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  • Sette anni fa moriva Socrates, il Dottore della Democrazia Corinthiana VIDEO

    Sette anni fa moriva Socrates, il Dottore della Democrazia Corinthiana VIDEO

    • Michele Carlini
    San Paolo, Brasile, 4 dicembre 2011. Allo stadio Pacaembu va in scena l’ultima giornata del Brasileirao che assegnerà il titolo di campioni nazionali. A contenderselo sono i padroni di casa del Corinthians e i rivali del Palmeiras.
    Prima che il match abbia inizio, le due squadre si posizionano una di fronte all’altra alle estremità opposte del cerchio di centrocampo, con i giocatori abbracciati fra di loro. L’arbitro, dopo una rapida occhiata al cronometro, alza un braccio e fischia deciso. Passano pochi istanti prima che i giocatori del Corinthians sciolgano il loro abbraccio e alzino al cielo il pugno chiuso. Un’immagine emblematica, che solo guardandola, trasmette forza, unità, compattezza.
    Nel giro di pochi istanti quel gesto diventa virale e lo stadio Pacaembu assume le sembianze di un prato olandese con i tulipani in fiore. Uno ad uno i trentamila presenti alzano il pugno destro al cielo. Iniziano ad udirsi anche alcuni cori, si sentono canti popolari. Lo stadio è in festa, vera e propria alegria.
    Qualche ora prima di quella partita, dopo il ricovero avvenuto la sera precedente, all’ospedale Albert Einstein di San Paolo moriva Sòcrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira.
    La causa, secondo i medici, è stata uno “shock setticemico”. Un’infezione che dal fegato è dilagata per tutto l’organismo.
    Il 4 dicembre 2011 è domenica.
    Ventotto anni prima, il Doutor da bola, che dottore lo era per davvero, aveva profetizzato in un’intervista: “La mia morte? Se ci penso vorrei morire di domenica, e col Corinthians campione”.
    Quello appena trascorso è il minuto di silenzio più rumoroso e festoso della storia del calcio.
    Um dia triste muito feliz.
     
    Sòcrates nacque il 19 febbraio 1954 a Belem, capitale dello stato di Para in Brasile.
    Figlio di dona Guiomar e Raimundo e primo di sei fratelli, deve il suo nome alla passione del padre per l’opera dell’omonimo filosofo greco, la Repubblica.
    Nonostante abbia concluso appena la seconda elementare, papà Raimundo capì fin da subito che la chiave di volta della sua vita sarebbe stata la lettura. Una passione trasmessa evidentemente  anche al figlio, che fin dall’inizio della carriera, come calciatore nel Botafogo, mise subito in chiaro quelle che sarebbero state le sue priorità. Ovvero gli studi in Medicina.
    El Magrao, come verrà soprannominato al Botafogo, si allena solo una volta in settimana e gioca la partita la Domenica. Questa la sua disponibilità in concomitanza con gli studi.
     
    “Hanno detto tante cose, ma la  verità è soltanto una: io colpivo la palla di tacco per farvi innamorare”.
     
    Al Botafogo il Doutor fa innamorare proprio tutti, grazie al suo stile di gioco totalmente differente. Così elegante nei movimenti da sembrare quasi svogliato, sufficiente. Ruolo non ben definito il suo, che si può comunque localizzare fra centrocampo e attacco. Un giocatore superiore, capace di leggere le azioni con almeno un paio di passaggi d’anticipo, prima che si concretizzino. Uno in grado di fare la differenza da solo. Tanto che nel 1977, dopo la prima fase del campionato Paulista, il Botafogo era primo in classifica, davanti a squadroni quali San Paolo, Santos e Corinthians, salvo poi farsi sorpassare nella seconda parte di campionato.
     
