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  • Santo e martire:|I supplementari di Totti

    Santo e martire:|I supplementari di Totti

    E venne il giorno di Totti. Nel suo anno superbisestile è arrivato il personalissimo 30 febbraio, san Francesco da porta Metronia. Per una coincidenza siderale tutti i pianeti si sono allineati, le porte degli universi paralleli si sono dischiuse consentendo al passato di correre nel presente e si sono viste cose che voi umani non potevate immaginare: raggi laser balenare vicino alla porta di Muslera. Ovviamente era anche giorno di derby, per cui la festa diventa una Pasqua, quella di Totti una resurrezione, osannata da un popolo di fedeli che l'ha atteso, invocato e poi commosso celebrato. C'è un solo capitano, anche se a detta d'altri pareva più un capitano solo. Domenica ha riavuto tutto: la famiglia, il popolo, la benedizione degli dei del gol. "American Boro", lo sfotteva uno striscione laziale, ripiegato alla fine rimando "'tacci loro".


    È stato un lungo tunnel, quello da cui è uscito Totti. E non partiva da uno spogliatoio in cui ha trovato improvvisamente un'altra voce a fargli da controcanto. Cominciava molto prima, nelle pieghe dell'estate morente, quando, nella testa di Ranieri e, incredibile ma vero, di parte della tifoseria, cominciava a farsi strada un dubbio: che fosse possibile una Roma senza Totti, che fosse addirittura preferibile. Per anni la società non aveva comprato un centravanti, lasciandogli l'esclusiva del reparto avanzato, coprendo le sue assenze con invenzioni. Poi, come un viandante preconizzato da una sinistra profezia, era arrivato Borriello. Ed erano cominciati i turn over,
    gli

     

    spicchi di partita, fino ai memorabili 4 minuti finali di Genova, umiliazione lavata con ammorbidente delle successive maglie titolari per imposizione. Ma fosse stato solo quello. È la sequenza degli inediti interventi su Totti che fa impressione. Da intoccabile, a bersaglio per chiunque avesse fiato per parlare e farsi gli affari altrui, in un crescendo francamente risibile.

    Il prolungamento del suo contratto fino al 2014 è stato giudicato eccessivo da Lotito, che presiede la squadra rivale e financo da Agroppi che presiede una poltrona in tv. Savicevic, che da giocatore ha avuto lampi a lui paragonabili, gli ha suggerito di svernare in campionati più idonei "tipo America o Medio Oriente". Striscia gli ha consegnato il tapiro. L'ex centrocampista Oscar Magoni si è improvvisamente ricordato ai microfoni di "Amore Azzurro" che all'Olimpico era impossibile sfiorarlo senza che facesse la vittima. Da ultimo il Trota, figlio di Umberto Bossi ("Roma ladrina") ha dichiarato: "Ho imparato a prendermi in giro da Totti". Resta solo da sperare che una nota azienda telefonica ora non li voglia far duettare negli spot già abbastanza incomprensibili. Sui siti romanisti sono apparsi interventi inediti, fino al recente: "Fai come Ronaldo, ritirati". La difesa? Obbligata. La moglie Ilary: "Giocherà altri tre anni, poi faremo altri figli". Non anticipate i nomi, grazie. O datata. Il vecchio Mazzone: "Rispetto per Totti". La città che un tempo gli dedicava murales a Monti e Testaccio ora ospita la mostra: "Gesti virtuosi, Francesco Totti, l'uomo e il campione", della pittrice Monica Di Folco.


    L'uomo sceso in campo domenica all'Olimpico con la maglia giallorossa numero 10 era il tempo supplementare della propria storia, il bonus track di un cd di successo. Poteva anche passare inascoltato. Per farlo risuonare ancora ci voleva quell'atto di mistica collettiva che è il desiderio di uno stadio. Nelle folle si nasconde un'intuizione che nessuno dei singoli ha chiara. Mescola il sogno con la speranza, il probabile con l'impossibile. Genera rimonte e rinascite. Aneddoti da tramandare a quelli che non c'erano e soprattutto da ripetersi, all'infinito, tra quelli che c'erano. "Te lo ricordi, il derby del 2011, quando Totti...".

    Anche la logica lo ammette: se quella punizione l'avesse tirata De Rossi non sarebbe successo, il laser non avrebbe fatto centro o comunque Muslera non avrebbe fatto se stesso, ogni altro tiro non avrebbe fatto gol. Era una tavola apparecchiata per Totti, come sempre a capo, nel bene e nel male. La Roma vince o perde nel suo nome. Gli avversari infieriscono o s'imbufaliscono sul suo nome. Domenica l'hanno preso a tacchettate in faccia, accusato di perdere tempo e quindi aver provocato avversari usciti momentaneamente di senno. Era la domenica di Totti, una sua normale domenica come non ne viveva da anni: da santo, martire, bersaglio. Da goleador e amore di una città che abbracciandolo forte l'ha strangolato nella culla. Che l'ha messo al museo da vivo, poi ha guardato la statua creparsi. Ma per un giorno s'è illusa che no: è più bello e più superbo che prìa. La verità, sia detto sottovoce, è che sì, Francesco Totti è ancora un grandissimo, ineguagliabile conquistatore di derby.


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