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  • Milan, non solo Maldini, Ibra e Pioli: il grande 2020 è nel segno del dimenticato Boban

    Milan, non solo Maldini, Ibra e Pioli: il grande 2020 è nel segno del dimenticato Boban

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Il 2020 del Milan ha dell’incredibile.

    La cinquina incassata a Bergamo era il punto più basso
    della triste storia di una grande decaduta che non sembrava in grado di recuperare non solo la propria identità, ma anche una smarrita dignità sportiva che stava producendo il progressivo disamoramento di buona parte della tifoseria. La maggior parte dei critici condannava anche il ritorno di Ibrahimovic ritenendola l’ennesima inutile operazione Amarcord. Il futuro sembrava grigio tanto quanto il presente e il recente passato. Sia dal punto di vista sportivo sia da punto di vista della solidità economica e finanziaria del club.

    E invece in 365 giorni è successo l’incredibile e il Milan si ritrova capolista del campionato con grande merito. Un gioco moderno ed entusiasmante. Un gruppo coeso dentro e fuori dal campo. Una sfilza di giovani campioncini già esplosi o pronti a esplodere. I rossoneri in pochi mesi hanno frantumato una serie di record. Non perdono da 25 gare di campionato e hanno incassato una sola ininfluente sconfitta in Europa League, segnano sempre addirittura due gol a partita e mantengono primato e imbattibilità nonostante un’impressionante sequela di infortuni e defezioni varie. Il tutto con una rosa sulla carta modesta che all’inizio del campionato veniva classificata da quinto/sesto posto.

    I tifosi non possono assistere alle imprese della squadra dal vivo ma trasmettono una vicinanza e un entusiasmo d’altri tempi, lo stesso entusiasmo generatosi in questi mesi nello spogliatoio. Nell’annus horribilis del Covid e di tante perdite importanti, i tifosi del Milan hanno ritrovato la loro squadra. In maniera repentina e inaspettata. Talmente inaspettata che non credono ai loro occhi, al punto tale da pensare che la svolta negativa sia lí dietro l’angolo. E che questo sogno svanisca in fretta. Esattamente come si è materializzato. Un sentimento comprensibile, dopo tanti anni di sofferenza.

    Dopo la vittoria last minute contro la Lazio che ha regalato al Milan un Natale da capolista, proprio quando i cugini erano convinti di aver operato l’atteso sorpasso in classifica, si sono sprecati gli elogi e i confronti illustri con i mostri sacri del passato. C'è chi ha fatto quasi a gara nella ricerca dei numeri più esaltanti e dei record più inattesi di questa squadra. La sequela di lodi e ringraziamenti ha toccato tutti. In primis Ibrahimovic, il mago che ha operato questa trasformazione. Poi naturalmente mister Pioli, Paolo Maldini e i loro rispettivi staff. I paragoni illustri hanno travolto i protagonisti di questa splendida cavalcata, da Donnarumma a Theo Hernandez, da Bennacer a Kessiè, da Calhanoglu a Kjaer passando per tutti gli altri.

    Da qualche parte sono fioccati voti altissimi per Gazidis. E lì mi sono fermato. Ma come Gazidis? Proprio lui che non voleva Ibra. Proprio lui che un anno fa aveva già in mano il contratto di Rangnick e di tutto il suo costosissimo staff. Proprio lui che non vedeva l’ora di mandare via Pioli e chiudere questo progetto tecnico. Proprio lui che non si è mai interessato dei risultati sportivi e che ha sempre esplicitamente posto il nuovo stadio in cima ai suoi obiettivi. Proprio lui che ha licenziato in tronco Boban quando il croato aveva provato a difendere il lavoro che lui e Maldini stavano portando avanti. Ebbene sì signori, ho nominato Boban. Comprendiamo che i media ufficiali e quelli para-ufficiali non possano o non vogliano dare i meriti anche al dirigente croato per questo capolavoro sportivo. Ma noi, nell’ultimo editoriale di questo 2020, ci sentiamo in dovere di dare i meriti anche a chi è caduto nel dimenticatoio, piuttosto che accodarci all’interminabile processione degli adulatori che riempiono i giornali, i siti, i social, le radio e le tv di elogi sempre tutti uguali. Sempre politicamente corretti.

    Noi vogliamo ringraziare “Zorro” Boban perché in questo Milan è ben visibile il suo “segno”. Anzi “i suoi segni”. Chi, insieme a Maldini, un anno e mezzo fa ha puntato su Theo Hernandez, su Bennacer e su Leao? Chi ha scelto Pioli per sostituire Giampaolo? Chi ha fatto carte false per riportare Ibra a Milano? Chi a gennaio ha avuto l’idea Kjaer che faceva la riserva nell’Atalanta? Chi ha pensato bene di scambiare Andrè Silva con il “croato” Rebic? Chi ha dato l’ok per l’operazione Saelemakers che sembrava apparentemente molto costosa e che invece si è rivelata un super affare? Chi ha ceduto Suso e Piatek? Insomma chi ha preparato nei minimi dettagli il 90% della squadra che adesso è prima in classifica? Chi si è ribellato quando si dava per certo l’arrivo di Rangnick? E chi ha difeso questo progetto sportivo dagli attacchi interni ed esterni di Gazidis al punto da rimetterci il posto di lavoro? La risposta è sempre la stessa: Zvonimir Boban. Quindi che piaccia o non piaccia a Gazidis, Scaroni e alla loro corte, in questo 2020 stratosferico del Milan il “segno” di Zorro c’é. Visibile, profondo, lungimirante, vincente e milanista.
     

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