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  • ​Pablito, fratello mio, il Paradiso sarà sempre troppo piccolo per te

    ​Pablito, fratello mio, il Paradiso sarà sempre troppo piccolo per te

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    E adesso? Come farò senza le nostre telefonate del lunedì? Come potrò andare verso Ronchi per bere un caffè con te e Niki sapendo che troverei soltanto una casa sbarrata? Cosa dirò quando mi verrà riproposto di raccontare quella storia detta mille volte di un giornalista che, tutti i giorni in Spagna, scriveva i “pensieri” di un campione in silenzio stampa? Cosa proverò quando tornerò a Vicenza e in ciascun angolo delle sue bellissime strade ti vedrò intento a ripeterti nelle infinite fasi della tua breve vita? Che effetto mi farà aprire l’album delle fotografie raccolte in quarant’anni di esistenza trascorsi insieme per lavoro e anche no? Come riuscirò a immaginare una delle tante cene insieme con te e con Marco Tardelli ad un tavolo apparecchiato per tre ma ora con un posto vuoto? Soprattutto quando troverò il coraggio di chiamare Federica per dirle di dare una carezza alle piccole Maria Vittoria e Sofia Elena? Vedrò ancora e dove, un giorno, Alessandro e sua mamma Simonetta? E adesso, senza Paolo? Non so e non ho più lacrime.

    Dio dove sei? Dio cosa combini? Dio, ma ti pareva davvero il caso? Dio, non ti sembra che il Paradiso sia già sufficientemente affollato di questi tempi? Eppoi, che scherzi sono questi? Tramare nel cuore della notte per strappare un pezzo di cuore a chi sta dormendo un sonno agitato da oscuri pensieri quasi per presentimento. La notizia all’alba. Una lama che squarcia il petto e fa sanguinare. Non è mica giusto, però. Sono incazzato. Molto incazzato. Me ne frego dell’icona, dell’uomo copertina, del re dei bomber, del Pablito leggendario. Soffro come un animale ferito, per il fratello rapito e consegnato ad un Paradiso che sarà sempre troppo stretto per lui.

    Era mio fratello, fuori da ogni retorica. Il ragazzino di una giovane Juventus. Il centravanti capolavoro del Vicenza da bacheca. L’ingenuo artista che cade in una trappola malavitosa. L’uomo che risorge dopo la caduta e stupisce il mondo intero. Il calciatore, sfatto e disfatto, che nello spogliatoio di fine gara e ormai vuoto a Verona piange sulla panchina dalla quale non riesce ad alzarsi per il male alle ginocchia. Siamo io e lui, da soli. Mi chiede: “E adesso, Marco”. Io, nominato da lui suo cantore, gli rispondo: “E da adesso, Paolo, cominceremo finalmente a vivere. Sarà bellissimo, credimi”.

    Ed è stato davvero bellissimo. Una vita nuova. Una moglie rarissima. Due tesori di figlie. Quel resort sul cucuzzolo di una collina toscana. L’olio e il vino. Un libro, un film, un mare di progetti in testa. Lui, sempre identico al ragazzo che veniva con trentotto di febbre e senza chiedere una lira a farmi da ”spalla” per un servizio televisivo in un museo di Torino, trasmetteva positività e gioia di vivere. Sono solo. Paolo, fratello mio. E adesso?

    (Nella foto di copertina, Marco Bernardini intervista Paolo Rossi insieme a Darwin Pastorin, a Villar Perosa).  

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