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  • Petrini, l'ultima intervista: 'Mi sono ammalato per la robaccia che ho preso'

    Petrini, l'ultima intervista: 'Mi sono ammalato per la robaccia che ho preso'

     

     
    Domani, mercoledì 18 aprile 2012 alle ore 21.10 su Italia 1, nel nuovo appuntamento in diretta con “Le Iene Show”, l’ultima intervista rilasciata da Carlo Petrini, deceduto ieri, lunedì 16 aprile, all’età di 64 anni, a causa di un tumore.

    L’ex attaccante di Genoa, Bologna, Roma, Milan e Torino, fu il primo a denunciare il doping nel calcio italiano. All’inviato Paolo Calabresi, Petrini parla della sua malattia e delle sostanze assunte durante la sua carriera da calciatore.

    A seguire, uno stralcio dell’intervista:

     

    Petrini: “Ho un tumore maligno al cervello, un tumore al polmone, un tumore al rene, al colon…”

    Calabresi: “Secondo te perché ti sei ammalato?”

    Petrini: “Tutta la robaccia che ho preso mentre giocavo.”

    Calabresi: “Perché, che robaccia hai preso?”

    Petrini: “Parliamo di anfetamine, di punture… erano tutte quelle cose che ci permettevano di andare a mille all’ora in qualsiasi momento.”

    Calabresi: “Quando assumevate queste sostanze?”

    Petrini: “Di solito prima della partita.”

    Calabresi: “Era tutta roba illegale da considerarsi quindi doping?”

    Petrini: “Sicuramente.”

    Calabresi: “Tu sapevi che cosa stavi prendendo?”

    Petrini: “No, io non sapevo quello che stavo prendendo… mi hanno sempre detto che loro mi davano cose che non mi facevano male.”

    Calabresi: “E come fai ad essere sicuro che ciò che ti davano non fossero semplici cure ma doping illegale?”

    Petrini: “Perché le reazioni che ho avuto sul campo erano straordinarie… volavi, praticamente avevi una forza in corpo che non era naturale.”

    Calabresi: “Che altri sintomi vi provocava?”

    Petrini: “Bava alla bocca nei momenti di maggior sforzo… noi abbiamo fatto anche da cavie in quel periodo… la vita di un ragazzo di vent’anni non interessava allora.”

    Calabresi: Queste sostanze proibite le prendevano tutti?”

    Petrini: “Quasi tutti.”

    Calabresi: “Tutti sapevano, anche i medici sportivi?”

    Petrini: “Erano loro che portavano il bottiglino dal quale estraevano questo liquido e  poi facevano la puntuta. Sapevano tutto.”

    Calabresi: “Anche gli allenatori e i Presidenti sapevano?”

    Petrini: “Ma certo.”

    Calabresi: “Ti sei pentito di aver preso quella roba?”

    Petrini: “Troppo facile dirlo ora. No, non mi sono pentito.”

    Calabresi: “Esiste ancora il doping secondo te?”

    Petrini: “Questi ragazzi sono obbligati a farlo perché giocano talmente tanto, a dei ritmi talmente elevati che non so come facciano a resistere per 60 / 65 partite all’anno.”

    Calabresi: “Rischiano di ammalarsi come te?”

    Petrini: “Io non lo so. So soltanto che più di duecento ragazzi del mio tempo sono morti di malattie terribili.”

    Calabresi: “Secondo te sono morti tutti a causa del calcio?”

    Petrini: “Per ora l’unica cosa certa che c’è è che tutti i ragazzi che non ci sono più, e che sono morti, hanno fatto solo un mestiere, hanno solo giocato a calcio.”

    Calabresi: “Perchè hai deciso di raccontare tutto?”

    Petrini: “Quando sono tornato in Italia e ho visto quanta gente era morta, è lì che mi sono incazzato, nel vedere che tanti ragazzi non c’erano più.”

    Calabresi: “Che dici agli ex calciatori malati come te che non denunciano?”

    Petrini: “Bisognerebbe che trovassero il coraggio di guardarsi dentro…”

    Calabresi: E ai ragazzi che iniziano a fare questo mestiere?”

    Petrini: “Di stare attenti solo… veramente molto, molto attenti… perché qui contano molto più i risultati che la vita di un uomo. Io non devo insegnare niente a nessuno, devo solo mantenere la mia vita come l’ho mantenuta fino adesso.”

     


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