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  • Sampmania: è una Schick-eria, nel mito (ma nemmeno tanto) di Ibra

    Sampmania: è una Schick-eria, nel mito (ma nemmeno tanto) di Ibra

    • Lorenzo Montaldo
    Per la Sampdoria è tempo di voltare pagina, dopo un inizio settimana fatto di veleni, recriminazioni e rimpianti. E la partita di Napoli ha certificato, se mai ce ne fosse bisogno, che il futuro dei blucerchiati è già a Genova. Il domani doriano ha già anche un nome e un cognome: Patrik Schick da Praga, Repubblica Ceca. Di professione fa l'attaccante, e le stigmate del predestinato sono già decisamente evidenti nel giovane centravanti.

    A Genova lo avevano capito in tanti già da quest'estate. I primi tocchi di palla in ritiro avevano evidenziato un calciatore estremamente tecnico ed elegante, anche se alto e dinoccolato. La muscolatura di Ibrahimovic - senza voler peccare di lesa maestà, sia chiaro - ancora non c'è, ma la matrice dello svedese è netta ed evidente nel giocatore. Che infatti candidamente ammette di ispirarsi al calciatore del Manchester United, ma che da alcuni quotidiani era stato accostato addirittura al primo Van Basten. Paragone ripetuto anche nei confronti di Ibra, e il cerchio si chiude: d'altro canto, anche le nostre fonti di ispirazione devono essersi fatte influenzare da qualcuno.

    Citare Ibra e Van Basten quando si parla di un giocatore che somma 506 minuti tra Serie A e Coppa Italia fa sorridere, ovviamente. E' un'esagerazione voluta e per certi versi anche irriverente. Però, lo score di Schick recita anche 6 gol già messi a segno. Sarebbero 6 e mezzo, considerando che la rete doriana nella partita con il Napoli è arrivata grazie ad una sua azione personale che ha propiziato l'autogol di Hysaj. E' più di una marcatura a partita, una ogni 84 minuti per la precisione. Andando a confrontare le statistiche di Ibra alla stessa età di Schick, il paragone sembra persino un po' meno sacrilego. Il fuoriclasse svedese tra i 20 e i 21 anni disputava la prima stagione all'Ajax, da titolare. Era il 2001-2002, un'annata conclusa con 6 reti in campionato su 24 presenze, più 3 gol tra Coppa Uefa e coppa nazionale. In Olanda, non in Serie A. 9 centri in 33 partite, incredibile a dirsi, ma la media è tutta a favore della... Schick-eria di casa Samp. Il gioco di parole è facile e persino scontato.

    I freddi numeri non dimostrano nulla, lo sanno benissimo tutti, a Genova e anche nella Sampdoria. Ibra è Ibra, forse il miglior centravanti puro degli ultimi anni, e nessuno si sogna di dire (ancora) che la Samp ha scovato il suo erede. Però le statistiche invitano chiaramente a non sottovalutare il ceco dal viso angelico e dal piede educato che fa sempre la cosa giusta al momento giusto. Giampaolo, ad esempio, gli ha dato fiducia dal primo minuto in un palcoscenico importante come quello del San Paolo. A scapito di un certo Muriel, l'uomo più rappresentativo in casa blucerchiata. E' una evidente dimostrazione di stima e considerazione. E nel secondo tempo, quando ha inserito il colombiano togliendo Quagliarella, ha presentato la prima versione di quel tandem Schick-Muriel che tanto incuriosisce i tifosi blucerchiati.

    Non sarà la prima volta, aggiungo io: perchè i due insieme hanno dimostrato di poter coesistere, perchè danno classe e qualità, perchè coi piedi parlano la stessa lingua e si completano. Qualcuno li immaginava come due facce della stessa medaglia, l'uno alternativa all'altro, perchè non vederli invece come il perfetto completamento reciproco? Schick muova i suoi passi, senza fretta nè pressioni: per diventare Ibra, c'è tempo, tanta strada da fare e tanti gol da segnare. Ma la Sampdoria spera che quella intrapresa a Genova sia la via giusta. Che abbia ragione?

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