Calciomercato.com

  • Milan, l'ex Farina: 'Berlusconi, se salta il closing te li do io 5 euro di acconto...'

    Milan, l'ex Farina: 'Berlusconi, se salta il closing te li do io 5 euro di acconto...'

    Torna a parlare Giussy Farina, il vecchio presidente del Milan, quello che consegnò nelle mani di Silvio Berlusconi la società rossonera. L'83enne, che ora si muove tra la Costa Brava e le colline veronesi, ha rilasciato una lunga intervista a la Gazzetta dello Sport: "Sono stato costretto a lasciare per pagamenti in nero e quattro mesi di arretrati di Irpef. Altre società non la pagavano da anni, ma hanno voluto colpire me per consegnare il Milan a Berlusconi, che così l’ha avuto senza versare nulla. Se mi avesse dato almeno venti euro, non avrei mai potuto dire che non avevo preso niente. Invece, dopo la beffa, ho subito anche il danno perché per un anno e mezzo ho dovuto essere reperibile in certi orari. Una volta sono venuti i carabinieri a svegliarmi alle tre di notte, per controllare se ero in casa».

    Non ha più visto, o sentito, Berlusconi da allora?

    «Mai più. È sparito nella notte dei tempi, come Galliani, ma non mi sono mancati. Mi piacerebbe, invece, rivedere Silvano Ramaccioni, un gran signore».

    Ha perso i contatti anche con Rivera?

    «Ha sempre vissuto sulle glorie del suo passato. L’ho visto l’altra sera in tv, mi è sembrato invecchiato».

    Ha ancora qualche amico nel mondo del calcio?

    «Ogni tanto mi ritrovo con alcuni miei ex giocatori del Vicenza: Giorgio Carrera, Ernesto Galli, Giuseppe Lelj. L’altro giorno un amico mi ha passato al telefono Paolo Rossi. Mi ha detto che ci rivedremo presto a una festa organizzata dal Vicenza e sarò felice di riabbracciarlo».

    Se tornasse indietro, quale errore non commetterebbe più?

    «Allora mi ero adeguato a quanto facevano tante altre società, per cui è difficile giudicare gli errori di quel periodo. Oggi mi comporterei diversamente, ma se tornassi indietro non prenderei il Milan, perché non avevo la potenza economica per guidare una società così. Mi sono fidato di altre persone, ma soprattutto sono stato tradito dalla mia grande passione per il calcio, che mi avrebbe fatto prendere anche il Real Madrid se fosse stato in vendita. Perché per me i soldi non contano niente, conta la passione».

    Deve riconoscere, però, che grazie a Berlusconi il Milan è diventato grande...

    «Ma con i giocatori che gli ho lasciato io. Un giorno, a Lugano, incontrai casualmente Mantovani, il presidente della Sampdoria, che mi diede un assegno in bianco per prendere Baresi, lo giuro sulla testa dei miei 7 figli, 12 nipoti e 5 bisnipoti, perché nel frattempo sono diventato anche bisnonno. Gli dissi di no, senza pensarci un secondo. Se avessi venduto Baresi, Maldini, Tassotti o Costacurta, avrei avuto i soldi per andare avanti, ma avrei tradito la mia passione, perché i giocatori bravi non li vendevo. Dopo la retrocessione, avvenuta per cose strane all’ultima giornata, il Milan stava risalendo con due nuovi stranieri, Wilkins e Hateley. Eravamo tornati in coppa Uefa e quando Berlusconi diventò proprietario, in febbraio, la squadra era terza con il Napoli, un posto che oggi farebbe fare salti di gioia a tutti».

    Ce la farà quest’anno il Milan ad arrivare almeno in Europa League?

    «Glielo auguro, perché sono rimasto un tifoso del Milan. Vedo quasi tutte le partite, anche se ci sono pochi giocatori buoni. Bacca fa gol ma sta là davanti impalato, non come il mio Rossi che andava a fare anche il terzino. Il migliore è Bonaventura e poi c’è quel fenomeno di Donnarumma. Io non lo venderei mai, ma non ha torto il suo procuratore visto che il futuro del Milan è incerto».

    Montella le piace?

    «Molto, perché anche se non ha grandi campioni riesce a far giocare bene la squadra che si muove sempre, si impegna e dà il massimo fino all’ultimo, un po’ come il mio primo Vicenza promosso in A».

    Che cosa pensa di questo interminabile «closing»?

    «Non so neanche che cosa significhi ‘sta parola. Ho capito soltanto che Berlusconi vuole vendere, ma non ho mai capito se gli piace il calcio o se gli piacciono i soldi del calcio. Anche per lui gli anni passano, lo vedo un po’ provato perché non ha più l’energia di quando l’avevo conosciuto».

    Secondo lei come finirà questa trattativa?

    «Non si capisce e non so se la colpa è dei cinesi o di Berlusconi. Ma poi chi sono questi cinesi? Non ce l’ho con i cinesi perché non sono razzista. Faccio soltanto un discorso generale. La mia coscienza non mi permetterebbe di trattare con chi non rappresenta in qualche modo l’identità di una squadra, che dovrebbe rimanere legata alla città e ai suoi tifosi. Così, invece, si tradiscono le tradizioni, la storia e l’ambiente».

    Il discorso, però, vale anche per l’Inter che ha già una proprietà cinese...

    «Certo e infatti non faccio distinzioni. Anche l’Inter, come il Milan, dovrebbe avere un presidente milanese, o almeno italiano. Altrimenti, come diceva il mio amico Ettore Puricelli, si rischia di formare un “Gary Cooper football club”».

    Se lei fosse ancora presidente del Milan, chi acquisterebbe?

    «Il più forte è Dybala, che da solo vale la metà della Juve. Ma se non si muove, cercherei di prendere Berardi».

    La riconoscono ancora i tifosi del Milan?

    «Qualcuno sì. Mi salutano tutti con simpatia, in Italia, in Spagna, negli autogrill».

    Non è più tornato a San Siro?

    «No, perché a casa ho un televisore grande molto più comodo e poi a Milano non vado mai. In trentuno anni sono andato allo stadio soltanto un paio di volte a vedere il Barcellona».

    Per concludere, se saltasse la trattativa coi cinesi che cosa consiglierebbe a Berlusconi?

    «Di telefonarmi. Gli darei 5 euro di acconto e poi qualche italiano glielo troverei io. Altro che closing coi cinesi...»

    Altre Notizie