano dalle sponsorizzazioni. Bastano? Se li fa bastare. Ma si indispettisce, pure. Per la mediocrità del contorno, per il fatto che non riesce ad essere il Cristiano Ronaldo che immaginava, perché si parla più di Georgina che di lui, perché sembra sempre di più un Bufalo Bill portato in giro per il deserto mostrare. Segue gestaccio, la mano sui genitali a rispondere a chi lo insulta e invece intona cori - ah, lesa maestà - a Messi.

    Leo e Cristiano. 35 e 38 anni: il vecchio che avanza, però barcollando, senza più il piedistallo di un tempo. E senza più la fame di una volta. Messi che a fine stagione lascerà con ogni probabilità il Psg. Per tornare al Barcellona, lì dove è stato felice. Nostalgia di sé stessi, più che altro. Cristiano che non si rassegna, anche se ormai somiglia a Dorian Gray che si guarda allo specchio e si vede invecchiare. E’ certamente lo sportivo più pagato del pianeta, ma la felicità - così come per Messi - è altrove. Non è un caso che si parli - anche per lui - di un clamoroso ritorno al Real Madrid. A fare il simulacro di se stesso, probabilmente. Ma tant’è.

    La verità è che per la prima volta nella loro straordinaria carriera i due - Messi e Ronaldo - devono fare i conti con una quotidianità che racconta di un fallimento. Messi al Psg non ha vinto nulla, si è limitato a timbrare l’ovvio, ovvero la vittoria nel campionato francese. I sogni di Champions League sono rimasti tali. Cristiano all’Al Nassr sta facendo un campionato mediocre, certamente al di sotto delle aspettative che erano state alimentate quando arrivò, tra squilli di tromba e tappeti d'oro che si srotolavano. Segnerà tre gol a partita. Ma quando?

    Sono stati i re del mondo. Non lo sono più. Cristiano è partito per il nuovo mondo - l’Arabia - come un conquistatore, però si è dimenticato a casa la spada. Messi forse lo emulerà, ma il solco è quello. Bramano un riconoscimento, più di ogni altra cosa. Desiderano vedersi riconosciuta l'identità perduta. Entrambi stanno scappando. Cercano rifugio nel passato. E quando questo succede, la gloria è un lampo nello specchietto retrovisore della vita e il viale del tramonto già si intravede, era un puntino all’orizzonte, ora è il giardino di casa.

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