    Dopo quell’anno il Magrao passò al Corinthians.
    Complice anche la fine degli studi in Fisiologia e la nascita del secondo figlio, scelse di intraprendere appieno la carriera da calciatore
    che offriva cospicui guadagni, al contrario di quella come Medico, che figurava priva di garanzie in un Brasile sotto dittatura militare.
    E qui è necessario fare un passo indietro.
     
    Il 31 marzo 1964 le Forze Armate realizzano un golpe, destituendo João Goulart e si afferma quella che è la seconda delle due dittature militari che hanno segnato la storia brasiliana del XX secolo.
    Nel 1967 venne approvata la sesta Costituzione brasiliana che istituzionalizza il golpe militare e da lì al 1969 gli scontri fra polizia e cittadini diventano più frequenti e duri, complice anche il ’68 europeo e statunitense, che porta studenti, giornalisti e operai a “scendere in piazza” in segno di protesta.
    Il 2 luglio 1969, con il benestare della CIA, venne avviato un programma di repressione denominato “Operacao Bandeirante”, a seguito del quale vennero aperti i primi due centri di tortura.
    Tra le caratteristiche che assunsero i governi seguenti al golpe militare, chiamato anche contro-rivoluzione, risaltano l'eliminazione di molti diritti costituzionali, la soppressione fisica delle persone e delle istituzioni legate al presunto tentativo di golpe comunista, e una forte censura alla stampa, dopo la pubblicazione dell'AI-5.
    Mentre gli occhi dell’Occidente sono rivolti alla Luna, la repressione del regime diventa brutale.
     
    Questi scenari politici condizionano non poco tutta la vita e, in particolar modo, la carriera da calciatore di Socrates che si eresse a portabandiera del concetto di democrazia.
    E intorno a questo tema si sviluppò il personaggio fino a nascerne il mito.
     
    Il 4 agosto 1978, il Doutor si presentò in conferenza stampa al Parque Sao Jorge per inaugurare la sua nuova avventura corinthiana e, per non smentire la sua autenticità, dichiarò la sua fede Santista. Il nuovo beniamino del Timao tifava Santos, la squadra rivale per antonomasia.
     
