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  • Nome e coincidenze: storia di Gudmundsson senior, avo di Albert e divo del Milan post-guerra

    Nome e coincidenze: storia di Gudmundsson senior, avo di Albert e divo del Milan post-guerra

    • Marco Tripodi
    In nomen omen dicevano i latini per indicare come nell'appellativo di una persona possa risiedere un'anticipazione del destino che lo attende. Se non credete che questa antica regola possa valere ancora, forse non conoscete la storia di Albert Gudmundsson, 26enne attaccante del Genoa omonimo di un bisnonno materno che oltre al nome condivideva con il futuro bis-nipote anche la professione.

    IL TALENTO VENUTO DAL FREDDO - A tracciare la rotta seguita a gennaio 2022 dall'attuale numero 11 rossoblù fu trequarti di secolo prima Albert Sigurdur Gudmundsson, nato a Reykiavik nel 1923, primo islandese a fare del calcio una professione. Ma anche primo abitante dell'isola atlantica a sbarcare in Italia per tirare calci ad un pallone. Un pioniere in grado di aprire la strada del Belpaese a decine di talenti provenienti nei decenni successivi dalle altre fredde terre boreali, Svezia e Danimarca in primis. Albert senior sbarcò al Milan nell'autunno 1948 dopo una lunga ed estenuante estate di trattative. A portarlo in rossonero contribuirono le recensioni fornite alla dirigenza milanista da Paddy Sloan, centravanti irlandese acquistato in quello stesso periodo dai lombardi che con Gud aveva condiviso una fugace esperienza all'Arsenal.

    IL SALTO IN EUROPA - La Perla Islandese, come venne ribattezzato dal giornale francese L'Equipe, aveva iniziato a giocare a football prima della guerra, nelle improvvisate partite che lui e i suoi compaesani allestivano con gli equipaggi delle navi straniere che ancoravano al porto di Reykjavik. Tesserato per il Valur fece in tempo a vincere un paio di titoli nazionali prima di salpare verso altri lidi. A metà degli anni '40 il trasferimento in Scozia, dove si spostò per studiare economia aziendale, diede un impulso decisivo alla sua carriera sportiva. Ingaggiato dai Glasgow Rangers, Albert dopo pochi mesi passò il Vallo di Adriano richiamato nientemeno che dall'Arsenal, che gli consentì di proseguire gli studi fino alla laurea. Una volta terminato il percorso accademico Gudmundsson fu però costretto a lasciare l'Inghilterra poiché non in regola con il permesso di soggiorno. Rimasto senza squadra, seppure con una laurea in tasca, l'idea di riporre il pallone nel cassetto a soli 24 anni non lo lambì minimamente. Decise così di proseguire il suo giro d'Europa in Francia, accasandosi al Nancy. Anche l'esperienza nel club che qualche decennio più avanti avrebbe regalato al mondo Le Roi Michel Platini durò una sola stagione. Il 2 ottobre 1948, dopo averne acquistato il cartellino per 11 milioni di lire, il Milan decise di seguire il consiglio di Sloan e ufficializzò l'ingaggio del primo giocatore nordico del nostro calcio.

    INCOMPRESO - Già il giorno successivo al suo tesseramento Albert senior, che da settimane si allenava con i nuovi compagni, fu mandato in campo da mister Bigogno. Gud ricambiò la fiducia segnando il primo dei tre gol con cui i rossoneri affondarono l'Atalanta. Sembrava il prologo di una storia da predestinato e invece le cose presto presero una piega differente. Colpa di un fisico che, a dispetto degli stereotipi, del vichingo aveva solo l'altezza. Mezzala destra molto tecnica ed elegante ma fragile fisicamente, Gudmundsson vide la propria stagione complicarsi dopo appena tre partite. In un derby perso per 2-0 un menisco andò in frantumi, costringendolo all'operazione chirurgica e lasciandolo ai box per quasi tre mesi. Tornò a gennaio, in un Milan che nel frattempo aveva allungato la sua colonia di stranieri tesserando un certo Gunnar Nordhal. Non proprio un giocatore qualsiasi. Il pompiere svedese si prese presto la scena e il calore di San Siro. Al contrario del compagno islandese, entrato in rotta con mister Bigogno che mal sopportava il suo estro individualista. In rossonero Gud giocherà un'altra decina di partite, siglando anche un gol nel 5-1 al Modena ma il suo patto con il Diavolo era ormai destinato a sciogliersi. Il 24 aprile 1949 disputò l'ultima gara con il Milan. Avversario il Genoa. Quello stesso club che settantaquattro anni più tardi avrebbe accolto il suo omonimo nipote. La sua unica stagione sui Navigli si chiuse con 14 presenze in gare ufficiali e due reti, più una in amichevole allo Standard Liegi (club oggi di proprietà della 777 Partners, holding americana che gestisce anche il Grifone, altra coincidenza che lo lega in qualche modo al nipote).

    SECONDA VITA - Inserito nella lista dei cedibili, Albert, dopo una vana trattativa con la Triestina, nell'estate 1949 tornò in Francia, dove questa volta mise radici. Giocò per tre stagioni al Racing Paris e per altrettante al Nizza, prima di rientrare in patria per chiudere il cerchio con il Valur e vivere una nuova vita fuori dal campo. Tolti magliette e scarpini Gud senior li sostituì con mocassini e cravatta, intraprendendo una carriera politica che lo porterà a diventare presidente della federcalcio islandese e nei primi anni '80 a raggiungere la poltrona di ministro dell'industria. Morirà nel 1994, a 70 anni. Tre anni prima che il suo erede più illustre veda la luce. Dal febbraio 2010 una statua che lo raffigura compare davanti alla sede della federazione calcistica d'Islanda, a testimoniare il pesante impatto avuto da Albert senior sulla diffusione del gioco nell'isola.

    EREDITA' -  Intanto in famiglia il filo con il calcio non è mai stato troncato. Suo figlio, Ingi Bjorn Albertsson, ne ripercorse i passi diventando un prolifico attaccante della nazionale. Anche la figlia di quest'ultimo, Kristbjorg Helga Ingadottir, calcò i campi da pallone, così come fece suo marito, Gudmundur Benediktsson, papà di Albert junior, il folletto che tutt'Italia sta oggi imparando ad apprezzare. Un folletto che sabato si ritroverà di fronte quel Milan che nel dopoguerra accolse il suo illustre antenato, facendolo entrare nella storia del nostro calcio. E, per ironia del destino, lo farà a 48 ore di distanza da quello che sarebbe stato il 100° compleanno del bisnonno, che proprio oggi compirebbe un secolo di vita. 
    Davvero ancora non credete che i latini avessero ragione riguardo a nomi e destini? 
     

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