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  • Se andiamo fuori è rivoluzione: via Ventura e forse Tavecchio, Ancelotti ct

    Se andiamo fuori è rivoluzione: via Ventura e forse Tavecchio, Ancelotti ct

    • Stefano Agresti

    In queste ore di paura, frenesia e scarsa lucidità, molte se ne sentono sul futuro della nostra Nazionale. In realtà se andremo ai Mondiali, come chiunque spera, tutto questo verrà immediatamente dimenticato e domattina si muoverà la macchina organizzativa per preparare la spedizione in Russia. Anche le voci sulla sostituzione di Ventura a prescindere, cioè pure in caso di qualificazione, si spegneranno in un amen: l’esonero di un ct promosso dal campo è qualcosa che non rientra nella nostra cultura (non sostituimmo Bearzot nell’82 né Lippi nel 2006, benché partissero in mezzo a bufere clamorose, e sappiamo come andò a finire); per di più ci sarebbe un esborso economico ulteriore che la Figc, ente pubblico, faticherebbe a giustificare a fronte di un risultato comunque raggiunto.


    Profondamente diverso il discorso in caso di eliminazione, ovviamente. La testa di Ventura salterebbe subito: se lui non si dimettesse con la dignità mostrata da Prandelli nel 2014 (ma almeno Cesare ai Mondiali ci aveva portato), verrebbe rimosso a furor di popolo. Del resto il contratto scade a giugno e si rinnova automaticamente se l’Italia si qualifica. Anzi, il contrario: se andiamo fuori, l'accordo viene rescisso in base a una clausola. Si tratterebbe di anticipare il divorzio di pochi mesi, operazione piuttosto agevole e gestibile anche sul piano finanziario. 

    Via Ventura, dentro Ancelotti subito: è questa la mossa che tutto lo sport italiano, non solo il calcio, metterebbe immediatamente in pratica per cercare di rilanciarsi e di ritrovare uno straccio di credibilità. Andrebbero convinti Carletto (ci si può riuscire) e il Bayern, che continua a pagargli lo stipendio (si lavorerebbe a una transazione). Ma la sensazione è che l’operazione sia praticabile anche per il peso di coloro che la sosterrebbero, a livello politico e sportivo. Perché domattina, se saremo fuori dai Mondiali, la questione azzurra si trasformerà in un’emergenza nazionale, e tutti si muoveranno per criticare ma anche per cercare una soluzione credibile. Chi meglio di Ancelotti, peraltro a spasso e in grado di mettere subito la testa sulla ricostruzione della nazionale? 

    Semmai è difficile capire se Tavecchio riuscirà a conservare la sua poltrona in caso di storico flop mondiale. Malagò ha ricordato l’esempio brasiliano di Abete, che si unì a Prandelli nelle dimissioni irrevocabili, ma l’attuale presidente federale ha già fatto sapere via sms al numero uno del Coni che non ha alcuna intenzione di imitare il suo predecessore. E ha sottolineato, in tale messaggio, che i risultati del campo non sono tutto, rivendicando quanto di buono ha - o avrebbe - fatto per il calcio italiano (omettendo naturalmente tutte le gaffe).

    Sul piano formale, non potrebbero essere il ministro Lotti e il presidente del Coni Malagò a dimissionare Tavecchio; sul piano politico, avrebbero la possibilità di incidere tantissimo. Peserebbe molto, allora, il movimento di opinione popolare. Che difficilmente sarebbe dalla parte di Tavecchio.

    @steagresti
     


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