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  • Riecco Nedved:|'Per la Juve vorrei fare di più'

    Riecco Nedved:|'Per la Juve vorrei fare di più'

    Vistoso assente all'inaugurazione della nuova dimora Juve, Pavel Nedved riapparirà in bianconero oggi, per la riunione del cda chiamato ad approvare la relazione finanziaria annuale dell'esercizio 2010/2011. Detto che obbligo di frequenza non c'è, un'ulteriore assenza avrebbe comunque rischiato di essere un altro brutto spiffero. Già l'aria che tira, da tempo, non è delle migliori, anche se nessuno ha mai ipotizzato il divorzio, tra lui e il club. Semplicemente, Pavel pare non essere felicissimo del suo utilizzo da quando s'è messo dietro una scrivania. «Vorrebbe fare di più», dice chi lo conosce, e non solo essere issato come vessillo.


    Vicenda delicata, perché dietro ogni passo si può annidare un malinteso. A partire dall'inizio della storia, quando Andrea Agnelli propose all'icona, e all'amico, un posto in consiglio: bella chance, visto che per il board di una società quotata in Borsa, Nedved non avrebbe né le conoscenze, né i titoli. «Non avevo previsto di rientrare nel calcio così presto - aveva raccontato l'ex pallone d'oro - ma il presidente Agnelli mi ha chiesto di far parte del cda della Juve. La proposta mi ha onorato, soprattutto perché non posso non aiutare un amico». Questione d'immagine, soprattutto, in un momento nel quale società e tifosi, reduci da un deprimente settimo posto, ne avevano tremendamente bisogno. «Puoi anche non vincere - aveva spiegato una volta - ma devi avere una mentalità vincente. Sono stato scelto anche per trasmettere questa idea, quella che avevamo nel gruppo storico». Un insegnante di carisma. Ma pur sempre un consigliere non operativo, come sempre succede in questi casi. Ci si poteva accostare con spirito d'apprendista, ma Pavel deve aver mantenuto l'indole dell'uomo d'azione: che dietro una scrivania vuol poi dire decidere.

    Lo stesso Nedved aveva ammesso: «Mai stato seduto così tante ore». Gente che incide, invece, c'è già. Un presidente operativo e due amministratori delegati, Aldo Mazzia, per le finanze, e Beppe Marotta, per il pallone. A manovrare sul campo c'è pure Fabio Paratici, coordinatore dell'area tecnica. Nel frattempo, il campione ceco declina qualche invito della Juve, a rappresentare il club in alcuni avvenimenti. Pure l'anno scorso, quando arrivò la tempesta, sarebbe potuto essere l'uomo del cda sul prato, il collante tra società e squadra: in realtà, a Vinovo s'avvistò pochissimo. Marotta ha sempre negato frizioni: «Tra di noi non c'è stato nessun contrasto sul mercato. Pavel è un consigliere di estrazione tecnica, un ruolo che in una società come la nostra deve esserci». Il ruolo, e l'amore dei tifosi (che ci sono rimasti malissimo), avrebbe imposto la presenza al battesimo dello stadio: «È stato bloccato nel suo Paese da un impegno che ha ritenuto importante».

    Una gara podistica di beneficenza. Sarà, ma lui non s'è sentito coinvolto. A partire dallo scorso aprile, quando s'affacciò nella caccia al nuovo allenatore. La leggenda, che stavolta è vera, racconta che alla cena con Roberto Mancini e Marotta, a Londra, si presentò con Mino Raiola, suo ex agente. Tutto saltò ancor prima di iniziare. Del procuratore, la Juve non ne voleva sapere. Come farebbe a meno della «perdita significativa» annunciata. Incassi da stadio e prossima Champions dovranno rimediare.


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