Pogba, perché rinunciare al patteggiamento? È come se Paul volesse espiare colpa e presunzione
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Giancarlo Padovan
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E’ come se, al culmine di un impietoso esame di coscienza, Pogba avesse deciso di espiare fino in fondo, senza sconti e senza concessioni, trascinando il poco che rimane della sua vita calcistica negli abissi della fine. Già smettere è un trauma per un calciatore qualsiasi. Figurarsi per uno che è stato un fuoriclasse (seppure mai del tutto compiuto), uno che era tornato alla Juventus per meravigliare ancora, come aveva fatto quando era arrivato: giovane, bello, sfrontato, dominante. Non solo non è riuscito a ripetersi, ma nemmeno i suoi cinque precedenti anni al Manchester United gli avevano regalato significative conquiste: un triplete minore (Supercoppa e Coppa di Lega inglesi più l’Europa League) con, alla guida dello United, il detestato Mourinho che aveva osato metterlo in panchina e non solo occasionalmente.
Dire che Pogba ha complessivamente fallito sarebbe certamente una menzogna (è diventato campione del mondo con la Francia nel 2018), ma ritenere che la sua carriera sia stata amputata dalla presunzione e dagli infortuni, finendo malissimo, è redigere la pura cronaca. Spero di sbagliarmi, ma nel congedarsi da un mondo in cui era diventato estraneo, lascia la sensazione che il peggio, per lui, possa ancora arrivare.