    Dopo un inizio di carriera esaltante con il Botafogo, Socrates pagò le difficoltà di ambientamento in una realtà radicalmente differente da quella alla quale era abituato. La grandezza di San Paolo inizialmente lo disorientava e la tifoseria del Corinthians è un qualcosa con cui non aveva mai avuto a che fare. E' la squadra del popolo, nata dal popolo.
    Il modo di concepire il calcio del Doutor era agli antipodi rispetto a quello che desiderava vedere la fiel, celebre nome della curva bianconera. Secondo i tifosi, Socrates non mostrava quel coracao corinthiano identificabile essenzialmente in tre qualità: ardore, combattività e pragmatismo. Anzi, il Doutor aveva sempre approcciato il calcio alla sua maniera, in modo non troppo serioso, cercando più la giocata ad effetto che l'azione concreta. La bellezza prima del risultato.
    Questo malinteso fra giocatore e tifoseria sfociò in una vera e propria caccia all'uomo il 25 maggio 1980.
    Il Corinthians perse 2-1 in casa contro il XV Paraciba. Socrates, accusato di uno scarso spirito di identificazione, venne costretto a barricarsi negli spogliatoi per quattro ore dopo il termine della partita, prima che la polizia riuscisse ad evacuarlo dallo stadio in sicurezza.
    Questo episodio gli fece pensare di abbandonare il club e solo delle lunghe chiacchierate con l'amico Juca Kfouri, che lo convinse a scrollarsi di dosso i panni del medico e ad indossare quelli dell'idolo corinthiano, lo fecero desistere.
    Da quel momento il Doutor fu un giocatore diverso. Sprizzava energia da tutti i pori in campo e metteva al servizio dell'utile la sua immensa classe.
    La rabbia dei tifosi si trasformò in amore e lui, dopo ogni goal, iniziò ad esultare alzando il pugno chiuso al cielo. Il calcio iniziava a diventare una missione per sovvertire il concetto di cittadino-calciatore nel suo Paese.
    Nasce un Socrates corinthiano, Doutor della Fiel Torcida.
    Era l'inizio della rivoluzione.
    Socrates proponeva che fossero i giocatori gli artefici del proprio destino e questo implicava che fossero i giocatori, tutti insieme, a decidere riguardo agli orari di allenamento, ritiri, stipendi e quant'altro riguardasse la squadra dall'interno.
    I membri della rosa e della dirigenza avevano eguale diritto di voto, e le loro opinioni avevano lo stesso peso.
    Una vera e propria democrazia. Una testa un voto.
    Wladimir Rodrigues Dos Santos fu il primo a dirsi favorevole a questo concetto e la prima votazione della storia corinthiana fu indetta per decidere proprio l'orario di allenamento. Votarono in tredici.
    Nel frattempo, il figlio di uno dei soci, Adilson Monteiro Alves, diventò direttore sportivo della squadra grazie alla nomina del Presidente Waldemar Pires.
    Si trattava di un sociologo senza esperienza su come si gestisse una squadra di calcio ma che coinvolse il gruppo nelle decisioni societarie fin dal primo giorno.
    Ad esso si affiancò, come responsabile marketing della società, Washinghton Olivetto, altro personaggio chiave nei futuri successi corinthiani.
    Tutti questi personaggi avevano un ideale comune che andava molto oltre il calcio.
    L'obbiettivo era quello di restituire dignità ad un Paese
    da troppo tempo schiavo di una dittatura violenta fatta di repressioni e soprusi, mandando un messaggio di democrazia, e facendolo attraverso il veicolo più potente in Sud America. Quello del futebol.
    Dopo aver affidato la squadra a Travaglini, estimatore del calcio totale olandese e vincitore di un campionato Paulista e un Brasileirao col Palmeiras e di un titolo carioca col Vasco, il Corinthians indì una votazione per stilare la rosa della stagione in arrivo.
    Nel 1982 e nel 1983 la squadra vinse il campionato Paulista e, grazie ad una geniale intuizione di Olivetto, il Timao per un periodo utilizzò delle magliette da gioco con stampato sopra il numero un messaggio propagandistico che invitava la gente a votare.   
    La vera vittoria arrivò nel marzo del 1983.
    Il 5 marzo 1983, come stabilito dalla maggioranza del gruppo, il Corinthians atterrò all’aeroporto di Rio il giorno prima della partita contro il Fluminense.

    Il 6 marzo 1983, a Rio le due squadre entrarono in campo mentre a San Paolo, dalle 9 del mattino, vennero aperte le urne per i soci del club, chiamati a votare per eleggere la metà del Consiglio deliberativo. Il nuovo consiglio a sua volta avrebbe eletto il Presidente del Club.
    Il Corinthians perse la partita 1-0 ma a San Paolo sembrava esserci tutt’altro che un clima da sconfitti.
    Il 13 marzo 1983, per la prima volta sulle magliette dei giocatori del Timao apparve la scritta DEMOCRACIA CORINTHIANA
    . La partita terminò 1-1 ma tutti stavano esultando per il risultato delle elezioni societarie che recitava: Ordine e Verità 2.336 voti, Democrazia corinthiana 5.138 voti.
    La democrazia aveva vinto.
    Da quel momento, ogni decisione diventò il pretesto per esercitare il diritto di voto. Per dimostrare al Paese che un gruppo di 30 persone era riuscito ad ottenere diritti che avrebbero dovuto essere estesi a 130 milioni di brasiliani.
    Socrates è stato il protagonista indiscusso di tutto questo e ha dimostrato ad un paese intero che il concetto di collettivo vale molto più di quello del singolo.
     
    "Vorrei morire di domenica, e col Corinthians campione". 
     
    Quel 4 dicembre 2011 rimarrà impresso nelle mente di tutti i presenti allo stadio Pacaembu.
    La Democrazia Corinthiana vive.

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