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  • Sanità schizofrenica, accuse, complotti, proteste e spese sbagliate: sicuri che le nostre regioni siano efficienti?

    Sanità schizofrenica, accuse, complotti, proteste e spese sbagliate: sicuri che le nostre regioni siano efficienti?

    • Fernando Pernambuco
      Fernando Pernambuco
    Il famoso scrittore Raffaele La Capria, autore del memorabile Ferito a morte, coniò, molti anni fa, una battuta sul presente italico: "In Italia l’emergenza è la normalità". Oggi, nell’emergenza non siamo più soli, sia per il Covid che non risparmia nessuno, sia per una serie di difficoltà istituzionali che ci affratellano ad altri Paesi. Prendete gli Stati Uniti, dove ci vuole quasi una settimana per sapere chi ha vinto le elezioni. E non solo causa pandemia, ma perché ogni Stato utilizza i suoi sistemi di conteggio: i pennarelli A, quelli B, le schede perforabili da allineare, il voto postale con timbro in alto o in basso e, soprattutto un Presidente che non vuole sloggiare in caso di sconfitta poiché ora le regole sottoscritte non gli garbano più. Oppure la Gran Bretagna, imbrigliata da 4 anni nelle sabbie mobili di una Brexit morbida, o dura, che rispetta gli accordi firmati o li straccia.

    Ma questo fatto non ci consola del tutto se ogni giorno, da noi, si assiste a una continua cronaca di “sì, no, ma, però” basata su sospetti, su barili scaricati e lasciati correre, su accuse e controaccuse. Se prende i provvedimenti con gli ospedali pieni, il Governo sbaglia perché doveva agire prima, se lo fa prima è un allarmismo ingiustificato; fai una chiusura generale e allora non rispetti le differenze. Dividi in varie fasce e allora discrimini. Chiudi i parrucchieri, "ma come fanno i parrucchieri a campare!", li lasci aperti "e perché tutti gli altri li chiudi?". 

    Le regioni prima vorrebbero decidere da sole, poi siccome i provvedimenti sono impopolari "deve decidere il governo", però se le decisioni non piacciono s’invoca l’autonomia, si urla allo scippo della "volontà regionale popolare". Sì, qualche domanda sulle regioni italiane dovremmo farcela. Sulla loro capacità gestionale, sulla loro responsabilità e sulla loro efficienza. Dovrebbero fornire puntualmente i dati dell’epidemia al Governo, ma c’è sempre una regione che li manda tardi oppure glissa oppure li accorpa. Poi però qualche regione accusa il Ministero della Sanità di utilizzare dati vecchi. Un governatore lancia l’allarme pandemia nella sua regione, con gli ospedali a livello di guardia, una possibile ondata peggiore di quella passata, ma se finisce nella zona rossa s’infuria, urla al complotto. Un altro vuole chiudere, poi di colpo, invoca il "liberi tutti". Dopo settimane di contrattazione, il Dpcm del 3 Novembre evita la paventata chiusura nazionale in base all’Rt (tasso di contagiosità), dando la possibilità alle regioni di prevedere azioni proprie. Le regioni sono d’accordo, ma poi parte la protesta. Perché? L’Rt non va bene? Il Governo dovrebbe fare chiarezza, senza frammentare dicono. Ma non chiedevano libertà? Già: libertà senza responsabilità.

    Ci sarebbe molto da dire non solo su una sanità autonoma schizofrenica. Localistica nella spesa, ma nazionalistica nella richiesta di soldi. Non sarebbe il caso di ripensare il famigerato Titolo V voluto dal centrosinistra, che per sconfiggere "Roma ladrona" ha prodotto, come dice Marco Bentivogli, tante Roma in ogni regione? La sanità, lo smaltimento dei rifiuti, i servizi per i cittadini sono sempre più diseguali, talvolta decenti, altre pessimi, spesso in crisi. Le risorse per i governatori sono perennemente "troppo poche", ma proprio le regioni che più avrebbero bisogno dei fondi strutturali europei troppo spesso non riescono, per incapacità, a spendere quelli assegnati. In certe regioni la sanità pesa per l’80% sul bilancio, ma funziona male, per non parlare del raddoppio delle competenze, dei parlamenti, degli assessorati dove non si parla di riduzione dei costi o degli emolumenti agli amministratori locali. E se le cose non vanno la colpa è dello Stato, contro cui si inscenano proteste di facciata per tener viva l’identità o meglio il serbatoio di voti regionale, scaricando la colpa sempre su qualcun altro. Almeno in una cosa il Covid va ringraziato: ci comunica che il sistema delle autonomie regionali andrebbe interamente ripensato. 

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