L'equilibrio, già. Una forza invocata sempre dagli allenatori, nonché dai cronisti che devono armarsi di coerenza per fare al meglio il proprio lavoro. Gasperini sembra effettivamente aver donato questa forza misteriosa al Palermo nell'arco di sole quattro partite. Il 3-4-3 è soltanto un numero che in teoria tradisce propositi d'attacco bellicosi, ma in pratica, a seconda dell'atteggiamento in campo, può essere la cartina tornasole di una squadra che si gestisce senza affondare dissennatamente. Del resto l'emorragia di gol al passivo è rimasta una spia accesa pure col difensivista Sannino.

Sia chiaro: Gasperini non è il re dei fenomeni così come Sannino non era e non è il primo dei mestieranti. Tante volte si dice che un allenatore deve comunque ringraziare il suo predecessore per il background che gli ha lasciato. E la legge tacita non va violata nemmeno in questo caso specifico. Sospinto anche dall'onda d'urto della famosa 'scossa', il Gasp ha cavato dai suoi il meglio delle motivazioni: era evidente che la squadra non credesse più nei dettami di Sannino e si fosse lasciata andare alla paura. Ora, col cambio in panchina, il Palermo sta ottenendo dei risultati bene o male con gli stessi uomini.

Cosa vogliamo dire? Semplice, facciamo un inno all'equilibrio. Questa volta nei giudizi. Come i giocatori non erano dei brocchi che sarebbero finiti in Serie B prima, adesso il Palermo non è magicamente diventato una squadra da Europa League, come qualche sognatore un po' troppo ottimista comincia ad affermare timidamente. La verità, come dicevano i romani, sta nel mezzo: questo Palermo, con gli uomini attualmente a disposizione, può stare nel gruppone di centro-classifica, ed è probabilmente questo il campionato che farà. La differenza, da un tecnico all'altro, sta nei dettagli e in qualche intuizione: male Sannino, bene Gasperini. Ma fare ping-pong tra un estremo e l'altro non fa bene a nessuno.